Vino, in Italia, fa per forza di cose fa rima con finanza, visto che il giro d’affari che il frutto delle vigne e della sapienza dei produttori si aggira, ad oggi intorno ai 9 miliardi di euro. Ma se per limitare i problemi legati alla vitivinicoltura ci sono enologi e agronomi, per limitare i rischi legati agli investimenti ecco che intervengono gli economisti con strumenti come futures e options. Ad affermarlo è Robert C. Merton, premio Nobel per l’economia nel 1997, “inventore” insieme a Blak e Scholes della matematica delle opzioni.
In un’intervista esclusiva, a www.winenews.tv, l’economista Merton ha dichiarato che “nel mondo del vino esistono strumenti finanziari che permettono di investire e limitare i margini di rischio, come i futures - che sono contratti standard con i quali si può acquistare una merce o un prodotto finanziario in una data e a un prezzo e a un dato prefissato - o le opzioni - titoli derivati che conferiscono al possessore il diritto, ma non l’obbligo, di acquistare o vendere il titolo sul quale l'opzione stessa è scritta, ad un determinato prezzo (strike price) o entro una determinata data, che consentono ai produttori di investire senza rischiare troppo in un campo che non possono controllare, lasciandoli così liberi - ha aggiunto Merton - di occuparsi di ciò che possono invece controllare, ossia la scelta dei vitigni, dei terreni e dei metodi di vinificazione”.
Una buona notizia, perchè gia produrre vino presenta rischi non indifferenti: un’annata cattiva, una malattia delle viti o una grandinata settembrina rischiano di far sfumare il lavoro di mesi, e di conseguenza, anche soldi e guadagni. Figurarsi poi, se alle imprevedibilità dei Madre Natura si uniscono quelle dell’investimento finanziario giocato in borsa, mercato mobile per definizione.
Questi strumenti tra l’altro, secondo il l’autorevole economista, “consentono alle aziende italiane, per la maggior parte di piccole e medie dimensioni, di essere competitive sul mercato senza avere l’obbligo di crescere in termini di grandezza”. Niente di meglio allora, per un panorama vitivinicolo come quello italiano, che sotto l’egida condivisa della ricerca della qualità, ha fatto delle dimensioni ridotte e delle diversità delle aziende, intese come particolarità di caratteristiche uniche e inimitabili, due punti di forza riconosciuti nel mondo.
L’evento - Vino e finanza: matrimonio possibile? Il 4 ottobre convegno a Siena
Il tema “vino & finanza” è stato ampliamente analizzato negli anni passati. Ma è sempre di grande attualità, e così, l’Enoteca Italiana, su idea del suo direttore Fabio Carlesi, è voluta tornare a discutere sull’argomento, organizzando una tavola rotonda dal tema “Vino e finanza: matrimonio possibile?”.
Ne discuteranno il 4 ottobre (ore 17, 30), a Siena, alla Fortezza Medicea, Giuseppe Mussari, presidente Banca Monte dei Paschi di Siena, Pietro Mastroberardino, presidente Federvini, Rolando Chiossi, presidente Gruppo Italiano Vini, Lamberto Vallarino Gancia, presidente della Gancia & C. Ad introdurre la tavola rotonda, condotta dal giornalista Stefano Bisi, direttore de Il Corriere di Siena, sarà il giornalista de Il Sole 24 Ore Nicola Dante Basile, autore del libro I “Cavalieri della Tavola”.
Sul tappeto, il confronto in atto tra la tendenza alla globalizzazione delle grandi imprese nel mondo e l’ideologia dei piccoli produttori, più vicini ad un “umanesimo” del vino, legato a territorio e tradizione, sullo sfondo di dati economici che disegnano, a livello internazionale, un mercato in crescita, con + 10,1% nei ricavi e utili a quota + 18,4%. E in Italia? I numeri della ripresa sono più contenuti. A contendersi la leadership nel settore, soltanto due grandi famiglie (Antinori e Gancia), tra le cinque aziende che secondo Mediobanca hanno un fatturato significativo: Caviro (238,9 milioni Euro), Gruppo Italiano Vini (236 milioni); Cavit (173,5 milioni), Antinori (116,6 milioni) e Gancia (96,5 milioni).
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