Le previsioni pessimistiche degli ultimi mesi, dovute alla difficile situazione internazionale, ed imputate soprattutto al mercato americano per il “post 11 settembre”, vengono definitivamente smentite: il vino italiano di qualità continua ad esercitare un forte interesse sul mercato mondiale e su quello statunitense in particolare. I dati della prestigiosa rivista “Wine Business” lo confermano. Secondo le stime effettuate, infatti, le quote generali di esportazione confermano la preponderanza dell'italian export: se nel 2000 la percentuale raggiunta dalle importazioni italiane costituiva il 34% del totale (contro il 25% della Francia), nei primi 9 mesi del 2001 il distacco è cresciuto ulteriormente, con il 25% d'importazioni dall'Italia e il 20 % dalla Francia, in netto calo (seguita dagli emergenti Australia e Cile, con quote del 14%).
I drammatici eventi hanno comunque portato - come è stato rilevato da diversi imprenditori in un recente convegno in Piemonte dal presidente Unione Italiana Vini Ezio Rivella, dall’enologo-manager della trentina Cantina La Vis Fausto Peratoner, dai vertici della toscana Frescobaldi, dall’imprenditore Ambrogio Folonari Ambrogio e da Maurizio Forte dell’Ice - delle conseguenze in campo economico, che impongono di fare presto delle attente valutazioni, considerando anche gli ingenti investimenti che le aziende stanno realizzando: “se dovessimo guardare la situazione ad oggi - ha spiegato Peratoner - valutando i dati in possesso delle aziende, si potrebbe dire che quanto successo l’11 settembre non ha influenzato in maniera negativa il lavoro e le pianificazioni in corso almeno verso gli Usa. Anzi, secondo gli analisti finanziari Usa, hanno molto più effetto sull’economia i problemi nella Silicon Valley ! Segnali di rallentamento della crescita nel mercato del vino vengono invece dalla Germania, dove molti ormai hanno introdotto il termine recessione”. “In Italia, soprattutto per le aziende che operano nel canale “hotel, ristoranti, catering”, la situazione - ha commentato ancora Peratoner - si può, tutto sommato, definire positiva. E sarebbe veramente difficile pensare che la congiuntura si possa modificare”. “Cosa fare per il futuro del vino ? In questo momento ciò che possiamo fare - ha continuato Peratoner - è lavorare ancora con più forza per razionalizzare e sistematizzare le criticità del sistema vitivinicolo: dimensione (difficoltà a gestire il mercato a 360 gradi), organizzazione, valorizzazione ulteriore del sistema di vita italiano (cultura, territorio, vitigni autoctoni), normativa non sempre in linea con le attuali e future esigenze del mercato e imprenditoriali”.
“Un evento tragico e grave, come quello successo a New York, non può influenzare l’economia del vino. Qualche motivo di preoccupazione sul settore viticolo - ammette Ezio Rivella - c'era già prima dell'11 settembre. Del resto, il processo di globalizzazione era già in atto e l’11 settembre non ha modificato nulla: le strategie commerciali e di mercato nel mondo sarebbero comunque cambiate. Qualcosa sugli stili di consumo potrà cambiare, ma il mercato è improntato al meglio, anche se tutti si chiedono se c'è effettivamente il mercato per tutta la produzione”. L’ultima parola sull’argomento all’Istituto per il Commercio con l’Estero (Ice): “il 2001 - ha ricordato Maurizio Forte - si è chiuso positivamente su tutti i mercati: al 30 novembre, l’incremento dell’export del vino italiano in tutto il mondo - dal Giappone agli Usa - è stato, a seconda dei Paesi, dal 2 al 17% in valore. Ed i volumi (soprattutto verso la Francia), legati soprattutto allo sfuso, sono molto calati. Davvero un buon segno”.
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