Cresce in Italia la superficie vitata a biologico: nell’ultimo anno +6,5%, con il vigneto “bio” che arriva a oltre 70.000 ettari, all’11% del totale del Belpaese. E, pur partendo da numeri bassissimi, (anche perché è solo dal 2012 che il vino si può etichettare come “biologico”), aumentano anche i consumi di vino bio, ormai il 16,8% di tutto quello bevuto in Italia. A dirlo di dati Firab (Fondazione Italiana per la Ricerca in Agricoltura Biologica e Biodinamica) e Aiab (Associazione italiana agricoltura biologica), presentati al Sana di Bologna (www.sana.it), che confermano l’Italia ai primi posti nel mondo per la produzione di nettare di Bacco biologico e al secondo per superficie vitata in Europa dopo la Spagna.
Quanto alle cantine bio certificate in Italia, sono 1.300, e vinificano 4,5 milioni di ettolitri. A guidare la classifica è la Sicilia per dimensioni e incidenza, con quasi 1 ettaro su 4 bio, seguita da Puglia e Toscana; bene anche la Calabria, fanalino di coda nella produzione vinicola tradizionale ma in prima linea nella biologica.
“A tre anni dal Regolamento, risultato del lungo percorso avviato decine di anni fa dall’Aiab e sul quale l’associazione continua a lavorare per rivedere le questioni solfiti, mosti concentrati e additivi si legge in una nota su www.aiab.it - il vino bio è diventato, grazie a una maggiore chiarezza comunicativa in etichetta, molto più attraente per i buyer della grande distribuzione e anche per i responsabili acquisti delle enoteche. I risultati? Nel 2014 sul 2013, crescita a due cifre del vino bio (+14%, secondo Nomisma) nella Gdo. E i dati di Ismea/Nielsen confermano questo trend, con +5,6% nei primi mesi del 2015. Anno in cui la percentuale di italiani che hanno acquistato almeno una bottiglia di vino bio è aumentata di quasi 15 punti, passando dal 2% nel 2013 a 16,8% odierno, a fronte del boom di vendite presso enoteche/negozi specializzati e Gdo. Un successo che ha ancora un enorme potenziale inespresso: secondo Wine Monitor Nomisma, il 38% dei consumatori che non beve vino bio, ha dichiarato di non farlo semplicemente perché non trova il vino a marchio bio nei negozi/ristoranti frequentati; tra questi infine, il 90% dei consumatori intervistati da Wine Monitor ha dichiarato di essere interessato ad acquistare il brand del vino preferito se questo inserisse una linea a marchio biologico”.
“E se - dice Vincenzo Vizioli, presidente di Aiab - mentre fino a pochi anni fa rimanevano molti dubbi sulla qualità del vino biologico oggi questa è nettamente aumentata a detta di esperti enologi e consumatori e il vino bio è equiparato ai vini convenzionali di fascia medio alta”.
Il successo, infatti, è confermato dai risultati dell’indagine “Wine trend 2015”: il 4% dei consumatori italiani si fa guidare nella scelta del vino dalla presenza di un marchio bio (nel 2014 tale tasso non superava l’1%); il 49% dei consumatori ritiene che i vini bio siano di qualità superiore rispetto ai vini convenzionali (quota che impenna al 68% tra chi già lo consuma).
Ma a tirare la crescita è l’export, come del resto accade anche per il vino convenzionale. Solo negli Stati Uniti, viene dal nostro Paese una bottiglia di vino bio su tre di quelle importate, per un conto economico totale di 56 milioni di euro nel 2013.
“Un altro settore del biologico che valorizza e monetizza le ricchezze del nostro territorio e le produzioni autoctone - conlcude Vizioli - lo hanno capito le aziende che hanno deciso di investire su validi enologi che hanno fatto decollare qualità e consumi della produzione bio. Deve capirlo anche lo Stato che non deve farsi sfuggire questa opportunità per premiare tutte quelle produzioni che rispondono ai bisogni sempre più emergenti di salute, benessere, gusto di consumatori italiani e mondiali”.
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