Nel complesso mosaico dell’economia mondiale, con cui deve fare i conti anche il vino italiano, ci sono dinamiche molto diverse tra loro. Se in Europa l’inflazione, causata dalla corsa dei costi energetici, è il primo dei problemi, e in Usa il dollaro forte restituisce forza alle importazioni, le cose vanno diversamente in Giappone, che nei primi sette mesi del 2022 si è confermato come il più importante tra i mercati asiatici, con 118 milioni di euro di vino italiano importato, dato in crescita del +26,8% sui primi sette mesi 2021. Nel Sol Levante, economia solida ma che da anni cresce a ritmi lentissimi, un po’ come quella italiana, l’inflazione è relativamente bassa, almeno nel confronto con l’Occidente: +3% a settembre, comunque il livello più alto degli ultimi 8 anni. Quello che invece preoccupa è il record negativo dello Yen: la moneta giapponese è scambiata a 150 con il dollaro, il cambio più sfavorevole da 32 anni a questa parte.
Un contesto che, come è facile immaginare, non aiuta le importazioni, a partire da quelle del food & wine. Come racconta la Reuters, il combinato di Yen debole e inflazione ha portato ad una crescita dei prezzi del 10% sul vino importato nei bar, ristoranti ed enoteche del Giappone. Una bella magagna, in prospettiva futura, per tanti Paesi produttori, dalla Francia all’Italia, dagli Usa al Cile: i consumi di vino dei giapponesi sono legati per il 70% alle importazioni, ma di fronte ad una tale corsa dei prezzi (che, per il Beaujolais Nouveau, che qui ha il suo primo mercato, arriverà anche al +40%) arrivano già le prime indicazioni di una brusca frenata degli acquisti. Inoltre, secondo la società di ricerca Teikoku Databank, da inizio anno sono ben 20.000 i prodotti del comparto food & drink importati che hanno subito rincari rilevanti.
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