I fine wine sono entrati stabilmente nel portafoglio degli investitori, tanto che nell’ultimo decennio il mercato secondario dei vini da investimento si è sempre più professionalizzato, e oggi intorno al Liv-ex sono nati marketplace, indici e startup dedicate alla gestione della propria cantina, costruendo un vero e proprio ecosistema di servizi efficienti e utili. Inoltre, al netto della flessione degli ultimi mesi, sul medio e lungo periodo i rendimenti sono cresciuti in maniera costante e superiore a molti dei principali indici borsistici. Il vino, così, è diventato settore di grande interesse anche per i consulenti finanziari e gli asset manager britannici, il cui punto di vista è raccolto nel report “The Journey from Passion Asset to Mainstream Asset Class” di WineCap, società di consulenza per chi investe in fine wine.
Prima di tutto, per quanto ridondante, è bene ricordare che i fine wine sono un passion asset, come le auto d’epoca, l’arte, i francobolli rari e gli oggetti d’antiquariato e, nelle aspettative dei consulenti britannici, è anche l’investimento passionale destinato a registrare una crescita della domanda. Ne è convinto il 96% degli intervistati (con il 60% che prevede addirittura un aumento significativo), che mettono il vino davanti a orologi (86%), borse di lusso (80%), arte (68%) e auto d’epoca (60%). Il fascino del vino, quindi, va ben al di là della comunità degli appassionati, ma abbraccia una platea più ampia, tanto che il 40% dei clienti dei consulenti finanziari britannici ha investito in vino, con un’allocazione di portafoglio media di circa il 10%.
Che, oltre alla redditività, guarda con sempre maggiore attenzione ai fattori ambientali, sociali e di governance, che nel caso dei fine wine diventano un assoluto punto di forza. Un’area vitata delle dimensioni di un campo da rugby, ad esempio, assorbe ogni anno ben 2,84 tonnellate di carbonio, ma la viticoltura, capace di adattarsi anche a terreni rocciosi e alture importanti, è anche una risposta positiva al degrado del suolo, che è una priorità per gli ambientalisti. E ancora, la produzione di vino biologico sostiene gli impollinatori, perché i vigneti biologici o privi di pesticidi - spesso uno dei tratti distintivi del buon vino - aiutano le api e altri impollinatori a rimettersi in carreggiata. Inoltre, a differenza della plastica usa e getta, le bottiglie di vetro dei fine wine sono qualcosa di cui fare tesoro. Per capire la sostanziale sostenibilità del vino, basta un esempio: si dovrebbe bere una bottiglia di vino ogni singolo giorno per tre anni perché abbia lo stesso impatto di un singolo volo da Londra a New York.
I vini di pregio, come gli altri investimenti alternativi, tendono ad avere un posto di rilievo in portafogli più ampi, appartenenti a investitori più sofisticati: il 96% degli intervistati ha affermato che i clienti che investono in vini pregiati sono principalmente investitori esperti, con il 62% che si dichiara “molto esperto”. Tra le tante qualità dei fine wine che attraggono gli investitori, spiccano la sostenibilità (54%), i forti rendimenti (48%), l’efficienza fiscale (42%), la stabilità (40%) e la bassa correlazione con i principali asset class (30%). La performance del vino pregiato ha, in generale, retto molto bene nell’ultimo anno, un periodo di elevata volatilità e turbolenza del mercato. L’indice di riferimento del settore, il Liv-ex 100, ha dimostrato che i fine wine hanno prodotto un rendimento di volatilità uniforme e inferiore ad altri tipi di investimento. Negli ultimi cinque anni il Liv-ex 1000 è aumentato del 41,2%, rispetto al modesto aumento dell’8,9% del FTSE100.
Per quanto investimento passionale, anche il vino fa appello alla testa: i consulenti finanziari gli attribuiscono caratteristiche di investimento difensive e a basso rischio in cui i rendimenti elevati sono meno importanti della conservazione del capitale, e infatti l’88% degli intervistati considera il vino pregiato come un prodotto prudente in un portafoglio di investimenti, in genere insieme ad altri beni rifugio come Titoli di Stato e oro, con la metà (50%) che lo descrive come un profilo “estremamente” prudente. Uno dei punti di forza meno discussi del vino pregiato è la sua esenzione dall’imposta sulle plusvalenze del Regno Unito (Capital Gain Tax) in quanto considerato un bene con una vita economica utile prevista inferiore ai 50 anni.
Tra i fattori che, in ottica futura, giocheranno un ruolo importante nell’incoraggiare gli investimenti nei fine wine c’è il raggiungimento di una maggiore consapevolezza tra gli investitori del ruolo che il vino pregiato può svolgere come “diversificatore” rispetto ai portafogli azionari e obbligazionari, indicato dal 58% degli intervistati, ma anche la maggiore fiducia nella liquidità del mercato secondario (24%). I fine wine, del resto, hanno già compiuto notevoli progressi nel loro percorso che li ha ormai portati ad essere un investimento alla portata di tutti, ma c’è comunque ancora molta strada da fare per raggiungere un livello di ubiquità simile ad altri beni tradizionali. Tuttavia, la quasi totalità (96%) degli intervistati del Regno Unito ritiene che, considerando l’attrattiva define wine come principale risorsa alternativa, la consapevolezza sia destinata a crescere nei prossimi anni, con circa un terzo (35%) che afferma che crescerà in modo significativo.
Per gli asset manager e i consulenti finanziari, è fondamentale anche il ruolo cruciale che le società di investimento professionali possono svolgere lungo la catena degli investimenti nei fine wine, un settore sofisticato, che richiede competenze specialistiche in materia di investimenti, gestione del portafoglio, solide relazioni con i principali produttori e strutture di stoccaggio all’altezza per ottimizzare i rendimenti.
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