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ECCELLENZE MONDIALI 

La cucina italiana candidata a diventare Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità

Lo ha deciso oggi il Consiglio direttivo della Commissione nazionale italiana per l’Unesco. La risposta arriverà entro il 2025
CUCINA ITALIANA, FRANCESCO LOLLOBRIGIDA, gennaro sangiuliano, UNESCO, Non Solo Vino
La cucina italiana è condivisione e scambio (ph: Freepik)

La cucina italiana è un elemento essenziale, vivo e attuale dell’italianità, riconosciuto tanto nel Paese quanto all’estero: da oggi è la candidata ufficiale 2023 del Governo italiano a diventare Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità. Lo ha deciso il Consiglio direttivo della Commissione Nazionale Italiana per l’Unesco, presieduto da Franco Bernabè, che ha approvato all’unanimità la candidatura da presentare all’esame del Comitato intergovernativo. Il dossier verrà ora trasmesso dal Ministero degli Esteri all’Unesco e inizierà l’iter di valutazione che dovrebbe concludersi, al più tardi, a dicembre 2025. La cucina italiana viene definita come un insieme di pratiche sociali, riti e gestualità basate sui tanti saperi locali che, senza gerarchie, la identificano e la connotano.
Il Ministero dell’Agricoltura e della Sovranità Alimentare e il Ministero della Cultura hanno sottolineato oggi, in una conferenza congiunta, l’importanza di questo percorso appena avviato. “Abbiamo deciso di candidare la cucina italiana - ha affermato il Sottosegretario alla Cultura, Gianmarco Mazzi - per valorizzare un grande patrimonio nazionale, che riguarda non solo i 60 milioni di italiani che vivono nel nostro Paese, ma anche gli 80 milioni di italiani e i loro discendenti che vivono all’estero, oltre a tutti gli stranieri che amano lo stile italiano e a quello si ispirano. É l’inizio di un cammino che ci auguriamo ci porti a vincere: ci aspettano due anni prima della decisione dell’Unesco, in cui ci auguriamo possa esserci una partecipazione collettiva di tutte le persone coinvolte nella filiera alimentare del nostro Paese. Sono molte le persone e istituzioni che l’hanno sostenuta: per esempio, il Ministero degli Esteri, che, come sappiamo, a novembre promuove la Settimana della Cucina Italiana nel mondo, quindi collaboreremo anche con loro. Cercheremo di fare in modo, nei prossimi due anni, di parlare a livello internazionale della nostra cucina e di tutto quello che rappresenta per il nostro Paese e per la nostra identità”.
“Io penso che l’Italia abbia il dovere di fare sistema - ha dichiarato il Ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano - non esistono tante Italie, ma una sola Italia in cui ci sono le imprese, l’agricoltura con le sue eccellenze, il paesaggio, la cultura, l’arte, la letteratura e grandi valori come la cucina. Tutto deve concorrere a fare sistema per portare nel mondo una sola parola: la bellezza italiana. Stamattina parlavo della costituenda Fondazione di Villa Verdi, che metterà a sistema la villa che è stata la residenza di Verdi, il parco dove si possono organizzare concerti, la casa natale di Verdi e il teatro di Busseto, e uno degli elementi di forza è il contesto gastronomico di quell’area (dal culatello a ristoranti importanti dove si deve prenotare fino ad un anno prima per andarci). Quindi l’attrattiva sarà Verdi, ma senza la componente enogastronomica questa attrattiva non può funzionare. Da parte mia - dice Sangiuliano, che ammette di far volentieri da “gregario” al Ministro Lollobrigida in questa “avventura” - ci sarà tutto il sostegno, perché cucina italiana significa promuovere l’idea di qualità della vita e del vivere italiano che è fatto di arte, di cultura, di paesaggi, di monumenti ma anche di esperienze come quelle delle eccellenze alimentari. Noi porteremo - dice - due quadri iconici, il Bacco di Caravaggio e il Bacco di Guido Reni e li metteremo vicini, perché non lo sono mai stati e non si è mai riusciti a fare la comparazione visiva. Ma lo faremo a Vinitaly (Verona, 2/5 aprile, ndr)”.
