Le previsioni di inizio settembre sono state rispettate: la vendemmia italiana 2019 ha segnato una produzione complessiva di vino e mosti di 44,5 milioni di ettolitri, con un calo del -19% sui 54,8 milioni del 2018 (il 3% in meno sulle prime stime), secondo i dati diffusi in via unitaria da Assoenologi, Unione Italiana Vini e Ismea, “a chiusura di una vendemmia iniziata in ritardo sul 2018 e protrattasi fino ai primi giorni di novembre”. Con una qualità, però, in molti casi eccelsa, dall’Alto Adige alla Sicilia, come già raccontato da tanti produttori del Belpaese a WineNews nei giorni scorsi. Nella Penisola, si è riscontrato un ritardo dell’inizio delle operazioni vendemmiali dai 7 ai 15 giorni rispetto allo scorso anno. Tutte le regioni italiane hanno segnato un decremento produttivo più o meno marcato, dal -40% della Lombardia (il calo più imponente) al -28% della Sicilia, dal -16% del Veneto al -21% del Piemonte, dal -20% della Puglia al -11% dell’Abruzzo per citare alcune tra le Regioni più importanti dal punto di vista produttivo, ad eccezione della Toscana che, invece, ha registrato un aumento del 10% rispetto al 2018. A livello di volumi, il primato spetta, nonostante il calo, al Veneto, con 11,2 milioni di ettolitri (il 25% di tutta la produzione italiana, ndr), davanti alla Puglia (7,6), all’Emilia Romagna (7,1 milioni di ettolitri), alla Sicilia (3,4) all’Abruzzo (3), alla Toscana (2,5) e al Piemonte (2,2).
La prima regione a staccare i grappoli è stata la Sicilia nella prima settimana di agosto, seguita, a cavallo di Ferragosto, dalla Puglia e poi dalla Lombardia (Franciacorta) nella seconda decade di agosto. Tra la fine di agosto e la prima settimana di settembre, nella maggior parte delle regioni italiane, si sono svolte le operazioni di raccolta per le varietà precoci (Chardonnay, Pinot, Sauvignon). Il pieno della raccolta, in tutta Italia, è avvenuto tra l’ultima decade di settembre e la prima di ottobre. La vendemmia si è conclusa tra la fine di ottobre e gli inizi di novembre con i conferimenti degli ultimi grappoli di Nebbiolo in Valtellina, di Cabernet in Alto Adige, di Aglianico del Taurasi in Campania e dei vitigni autoctoni sulle pendici dell’Etna.
I ritardi nella vendemmia, spiegano gli AssoEnologi, Uiv e Ismea, “hanno, però, giocato un ruolo positivo e determinante sulla qualità del prodotto raccolto, avendo beneficiato, da nord a sud, di un clima particolarmente asciutto, se non con qualche sporadico giorno di pioggia che però non ha influito sulla qualità delle uve. Per quasi tutto il mese di agosto le temperature si sono mantenute elevate, così come l’umidità, cosa che ha favorito un rigoglioso sviluppo della vegetazione nei vigneti, gestito con attenti interventi di potatura del verde. Nei mesi di settembre e ottobre, il clima particolarmente caldo e asciutto ha dato un ulteriore contributo positivo alla maturazione delle uve rosse e ha portato però, allo stesso tempo, ad una contrazione della produzione dovuta anche ad una minor resa uva e mosto. Di fatto, in molte zone, tale situazione ha permesso di vendemmiare grappoli in perfetto stato fitosanitario, il che ha favorito, soprattutto nelle regioni nel nord, la concentrazione degli aromi nelle uve a bacca bianca. Questa serie di variazioni climatiche e meteorologiche, accompagnate da sapienti scelte tecniche quali l’individuazione della corretta maturità fenolica, prospettano un’annata vinicola molto buona e, fatte salve le zone colpite da fenomeni temporaleschi di forte intensità, si rilevano già diversi casi di eccellenza che si dovranno concretizzare con un attento lavoro in cantina”. E che, per essere davvero tale, è attesa, come sempre, alla prova del calice.
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