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Vino: italiani, meglio brindare in casa che al ristorante ... Gli italiani preferiscono bere vino in casa piuttosto che al ristorante, più per effetto delle sempre più dure leggi contro l’alcol che per la situazione economica. Lo rivela un’indagine di www.winenews.it, uno dei siti più cliccati dagli enoappassionati, condotta su 25 importanti realtà vinicole italiane e presentata al ‘Wine Show’ di Torino. Secondo l’inchiesta le vendite di vino mostrano qualche leggero segnale di ripresa sui mercati esteri, più colpiti dalla crisi, e consumi stabili su quello interno, dopo l’immobilismo registrato tra 2008 ed inizio 2009. Qualche timido segnale positivo arriva dal mercato Usa, dove, a gennaio, gli acquirenti non volevano neanche assaggiare le nuove annate, per mancanza di liquidità per nuovi acquisti, ma ad agosto, complice anche il progressivo svuotamento degli stock, hanno cominciato ad assaggiare i nuovi vini, e, finalmente, ad ottobre 2009, hanno iniziato a comprare qualcosa. È cambiato però il target della domanda, che si e’ riposizionata su vini meno costosi, incidendo negativamente sulle bottiglie che allo scaffale superano la soglia psicologica dei 10 dollari. In più, bisogna fare attenzione alla debolezza del dollaro che, se la situazione non cambia, potrebbe aggiungersi al già debole dinamismo del fondamentale mercato americano. Ma tra i produttori e’ diffusa la convinzione che i numeri dell’export verso gli States non torneranno ai livelli di qualche anno fa, con tante etichette destinate a sparire dagli scaffali e dalle carte dei ristoranti a stelle e strisce più importanti. Più reattivi sembrerebbero, invece, i nuovi mercati del vino, soprattutto Giappone, Cina e Russia, dove si punta però sempre più sui marchi affermati, e dove i numeri di partenza sono comunque relativamente bassi. Più eterogenea la situazione in Europa, che, specialmente per i piccoli produttori, continua a rappresentare il mercato di riferimento (Germania e Gran Bretagna assorbono circa un terzo del nostro export viticolo). I segnali di ripresa, comunque, non sono fortissimi e le dinamiche della domanda restano molto lente. Molti degli imprenditori, sentiti da www.winenews.it, vedono pronta a ripartire soprattutto la Germania, mentre e’ più lenta la ripresa della Gran Bretagna, che va male anche per il vino sfuso, a causa di una crisi importante delle “private label” della Grande Distribuzione Organizzata (Gdo) inglese. Venendo all’Italia, tiene abbastanza - conferma la mini-inchiesta di WineNews - il canale della Grande Distribuzione Organizzata (Gdo), dove addirittura qualche produttore indica una crescita dei vini tra i 5 e i 7 euro di prezzo, a sottolineare che il consumo si e’ spostato nelle case, ma la vendita nei ristoranti e, in generale, il consumo cosiddetto “fuori casa”, sembra decisamente in diminuzione. Anche in Italia, riescono a lavorare bene i marchi affermati (il brand conta sempre di più) e le aziende con un’organizzazione commerciale solida, dato che il mercato delle curiosità e delle novità enologiche e’ praticamente scomparso. A complicare la situazione, oltre alle difficoltà di mercato, c’e’ anche la situazione finanziaria, con i produttori che lamentano un grande allungamento dei tempi di pagamento delle forniture già consegnate. Ma, insieme all’aspetto economico, a preoccupare i produttori, stando alla piccola indagine di WineNews, è anche quello sociale, a causa del clima imperante di neo proibizionismo (campagna anti-alcol, “terrore” per i controlli sempre più duri e capillari sui guidatori), che ormai entrato nell’immaginario collettivo, comincia a diventare un serio problema e comincia anche ad incidere sui consumi, prefigurando un vero e proprio mutamento dei paradigmi degli stili di consumo.

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