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Muffe e marciumi, da sempre tra i nemici più temuti dalla vite, potrebbero avere i giorni contati: dalla ricerca del biologo Dennis Gray (University of Florida), la risposta è nelle viti resistenti a muffe e funghi geneticamente modificate

Muffe e funghi, da sempre tra i nemici più temuti dalla vite, potrebbero avere i giorni contati. Il condizionale è d’obbligo, ma i risultati a cui è arrivato Dennis Gray, biologo alla University of Florida, a capo dell’Institute of Food and Agricultural Sciences, sono decisamente confortanti. Usando la tecnica dell’allevamento di precisione, che altro non è se non una vera e propria modifica genetica, è arrivato a creare ceppi resistenti a muffe e funghi. Sostanzialmente, come spiega il portale Usa “Snooth” (www.snooth.com), si tratta semplicemente di isolare e selezionare uno o due tratti di Dna da una pianta, ed inserirli in un’altra, creando così una varietà resistente.
Le prime varietà su cui si è concentrata la ricerca sono due uve da tavola, la Thompson Seedless (gergalmente, l’uva sultanina) e la Seyval Blanc, ed il Syrah, che insieme rappresentano il 66% della produzione d’uva nel mondo. Il vantaggio principale del metodo Gray, come si legge, è che offre una protezione quasi totale alla pianta contro le malattie, ma solo grazie alla genetica, evitando quindi l’uso massiccio della chimica. Specie nelle zone umide, infatti, il ricorso alla chimica è praticamente inevitabile, ed anche piuttosto frequente, ma con l’allevamento di precisione, secondo Gray, la quantità di fungicidi e pesticidi usata sulle piante dovrebbe praticamente crollare.
Un altro vantaggio? Il metodo, potenzialmente, potrebbe essere in grado di far risparmiare milioni di dollari al settore agricolo, soprattutto perché il professor Gray sta concentrando gli sforzi futuri sulla creazione di un chicco d’uva resistente alla malattia di Pierce, una malattia batterica devastante per la quale ancora non esiste una soluzione univoca. Tanto che il Governo federale della California, negli ultimi 15 anni, ha speso ben 50 milioni di dollari per combatterla, senza grossi risultati.
Ciò che Gray ci tiene a precisare, infine, è che a livello puramente terminologico sarebbe opportuno cambiare la terminologia comune, ed evitare di etichettare questa scoperta come “modificazione genetica”. Meglio “allevamento di precisione”, un termine più preciso, e comunque “quasi tutto ciò che mangiamo oggi - ha spiegato il professor Gray - è frutto di mutazioni genetiche operate dall’uomo nel corso della storia”.

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