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ARRIVA IL DIZIONARIO PASSEPARTOUT, IN VIGNA E ALL'OSTERIA: LO HA PROMOSSO L’ASSESSORATO ALL’AGRICOLTURA DELLA REGIONE LAZIO E L’INSOR

Uno studio sulle parole della cultura contadina per recuperare la memoria storica dei territori rurali: così si presenta il quaderno di informazione socio-economica n. 14 “Vecchio Lazio: i vocaboli delle pratiche colturali” di Ugo Gualazzini, edito dall’Assessorato all’Agricoltura della Regione Lazio e dall’Istituto nazionale di sociologia rurale (Insor).
La ricerca testimonia, dice l'assessore Daniela Valentini nella prefazione, come il Lazio sia “una regione dove è ancora forte la tradizionale vocazione rurale. Patrimonio culturale che il progetto di sviluppo locale dell'Assessorato mira a recuperare per farne un volano di rilancio dell'economia territoriale e per far leva sul senso di appartenenza. Le parole - osserva Valentini - testimoniano la nostra storia delle pratiche agricole e i sentimenti di passione, pazienza e ansia che scandiscono i lavori nei campi. E attraverso lo studio delle trasformazioni linguistiche vogliamo valorizzare espressioni vive e tipiche”.
Una cultura contadina che ha fatto scuola all’insegna della globalizzazione se si pensa che oggi qualunque azienda può essere identificata come “podere”, termine un tempo riservato solo alle aree di mezzadria viterbese o, al massimo, della Sabina. Nel Lazio lo spartiacque che identifica la separazione linguistica principale è costituito dalla linea ideale Roma-Ancona, che ricalca la geografia pre-romana con a Nord i territori di lingua etrusca e a Sud le popolazioni linguisticamente appartenenti al gruppo indoeuropeo, ovvero Umbri, Sabini e Latini con peculiarità sud-ciociare. Tra le comparazioni più interessanti quelle legate alla viticoltura: nel viterbese per la piegatura e la legatura dei tralci si usano verbi come “torce, amposta”, corcà, sbassà, ricoijé mentre la sfogliatura settembrina è la “spampanatura”. In ciociaria i pergolati, notoriamente di grande produttività sono chiamati “scacciadebito” mentre i vini rossi dai mosti molto scuri sono i “calamari” (da calamaio) o “cinese” come l’inchiostro nero o inchiostro di china.
Se poi si ha in programma una gita ai Castelli romani il libro offre un vero e proprio vocabolarietto passepartout: per ordinare una foglietta (brocca da mezzo litro) di abboccato (vino rosso tendente al dolce, frizzante) preso da un quartarolo (barile da 15 litri) in una fraschetta o allo stario (osteria), senza finire in un “cafariello”, osteria di campagna con licenza temporanea e di ordine inferiore alla bettola. Il volume non è in vendita, ma si può richiedere all’Assessorato all’Agricoltura della Regione Lazio.

Antonio Boco

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