Annullare in anticipo le alterazioni in vigna per dare ogni anno il miglior vino possibile: a Montalcino, con il Brunello 2010, già lo hanno fatto. Ed è un’ottima notizia per l’enologia ed i grandi rossi italiani e, soprattutto, per produttori, consumatori, ristoratori ed appassionati che vedono nel Brunello, oltreché uno dei più grandi vini del mondo, un’emozione ed uno status symbol, anche un investimento. Non il vino perfetto che non esiste, ma quello che, per caratteristiche del terroir, anno per anno e nel rispetto della specificità di ogni cru, più si avvicina a quello ideale. A dirlo è una ricerca, presentata a Montalcino, ieri (da anticipata da WineNews) nell’evento “Benvenuto Brunello”, da tre esperti di fama internazionale: Giampiero Maracchi, professore ordinario di agrometeorologia all’Università di Firenze ed ex-direttore dell’Istituto di biometereologia (Ibimet), Attilio Scienza, professore ordinario di viticultura all’Università di Milano e uno dei massimi esperti di al mondo di fisiologia della vite, e Riccardo Cotarella, enologo e consulente in alcune delle più prestigiose cantine italiane.
Sarà, dunque, possibile ottenere per tutte le annate un vino atto al lungo invecchiamento e con una elevata stabilità cromatica. Un risultato possibile solo a Montalcino, dove il saper fare dei produttori conferma il territorio al vertice dell’enologia mondiale. Un’ottima notizia per i grandi rossi ma soprattutto per produttori, consumatori ed investitori che avranno sempre la garanzia di un prodotto di altissima qualità.
Una diagnosi scientifica, condotta sulla vendemmia 2010, che, in sostanza, dice che si può programmare in anticipo la raccolta e ciò permetterebbe a ciascun produttore di ottimizzare la composizione chimica dell’uva garantendo in tutte le annate un vino atto al lungo invecchiamento, evitando sovramaturazioni che spesso tolgono finezza al vino e lo fanno diventare troppo alcolico. Analogamente la composizione polifenolica equilibrata (tannini ed antociani) consente di produrre Sangiovese con una elevata stabilità cromatica nel corso dell’invecchiamento e della conservazione presso il consumatore.
“Un risultato - commenta il presidente del Consorzio del Brunello di Montalcino, Ezio Rivella - che ci conferma alla guida dell’enologia internazionale per la capacità di investire sul territorio e innovare costantemente la produzione, per garantire l’eccellenza che un grande bene come il nostro deve sempre avere”.
L’analisi è partita da tre tipologie di dati dell’anno 2010 a Montalcino, comparati con quelli dell’ultimo decennio: quelli meteorologici (quantità, carattere delle piogge e temperature), quelli sulla maturazione enologica e polifenolica dell’uva, che vengono rilevati dal Consorzio in 6 zone di Montalcino nella fase prevendemmiale, e infine quelli derivati dalle analisi sui mosti e i sui vini effettuate dal Consorzio del Brunello in gennaio. Di qui l’elaborazione del modello che rende possibile prevedere il momento migliore per la vendemmia e quindi anticipare eventuali alterazioni dovute alla troppa o troppo poca permanenza dell’uva in vigna. Oltre alle informazioni sull’annata 2010, i dati permettono di evidenziare che Montalcino è un’area enologica d’eccellenza, uno dei pochi posti nel mondo in cui è possibile produrre con regolarità vini di altissimo livello usando un solo vitigno, cosa che accomuna Montalcino a pochissimi altri luoghi eletti, come la Borgogna, con il Pinot Noir, o la valle del Rodano, per il Syrah. Negli ultimi 10 anni, il Brunello ha avuto quattro annate eccellenti e quattro a 4 stelle e solo due vendemmie deludenti.
Montalcino, secondo gli esperti “rappresenta un ambiente ideale per l’applicazione dei modelli di previsione: dispone di una importante banca dati che in questi anni ha costruito pazientemente il Consorzio, coltiva un solo vitigno, il Sangiovese e malgrado la sua orografia fatta di versanti, altitudini ed esposizioni diverse ha un clima temperato caldo che nella parte verso la Val d’Orcia è continentale almeno alle altitudini maggiori, mentre è influenzato dal mare verso il Tirreno. La presenza di una notevole costanza nella successione delle fasi fenologiche è aiutata anche da una composizione fisica del suolo che non espone mai la vite a gravi rischi di siccità. Anche il viticoltore ha la sua importanza, in quanto pratica una viticoltura in grande armonia con l’ambiente, attuando forme di allevamento, di gestione della chioma, di controllo della produzione, di lavorazioni del suolo che hanno un effetto stabilizzatore sulle risposte della pianta nei confronti di annate con andamenti climatici anche molto diversi”.
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