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MIELE: BUONA QUALITA', MA RACCOLTO NELLA MEDIA

Miele
Fabio Tassi, Presidente dell'Associazione Apicoltori di Siena, Grosseto, Arezzo

La stima è degli apicoltori italiani, che, dall'8 al 10 settembre, a Montalcino in Toscana,hanno programmato gli "Stati Generali" di questo importante comparto agricolo

La produzione italiana di miele, nel 2000, si attesterà sui 100.000 quintali. La stima (nella media nazionale) è degli apicoltori italiani (75.000, con 1.200.000 alveari) che, in Toscana a Montalcino, dall'8 al 10 settembre, organizzeranno gli "Stati Generali" dell'importante comparto agricolo (business di 120 miliardi come produzione diretta ed un valore di 5.000 miliardi come apporto, con l'impollinazione, all'agricoltura e all'ambiente). La produzione del miele d'acacia, il più amato dagli italiani, è un po' inferiore alla norma (soprattutto nelle regioni del Nord), quella di agrumi è nella media (nel Sud Italia) e buono, al contrario, il raccolto di miele di castagno. Sono, invece, ancora in corso le fioriture di girasole e melata di metcalfa.
"L'apicoltura italiana, sempre più moderrna, professionale ed attenta alla qualità e all'origine del prodotto, è penalizzata - spiegano Francesco Panella, presidente dell'Unione Apicoltori Italiani, e Fabio Tassi, a capo degli apicoltori toscani dell'Asga, che organizza, con la Camera di Commercio di Siena, la "Settimana del Miele" di Montalcino - dalla recente abolizione dei dazi sul miele della Romania e Bulgaria e dalla riduzione al solo 10% per l'Ungheria (tre Paesi dell'Europa dell'Est buoni produttori e grandi fornitori di prodotto all'Italia per circa 40.000 quintali) e dal mancato riconoscimento (almeno per adesso) da parte dell'Unione Europea quale "Specialità Tradizionale Garantita" (richiesto anche per la "cioccolata doc", quella cioè senza grassi vegetali aggiunti) al "Miele Vergine Integrale", come momento fondamentale di qualificazione delle produzioni italiane". "Due questioni - continuano Panella e Tassi - che rischiano di minare il mondo dell'apicoltura nazionale, specialmente se sommate ai problemi nello scenario internazionale, dominato dalla presenza di miele cinese di bassissima qualità a prezzi risibili, dal calo di prezzi del millefiori argentino (di cui l'Italia è grande cliente) e dall'assenza di strumenti di distinzione e di valorizzazione del miele italiano di qualità". "Se nel 2001 - chiudono Panella e Tassi - dovessero essere confermate le tendenze in atto nella produzione, nella distribuzione e nella promozione, è legittimo preoccuparsi seriamente sui destini e sulla sopravvivenza del settore".
Secondo i dati elaborati dall'Associazione Apicoltori di Siena Grosseto Arezzo (Asga) e dalla Camera di Commercio di Siena, l'Italia produce di media 100.000 quintali di ottimo miele (che corrisponde all'1% della produzione mondiale ed al 15% di quella europea) ed importa 125.000 quintali (Argentina per il 53%, Est Europa per il 30%, Germania per il 7%, Cina per il 3% …) per complessivi 30 miliardi. Il consumo di miele (diretto ed indiretto) si attesta sui 500 grammi pro-capite ed è il leggera crescita. L'export, in particolare verso la Germania (28.000 quintali), prima consumatrice del prodotto italiano (soprattutto miele di melata), ma anche verso Francia, Svizzera, Austria, Emirati Arabi), è di 35.000 quintali (acacia, agrumi, castagno) per complessivi 15 miliardi. Nel '99, i prezzi medi all'ingrosso dei mieli italiani si sono attestati sulle 7.300 lire al kg per l'acacia, 4.500 lire al kg per gli agrumi, 3.700 lire al kg per il millefiori, 4.000 lire al kg per l'eucalipto, 4.300 lire al kg per il miele di castagno, 3.600 al kg per il girasole, 3.200 lire al kg per la melata di metcalfa, 4.000 lire al kg per la sulla.

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