Dopo la mucca Ercolina, forse anche l'ape Maya andrà a Bruxelles a protestare contro l'Unione Europea, che, dopo 4 anni, non ha ancora concesso all'Italia, l'attestato di "Specificità Tradizionale Garantita" per il Miele Vergine Integrale, un miele di alto pregio frutto della tradizione, dell'attenzione e della cultura alimentare italiana. "La proposta - spiegano il presidente dell'Unione Apicoltori Italiani, Francesco Panella ed il presidente degli apicoltori toscani dell'Asga Fabio Tassi - giace dal '96 nei cassetti dell'euroburocrazia. Ora, però, è arrivato il momento di dire basta: o questa decisione arriva in tempi rapidi o andremo direttamente sotto il palazzo dell'Unione Europea a protestare, portando con noi le api. Anche se questi metodi di lotta non sono certo la nostra regola, questa volta davvero siamo decisi ad attuare questa provocazione: da troppo tempo, ormai, l'apicoltura non è tenuta in degna considerazione per l'esiguità dei numeri di fatturato del settore, dimenticando l'apporto fondamentale dell'impollinazione delle api per le produzioni agricole e per il mantenimento dell'habitat naturale (e che gli scienziati quantificano, solo in Italia, sui 5.000 miliardi di lire)".
Il riconoscimento del Miele Vergine Integrale, infatti, è una questione tutt'altro che irrilevante per il sistema italiano del miele (che ne discuterà agli Stati Generali dell'Apicoltura Italiana, in Toscana a Montalcino, dall'8 al 10 settembre), ormai improntato alla grande qualità: "l'attestazione, che sarebbe unica al mondo, consentirebbe di proporre ai consumatori - continuano Panella e Tassi - l'antica attenzione e cultura per la qualità degli apicoltori italiani basata sull'apprezzamento del gusto e delle qualità organolettiche. Sono molti e forti gli elementi che differenziano il miele vergine integrale da quello comune: è, infatti, un miele vergine e fresco (così come ci è donato dalle api), non è sottoposto a trattamenti termici a temperature superiori a quelle presenti in natura e nell'alveare (tali, quindi, da non modificarne lo stato fisico, organolettico ed i vivi apporti nutrizionali), nell'etichetta deve essere indicata l'area di produzione (cioè dove le api hanno fatto opera di impollinazione), ha un parametro qualitativo e nutrizionale più elevato rispetto al miele comune (contenuto di acqua ridotto) ed è garantito da un consorzio che ne tutela la denominazione".
L'"affaire Miele Vergine Integrale" è l'ennesima battaglia che vede contrapposti l'Italia della qualità e della tipicità e l'Unione Europea: nel '99, invece, c'è stata quella relativa alla Direttiva UE sul miele. L'Italia impegnata a fianco di apicoltori, ambientalisti e consumatori contro gli interessi commerciali ed industriali di una piccola lobby di importatori ha ottenuto una radicale modifica della Direttiva dell'Unione Europea. La nuova normativa comunitaria, in via di approvazione, prevede, infatti, la definizione dei caratteri minimi del "prodotto miele" (riconosciuto quale derrata agricola a tutti gli effetti); l'obbligo di dichiarare il paese d'origine (cioè dove il miele è stato prodotto); nel caso di lavorazioni industriali e di utilizzo di mieli di più provenienze, l'obbligo di indicare con chiarezza in etichetta la dizione "miscela" di mieli e le possibili combinazioni di miscelazione (comunitario ed extracomunitario); nel caso di miele declassato (non atto all'alimentazione ma utilizzabile quale componente dei prodotti alimentari), l'obbligo di indicare nell'elenco degli ingredienti in etichetta l'esplicita dizione "miele ad uso industriale"; l'obbligo di apporre in etichetta la data di scadenza. A giudizio degli apicoltori italiani, rimangono però ancora aperti alcuni nodi legati all'aggiornamento dei parametri analitici del miele per combattere adeguatamente frodi ed adulterazioni, alla definizione dei connotati distintivi dei mieli monofora ma sopratutto alla riconoscibilità , come per il vino, l'olio ed i formaggi, del miele di qualità superiore.
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