La vendemmia 2009, secondo le prime previsioni, seppur un po’ premature, promette ottima qualità e quantitativi altrettanto buoni. Buone notizie, senza dubbio. Ma in un momento di congiuntura particolarmente difficile come quello che sta attraversando globalmente l’economia, è utile anche cercare di delineare lo scenario che attende l’ultima produzione enologica italiana.
Winenews ha chiesto cosa ne pensano ad alcuni tra i protagonisti più importanti del mondo del vino del Bel Paese. Emilio Pedron, amministratore delegato del Gruppo Italiano Vini, la prima azienda vinicola italiana per dimensioni concorda sulle previsioni quantitative e qualitative della vendemmia 2009, “buone un po’ dappertutto, dal Trentino alla Sicilia, con condizioni che raramente capita di poter vedere. Ma quello che preoccupa è l’andamento economico, specialmente per quanto riguarda il prezzo delle uve, e questo non soltanto perché i mercati fanno fatica a livello generale, ma anche perché tutti gli operatori della filiera scaricano le loro difficoltà e le loro preoccupazione sul primo anello della filiera stessa, cioè quello della produzione di uva. Ecco che quindi - continua Pedron - i produttori di uva si trovano a dover sopportare tutte le difficoltà che vengono dopo. Questa, purtroppo, non sarà una condizione facilmente superabile e toglie sicuramente equilibrio alla filiera, e porterà anche a qualche squilibrio tendenzialmente devastante. Il prezzo delle uve non paga assolutamente i costi per la sua produzione, e il primo anello della catena viene quindi a trovarsi in un momento di crisi molto pesante. Non siamo mai corretti nel valutare la filiera produttiva, e ci fermiamo solo alla parte più “visibile”, cioè a quella che riguarda la tenuta dei consumi e qualche volta del prezzo. Gli operatori vitivinicoli - aggiunge Pedron - sanno difendere le proprie posizioni di mercato soltanto abbassando il prezzo della loro produzione. Anche questo è sbagliato perché dovremmo essere capaci di usare strategie e strumenti di marketing più raffinati. Tutti - aggiunge- continuiamo a dire che il mercato va male, ma non è vero. Il mercato del vino sostanzialmente tiene però continuando a praticare soltanto una politica al ribasso dei prezzi, succede che le uve non vengono pagate al giusto valore e la cooperazione non liquida in modo corretto i suoi soci. Il vino soffre la crisi, evidentemente, per i problemi di mercato- conclude l’amministratore delegato del Giv - ma anche perché la sua struttura di filiera non è capace di raggiungere gli adeguati equilibri interni”.
Dal pericolo del ribasso selvaggio dei prezzi mette in guardia anche Marco Caprai, il produttore che ha rilanciato il Sagrantino di Montefalco nel mondo: “in questo momento dobbiamo riguardare un po’ l’offerta - spiega - ma è chiaro che è inutile svendere sul mercato bottiglie pregiate, che sarebbe un danno ulteriore. Quindi dobbiamo cercare di produrre meno e produrre meglio. Nel mercato mondiale il nostro Paese potrà giocare ancora di più la carta dell’innalzamento qualitativo. È chiaro che ognuno farà i sui conti. Le nostre sono aziende di livello medio alto, e sono aziende agricole, che avranno la possibilità di gestirsi la programmazione produttiva. Essendo per altro aziende che producono vini invecchiati, bisogna guardare a tre-quattro anni, e speriamo che per allora la crisi abbia allentato il passo e si entri in una fase di nuovo sviluppo. Bisogna fare molta attenzione, perché poi a riconquistare posizioni si fa tanta fatica”.
Sulla qualità punta anche Michele Bernetti, alla guida della Umani Ronchi, una delle più importanti cantine delle Marche e d’Italia: “noi produttori siamo abbastanza abituati ad avere una regolarità di produzione, la vigna produce un tot ogni anno e siamo abituati a questo confronto, non è che la possiamo mandare in cassa integrazione - racconta con una battuta Bernetti - poi all’interno della produzione annuale c’è una diversa ripartizione per prodotti di fascia alta e di fascia media. Per quest’anno c’è una buona qualità, e questo, dato il momento economico difficile, è importante, perché comunque ci garantisce un prodotto valido e quindi più facile da muovere nel mercato. Il momento è complicato, ma siamo abituati a lavorare duro, fortunatamente abbiamo un panorama mondiale, e non tutti i mercati sono così in difficoltà. Quelli asiatici stanno rispondendo bene, in Nord America non possiamo lamentarci, quindi alla fine non sono troppo pessimista. In questo momento credo che tutti ridurranno un po’ la produzione dei prodotti più cari, che sono comunque importanti perché mantengono dei buoni margini all’interno del bilancio aziendale, sono vini strategici, ma forse, ora, più difficili da collocare nel mercato, e quindi le aziende rimoduleranno l’offerta”.
C’è chi confida, invece, in una programmazione a lungo termine, impostata già dagli anni passati, come Maurizio Zanella, l’uomo che ha inventato la maison Ca’ del Bosco, e, da poco, presidente del Consorzio del Franciacorta, dove “si prevede per questa vendemmia un certo calo della produzione, nell’ordine del 7-8% rispetto al 2008. Il Consorzio aveva già chiesto e ottenuto dalla Regione Lombardia la riduzione delle rese massime, da 110 a 95 quintali ad ettaro. Questo è un primo punto - prosegue Zanella - che fa capire la posizione dei produttori su un problema viticolo, tengo a sottolinearlo, e non commerciale. La situazione delle vendite del Franciacorta è stazionaria non è in calo, ma neppure in crescita. Gli stock sono adeguati ad una crescita ragionata e pensiamo - conclude il Presidente - di gestire questa vendemmia abbastanza agevolmente per quanto riguarda il rapporto fra uva prodotta e necessità di vino per la commercializzazione”.
Più duro invece lo scenario dipinto da Sicilia Diego Planeta, autore del rinascimento enologico della Sicilia e presidente della Cantina Settesoli: “le aziende più forti comunque resistono, avranno dei cali, certo, ma resistono. Quelle più deboli, invece... non vorrei essere nelle loro situazioni. Vedo, per esempio - prosegue Planeta - le grandi masse di vino nelle mani della cooperazione, veramente con problemi enormi ed un futuro molto grigio. Non credo che in Sicilia - puntualizza - ci sarà una grande produzione dal punto di vista quantitativo, anzi dovrebbe essere inferiore a quella dell’anno scarso, ma comunque è un bel problema. Se parliamo del segmento dei vini “top”, che ha le sue posizioni ormai consolidate, certamente avrà anche’esso delle flessioni, ma non così problematiche. Se parliamo, invece, del segmento del vino di prezzo, veramente c’è da mettersi le mani nei capelli. L’Italia non può certo bersi tutto il vino che produce - continua Planeta - poi c’è da aggiungere la poco centrata campagna anti-alcol che mette assieme i liquori da sballo con il vino, che pone decisamente ulteriori difficoltà. All’estero, la concorrenza che arriva dai Paesi terzi è una concorrenza talmente violenta che l’unica cosa da fare è aspettare che si esaurisca. I paesi del Sud America o l’Australia non potranno permettersi a lungo di vendere grandi quantità di vino sfuso a 50 centesimi di dollaro, anche per loro non sono prezzi remunerativi. Secondo me - conclude Planeta - avremo qualche anno molto difficile, dopo di che i più deboli crolleranno e chi rimane in piedi, rimane in piedi”.
Copyright © 2000/2024
Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit
Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024