La ristorazione di alto livello è un palcoscenico fondamentale per il vino di qualità, d’Italia e del mondo. E sebbene la cucina tricolore (candidata a Patrimonio Unesco) ed il vino italiano (che, insieme alla vite, ai territori ed ai metodi di produzione, è considerato patrimonio culturale nazionale, come sancisce l’articolo 1 del Testo Unico del Vino, la legge 238 del 2016) abbiano conquistato ormai ogni angolo del pianeta, ci sono locali che, più di altri, si distinguono per la capacità di valorizzare proprio il vino, con “wine list” da sogno per valore, profondità e varietà. Come racconta, ancora una volta, l’edizione 2023 dei “Restaurant Award” di “Wine Specator”, la seguitissima rivista Usa che, dal 1981, premia le migliori wine list della ristorazione mondiale. E se in questa edizione non ci sono “new entry” a livello mondiale per il massimo riconoscimento, ovvero il “Grand Award”, la buona notizia, per il Belpaese, è la conferma di tutti i 6 ristoranti già nella lista. E così, ad essere riconfermate ai vertici sono la sconfinata cantina della tristellata Enoteca Pinchiorri di Firenze (premiata da “Wine Spectator” con il massimo riconoscimento dal 1984), e costruita nel tempo, con investimenti e passione, da Giorgio Pinchiorri con la collaborazione di Alessandro Tomberli, e quella del tristellato (attualmente chiuso per lavori di ristrutturazione) La Pergola del Rome Cavalieri di Heinz Beck, dove la regia della cantina, così come della sala, è curata da Marco Reitano (premiata dal 2004). Ancora, brillano le wine list dello stellato Ristorante Cracco di Milano, nella Galleria Vittorio Emanuele, la cui selezione di vini è curata dal sommelier Gianluca Sanso, così come quella della stella de La Ciau del Tornavento di Treiso (nella lista di “Wine Spectator” dal 2013), dello chef Maurilio Garola, ed il cui sommelier oggi è Filippo Alberto Rodda. Conferme anche per gli altri due “templi” del vino italiano storicamente premiati da Wine Spectator, ovvero l’Antica Bottega del Vino di Verona, un cult per gli eno-appassionati, grazie alla sua antologica selezione, per profondità di annate e varietà di etichette, e da anni di proprietà delle Famiglie Storiche, guidata “dall’oste” Luca Nicolis (e premiata dal 2004), e Il Poeta Contadino di Alberobello di Leonardo Marco, che oltre ad una vastissima selezione delle icone più importanti del vino italiano, custodisce e offre anche grandi verticali dei nomi top di Bordeaux (e viene premiata dal 1997).
Ma se questi sono i ristoranti ed il locali in terra italiana, non mancano i massimi riconoscimenti a ristoranti di chiara impronta tricolore, tanto nella cucina che nella carta dei vini. Che, secondo “Wine Spectator”, sono l’Acquarello di San Francisco, di Giancarlo Paterlini, coproprietario insieme alla chef Suzette Gresham, e la cui carta dei vini è curata dal figlio di Giancarlo, Gianpaolo; e il Ristorante Ai Fiori di New York, il cui wine director è John Canvin (e che fa parte del gruppo Altamarea, che gestisce oltre 20 ristoranti di stampo prevalentemente italiano tra Usa, Dubai, Turchia ed Arabia Saudita). Ancora, restando in Usa, da segnalare sono, sempre a New York, il ristorante Sistina, a due passi dal Metropolitan Museum of Art, dello chef, proprietario e sommelier Giuseppe Bruno, e ancora il Barolo Grill di Denver, il cui proprietario e wine director è Ryan Fletter, focalizzato, come dice il nome, su cucina e vini piemontesi, ma non solo, ed il ristorante Fiola di Washington D.C., dello chef ed imprenditore Fabio Trabocchi (ed il cui wine director è Casper Rice). Ancora, da segnalare, fuori dagli Usa, il Ristorante Alfredo Di Roma Mexico a Città del Messico, legato a “Il Vero Alfredo”, il ristorante di Roma dove storicamente, lo chef Alfredo di Lelio ha inventato le celeberrime “Fettuccine all’Alfredo”, mentre in Canada, a Etobicoke (Toronto), in Ontario, c’è il Via Allegro Ristorante, guidato ai fornelli dallo chef Marco Zandona. Questo, in sintesi, il vertice “italiano” degli oltre 3.500 ristoranti e locali premiati con i diversi premi (“Award of Excellence”, “Best of Award of Excellence” e “Grand Award”) da “Wine Spectator”.
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