Meno Italia, per l’Italia del vino, e sempre più “estero”, con l’export che cresce e fa crescere i bilanci della cantine del Belpaese, soprattutto grazie a mercati “maturi” ma ancora con grandi margini di crescita, come gli Usa e Canada, o a quelli emergenti come Brasile, Russia e Cina. Un tendenza ormai consolidata, e che si conferma anche nei primi 5 mesi del 2013, secondo un’indagine di www.winenews.it, un dei siti più cliccati del vino italiano, tra 25 delle realtà enologiche più importanti d’Italia per storia, immagine e per volume d’affari (complessivamente 1,5 miliardi di euro, il 15% del fatturato complessivo del vino italiano). E se nel 2012 c’è stato il record del valore delle esportazioni di vino italiano, a 4,7 miliardi di euro, per il 2013 l’80% delle cantine mette a bilancio una crescita delle vendite oltreconfine, mediamente del 19%.
Numeri che fanno da contraltare ai dati più critici che arrivano dall’Italia, che rimane comunque un mercato fondamentale tanto per i numeri che come “specchio” per la visibilità dei nostri vini al livello internazionale, ma dove solo il 23% delle aziende, nel 2013, ha visto una crescita degli affari, nell’ordine del 9%, mentre il 66% delle cantine registra cali in media del 6%. Nel complesso, comunque, soprattutto grazie all’export, il barometro del “sentiment” punta sul positivo, anche perché l’83% delle cantine sondate, nel 2013, ha registrato una crescita delle vendite del 14% sul 2012.
Focus - Inchiesta Winenews: a quasi metà 2013, il vino italiano guarda al futuro con un certo ottimismo, ma grazie all’export: per l’83% delle cantine vendite a +14% e il 78% dichiara “sentiment” abbastanza positivo. Lo dicono le 25 aziende tra le più importanti d’Italia
Percorsa quasi la metà del 2013, l’imprenditoria vitivinicola tricolore guarda al futuro con rinnovato ottimismo. È questa in sintesi la tendenza che emerge dalle risposte al sondaggio di www.winenews.it, uno dei siti di informazione del vino più cliccati d’Italia, fornite da 25 tra le realtà enologiche più importanti d’Italia per storia, immagine e per volume d’affari (complessivamente 1,5 miliardi di euro, il 15% del fatturato complessivo del vino italiano). Per l’83% delle cantine le vendite salgono del 14% sullo stesso periodo del 2012, con il 78% che dichiara un “sentiment” abbastanza positivo anche per il resto dell’anno.
L’analisi di WineNews mette in luce ancora una volta che l’arma in più degli imprenditori del vino del Bel Paese è e resta saldamente l’export che continua a segnare pesantemente anche i primi sei mesi del 2013: l’80% del campione mette a bilancio una crescita delle vendite oltre confine, mediamente del 19%, mentre il 20% delle aziende sondate dichiara una stabilità negli scambi commerciali con l’estero.
Se i primi sei mesi del 2013 nel suo complesso, vedono le vendite in confortante crescita sul 2012, resta però evidente che il peso della crisi si faccia comunque sentire anche su un comparto in generale più in salute di altri. Un dato che emerge soprattutto prendendo in considerazione l’andamento del mercato interno. Qui, i numeri sono più critici: solo il 23% delle aziende dichiara un incremento degli affari, in media con una crescita del 9%, l’11% indica una equivalenza con i risultati dell’anno scorso e, purtroppo, ben il 66% del campione segnala un decremento delle vendite interne in media del 6% sullo stesso periodo del 2013. Tuttavia, il mercato italiano, con tutte le sue debolezze, in termini di consumi in discesa (secondo i dati Istat nel 2012 il 51.9% della popolazione ha bevuto vino, contro il 53.3% del 2011 e il 56% di 5 anni fa), resta uno sbocco commerciale importante non solo in termini di numeri (sono 20 milioni gli ettolitri che restano comunque in Italia) ma anche per il suo ruolo di “specchio”, proprio quando l’obbiettivo strategico principale sono i mercati internazionali: è il mercato domestico a garantire la visibilità dell’immagine aziendale, che poi viene spesa sulle piazze internazionali.
Il 2012 si è chiuso con un più che confortante segno positivo sul fronte dell’export e l’Italia si posiziona al vertice dei paesi esportatori in volume con oltre 21 milioni di ettolitri, nonostante il 2012 sia stato un anno “povero” in termini quantitativi, visti i risultati della vendemmia e una esplicita e sovvenzionata riduzione del potenziale produttivo. Valore dell’export ancora scintillante, che raggiungendo i 4,7 miliardi di euro stabilisce un nuovo record per le etichette del Bel Paese oltre confine, capace di mettere l’Italia subito dietro la Francia. Risultati lusinghieri che però non devono far dimenticare che l’Italia non possiede una adeguata incisività in alcuni mercati emergenti come Cina e Hong Kong, dove i francesi spuntano risultati 10 volte superiori ai nostri. Di fatto, i mercati chiave per i vini tricolore sono ancora gli Usa (che assorbe 1 miliardo di euro di vino) e la Germania (che vale 950 milioni): il primo in realtà un mercato con prospettive di crescita molto buone, il secondo più maturo e più influenzato dalla crisi che sta investendo l’Europa e dove il rigore imposto dal risanamento dei bilanci degli stati Ue potrebbe avere un effetto depressivo sui consumi dell’eurozona. Ed ecco allora il campione indicare come luoghi dove si investe di più in promozione e rafforzamento della rete commerciale e dove si configurano strategie e tattiche per restare ai vertici delle vendite internazionali il Nord America (70%), l’Europa e l’Italia (35%), e l’Asia (28%).
Gli imprenditori del vino italiano sondati da WineNews, che per il 78% hanno un “sentiment” abbastanza positivo per il 2013, rafforzato da un 22% che vede il 2013 in prospettiva positivo, dimostrano però di non perdere il contatto con la realtà: il presente, e soprattutto il futuro, rimangono incerti e diventa inevitabile non confrontarsi con alcune possibili problematiche. Le leggiamo in una sorta di “classifica” delle preoccupazioni più impellenti per gli imprenditori del vino tricolore, che vede: al primo posto le incognite economiche (34%), la debolezza dei consumi (27%), il peggioramento della crisi in atto e l’aumento della concorrenza (25%), la perdita di competitività (21%), causata soprattutto dalla scarsa coesione del distretto viticolo italiano, l’incertezza sul futuro (15%) e l’aumento dei costi di produzione (10%), un problema che sta diventando sempre più presente se considerato da due suoi lati principali: quello dei costi di gestione del collocamento dei prodotti sui mercati e quello rappresentato dalla gestione viticola, sempre più oppressa dalla burocrazia.
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