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DOPO AVER INVASO ABBIGLIAMENTO, SCARPE E GIOCATTOLI, LA CINA SI BUTTA SULL’AGROALIMENTARE: PREVISTA NEL NOSTRO PAESE UN’INVASIONE DI BARILI DI MIELE A BASSO COSTO

Dopo aver invaso importanti settori del made in Italy, come l’abbigliamento, le scarpe ed i giocattoli, la Cina si butta sull’agroalimentare: è prevista nel nostro Paese una massiccia invasione di barili di miele dagli “occhi a mandorla”, venduti a basso costo e con scarse garanzie igieniche e sanitarie. Sarà questo uno dei temi principali della “Settimana del Miele di Montalcino” (9-11 settembre), la più importante kermesse nazionale del settore, dove in un convegno nazionale esperti e produttori affronteranno la delicata questione dei rischi nascosti nel miele e nella pappa reale d’importazione. Da alcuni mesi sono state riaperte le frontiere all’importazione dei prodotti delle api made in Cina, dopo che per due anni erano state bandite dall’Europa e da tutto il mondo perché contenenti un antibiotico killer (il temibile cloramfenicolo): oggi sono state “riammesse” sui nostri banchi di vendita dall’Unione Europea previa una semplice autocertificazione da parte dell’esportatore. “Il miele in arrivo dall’Oriente - spiega Francesco Panella, presidente dell’Unione Nazionale Apicoltori Italiani - ha un costo bassissimo e dunque altamente concorrenziale, capace da solo di stravolgere qualsiasi politica di prezzo in barba ad ogni sorta di qualità”. L’agroalimentare è un campo in cui le grandi potenzialità produttive della Cina, insieme ad una debole attenzione alle questioni del lavoro e della qualità dei prodotti, stanno creando allarme non solo sotto il profilo economico e commerciale, ma anche sanitario. Il miele costituisce uno dei bersagli maggiormente a rischio: l’unica maniera per difendersi è leggere con attenzione l’etichetta, ed in questo fornisce un piccolo e parziale aiuto ai consumatori la nuova normativa comunitaria, che prevede la cosiddetta “etichetta di origine obbligatoria” per i mieli che provengono da un solo Paese - misura utile per riconoscere e distinguere il prodotto italiano da quello di importazione - che impone di indicare dove il miele è stato prodotto. Solo i prodotti artigianali, però, pongono adeguatamente in risalto in etichetta “nome, cognome ed indirizzo” del produttore.

La sfida con il colosso orientale si vince sicuramente con i controlli sulle importazioni, ma soprattutto puntando sulle migliori produzioni italiane e sulla corretta informazione e promozione delle stesse al consumatore. La risposta migliore è dunque quella di affermare le nostre produzioni di qualità, promuovendo azioni di valorizzazione del miele nazionale: come è stato fatto per il Miele Toscano, il primo in Italia in corsa verso il riconoscimento dell’IGP (Indicazione Geografica Protetta). Questa certificazione, che offre al consumatore un’importante garanzia sulla provenienza del prodotto, segue alla prima (e unica per ora) DOP, quella del Miele di Acacia e Castagno della Lunigiana.

Sulle tavole degli italiani si consumano ogni anno quasi 400 grammi di miele a testa, con un interesse ed una conoscenza in continua crescita tra il grande pubblico. Nel settore operano ben 50.000 apicoltori, con 1,1 milioni di alveari che ospitano una popolazione di 55 miliardi di api. Il giro d’affari dell’apicoltura italiana è di 60 milioni di euro, ma arriva a 2,5 miliardi se si considera il servizio di impollinazione fornito dalle api all’agricoltura.

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