Nei comuni ad alta vocazione enologica si vive meglio e più volentieri. La conferma arriva da una ricerca sui territori delle Città del Vino (548 Comuni e 21 Province, Comunità Montane, Strade del Vino) condotta da Antonio Percario, docente di Economia del Turismo all’Università di Perugia.
In vent’anni (dal 1987 al 2006), infatti, le Città del Vino hanno registrato un + 10% di popolazione (in esatta contrapposizione alle piccole città a scarsa vocazione enologica) e, nello stesso periodo, importante è stato nei borghi del vino l’incremento di enoteche (+60%) e di ristoranti (101%), che hanno creato nuova occupazione e più qualificata (+ 82% di addetti nelle enoteche e + 176% nei ristoranti).
Le Città del Vino sono il 6,7% dei comuni italiani, ma rappresentano il 70% del vigneto Italia, il 15% dell’offerta turistico ricettiva, il 22% degli agriturismi, l’89% dei vini a denominazione di origine.
I vini doc e i prodotti dop sono quindi una risorsa su cui investire che collega le radici dei territori alle tradizioni: “il nostro principale obiettivo - annuncia Valentino Valentini, presidente di Città del Vino - per i prossimi anni sarà quello di sviluppare intorno ai prodotti locali ed enogastronomici, tutte quelle attività che permettano una migliore qualità della vita sul territorio, per i consumatori e gli abitanti, in modo da invogliare sempre più persone a vivere nelle Città del Vino. La grande sfida che ci attende sarà quella di trasformare in destinazione turistica, organizzata per servizi e capacità di accoglienza, un numero sempre maggiore di territori rurali”.
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