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Libero

E l’Ice che dice? Boh ... Pensando al megastore dell’italian food a New York salutato dai tutti i giornali come salvifico per tutelare e diffondere il Made in Italy dell’enogastronomia viene in mente - non succede poi così di frequente - che l’Italia è dotata dell’Ice (istituto per il commercio estero)
che avrebbe tra i suoi compiti proprio quello di fare promozione al Made in Italy e di creare le
condizioni ai nostri produttori, non soltanto ad alcuni, ma a tutti, di poter esportare con vantaggio.
L’Ice è stato anche nel mirino degli enti da tagliare o ridimensionare, ma ovviamente non se n’è fatto nulla. Predicandosene da più parti l’indispensabilità. L’Ice si trova anche in una strana condizione perché ha una sorta di condominio di funzioni con le rappresentanze estere delle Camere di Commercio e delle ambasciate alle quali il governo ha chiesto di svolgere anche funzioni di rappresentanza commerciale. Siamo più o meno alle solite italiche: fanno (o dovrebbero fare) in tre quello che potrebbe fare uno solo. Poi arriva un imprenditore e dimostra che si può fare anche meglio con la prospettiva di guadagnarci su, mentre gli altri spendono e basta. Tuttavia un imprenditore ha la sua libertà e compie scelte secondo una propria strategia e giusta convenienza. Ecco l’amletico dubbio: agli esclusi da quel catalogo chi ci pensa? Perché in Italia non si riesce a fare una Sopexa come in Francia dove pubblico e privato decidono strategie di promozione e commercializzazione che tengono insieme enogastronomia e turismo? In questo vuoto è inevitabile che si inseriscano validi e scaltri imprenditori privati. E che qualcuno pensi che la loro azione sia carica di significati che vanno al di là della mera logica del profitto e che siano un’istituzione di
fatto. Dolce illusione. Già che siamo a parlar di Zucchero viene in mente quella canzone che più o meno fa così: Single man single man, desperado. E l’Ice che dice? Boh.

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