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Se il Dragone brinda in Borgogna Un miliardario cinese prende il controllo della tenuta che produce il vino amato da Napoleone ... La Cina è talmente vicina che ormai i vignaioli francesi se la trovano in casa. L’ultimo colpo l’ha fatto il signor Louis Ng Chi Sing, di cui non si sa molto, tranne che dirige dei casinò a Macao e dispone di molti soldi, in proprio o per conto terzi poco importa. Infatti ha appena sborsato otto milioni per comprare il “domaine” di Gevrey Chambertin, nella Còte des Nuits, il cuore della Borgogna più nobile. Il complesso comprende un castello del XII secolo molto mal ridotto (per riportarlo agli antichissimi splendori serviranno altri quattro milioni) e due ettari di alcune delle più prestigiose vigne di Francia: per dire, Io Chambertin era il vino preferito di Napoleone che però, da rozzo soldataccio e per di più straniero qual era, lo allungava.
“Emozione” è un termine blando per definire le reazioni degli indigeni, che avevano messo insieme un’offerta di cinque milioni. Niente da fare: Sing ha pagato di più, anzi sicuramente troppo perché, stimano gli esperti, ci vorrà almeno una generazione per ammortizzare. Di fronte all’invasione, i vignaioli si sono divisi. Alcuni sono arrabbiati, altri pragmatici. Come quello che ha confessato al “Parisien”: “Se domani per il mio “domaine” mi offrissero il doppio del suo valore, firmerei con due mani”.
Ma per i “nouveaux riches” (molto riches) cinesi, le vigne in Francia non sono solo un investimento, ma uno status symbol. Va benissimo anche il Bordeaux. Dal 2008, più di venti proprietà della zona sono passate in mani cinesi. Il Chèteau-deViaud è del gruppo agroalimentare Cofco, il prestigioso Chàteau Grand-Mouéys del signor Jinshan Zhang, presidente e fondatore del gruppo NingXia, che annuncia di volerci costruire un golf, una piscina, un albergo di lusso e un ristorante con doppio chef, cinese e francese. La sua manager, Li Lijuan, ha idee chiarissime: “Faremo venire diecimila cinesi all’anno. Bisognerà costruire un parcheggio per i bus”. Il sogno di madame Li è probabilmente un incubo per gli altri e l’idea di diecimila cinesi in torpedone fra le vigne non sorride a tutti. Ma nella zona di Bordeaux, l’anno scorso, i turisti asiatici sono aumentati del 40 per cento. I cinesi non si limitano a comprare le vigne. Hanno anche messo le mani
sul 70% di Diva Bordeaux, una delle più importanti “maison de négoce” che commercializzano le grandi etichette. Per la Shangai Sugar Cigarette and Wine si tratta di un passaggio naturale: il 90% del fatturato di Diva, 33 milioni, è dato dalle esportazioni, e la metà delle esportazioni va in Cina, ormai per il Bordeaux il primo mercato per volume e il secondo per valore assoluto. Per trovare il primo, si va poco in là: è Hong Kong. I cinesi si sono buttati sul vino con l’entusiasmo dei neofiti. Mentre in Francia il consumo è in calo (metà di vent’anni fa), si prevede che in Cina aumenterà del 54% da qui al 2015. E per la Francia il vino è un prodotto vitale: occupa il secondo posto nella bilancia commerciale, dopo l’aerospaziale ma prima del lusso. I francesi vogliono vendere, i cinesi vogliono comprare, l’intesa è perfetta. E infatti, nel 2011 la Cina è diventata il terzo importatore di alcolici “ma- de in France”: 857 milioni. Però il primo mercato, gli Usa, è cresciuto dell’8,5%; il secondo, il Regno Unito, del 5,7. La Cina, da sola, del 52.
Certo, fra esportare il vino francese in Cina e importare cinesi in Francia la differenza c’è e suscita qualche inquietudine. Ma la realtà è che alla globalizzazione non si sfugge, quindi è meglio sfruttarla che subirla. Come capirono le commesse del “duty free” dell’aeroporto Charles de Gaulle in una memorabile vigilia di Natale, il 24 dicembre 2008. Quel giorno, un cinese polverizzò ogni record di shopping regalandosi bottiglie per 46.423 euro.

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