Il Ministro dell’Agricoltura e della Sovranità Alimentare Francesco Lollobrigida ha affermato: “io credo che la cucina italiana, senza nulla togliere alle altre, non abbia rivali. La sua complessità è data da un sistema di valori che nel tempo si sono andati a consolidare. La si deve guardare nella sua prospettiva poliedrica, dal produttore di qualità all’agricoltore, passando per l’allevatore e il trasformatore, che ci forniscono gli elementi che vanno in cucina. Qui i nostri cuochi li trasformano in un bene prezioso, che deve essere raccontato in sala da altro personale, che a sua volta deve essere formato, magari in una delle nostre ottime scuole alberghiere. La nostra cucina non può essere declinata in 20 o 30 prodotti come per le altre nazioni, perché non finiremo mai l’elenco di ogni prodotto legato ai nostri campanili. Qualcuno sostiene che bisognerebbe standardizzare i prodotti e il modo di cucinare, omologando l’offerta per garantire cibo a tutti: noi riteniamo che il cibo dovrà rimanere ancorato ad un elemento portante che è la qualità, promossa anche attraverso l’educazione, lavorando e ragionando insieme con gli altri Ministeri”.
L’eventuale riconoscimento dell’Unesco arriverebbe dopo quello sulla Dieta Mediterranea (dichiarata Patrimonio Immateriale nel 2013), sulla Coltivazione della vite ad alberello di Pantelleria, arrivata al riconoscimento nel 2014, e sull’Arte del pizzaiuolo napoletano, nel 2017. L’idea aveva preso forma a luglio 2020 su iniziativa di Maddalena Fossati, direttrice de “La Cucina Italiana”, in collaborazione con le agenzie SpoonGroup e BIA, e con il sostegno e il supporto dell’Istituto Centrale per il Patrimonio Immateriale del Ministero dei Beni Artistici e Culturali e dell’Associazione Nazionale Comuni Italiani.
Il dossier di candidatura è stato scritto dal professore della Luiss Pier Luigi Petrillo, che già in passato aveva curato le precedenti candidature italiane all’Unesco. La cucina italiana, secondo il Consiglio Direttivo che ne ha approvato la candidatura, è un mosaico di tradizioni che riflette la diversità bioculturale del Paese e si basa sul comune denominatore di concepire il momento della preparazione e del consumo del pasto come occasione di condivisione e di confronto. É un insieme di pratiche sociali, riti e gestualità basate sui tanti saperi locali che, senza gerarchie, la identificano e la connotano. Ovunque, in Italia, cucinare è un modo di prendersi cura della famiglia e degli amici o degli avventori. È il frutto di un continuo gioco di connessioni e scambi che dalle precedenti generazioni arriva alle nuove. È anche una manifestazione quotidiana di creatività che rimanda al “buon vivere” italiano per il quale, nel mondo, siamo apprezzati e talvolta invidiati.
Come evidenzia il professor Massimo Montanari, uno dei più importanti studiosi al mondo di storia medievale e di storia dell’alimentazione, che fa parte del Comitato Scientifico che ha portato avanti il complesso lavoro di candidatura, essa “vuole rappresentare la cucina italiana, domestica e non, come un mosaico in cui le singole tessere permettono di definire un insieme coerente che trascende l’unicità e la specificità di ogni singola tessera. Tutto ciò è il risultato di una storia plurisecolare caratterizzata da numerosi scambi, interferenze e contaminazioni reciproche”.
Positivo il commento del presidente Coldiretti Ettore Prandini alla candidatura: “è la risposta - ha dichiarato - a chi vuole imporre una dieta globale fondata su insetti e cibi sintetici senza alcun legame con il territorio, l’agricoltura locale, le tradizioni e la cultura”. Un annuncio che, sottolinea Coldiretti, arriva con il record storico realizzato dalle esportazioni agroalimentari made in Italy nel mondo, che hanno raggiunto il valore di 60,7 miliardi, anche sotto la spinta della domanda di italianità in cucina. Una iniziativa utile per valorizzare l’identità dell’agroalimentare nazionale e fare finalmente chiarezza sulle troppe mistificazioni che all’estero tolgono spazio di mercato ai prodotti originali.

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