Il Friuli Venezia Giulia del vino riparte dalla promozione del Friulano: il grande bianco che fu Tocai e non lo è più dopo la querelle con l’Ungheria che produce un vino “omonimo” ma completamente, decisa dall’Unione europea a favore del Paese magiaro, punta forte su Vinitaly 2011 per il secondo step del suo rilancio. “A Vinitaly nel 2010 abbiamo utilizzato il termine Friulano - spiega a WineNews l’assessore all’Agricoltura della Regione, Claudio Violino - un marchio che allora ha creato polemica ma che si è fatto conoscere. Quest’anno puntiamo a sdoganare questo marchio, a farlo riconoscere non come provocazione o polemica ma come normale utilizzo da parte dei produttori, immedesimando i produttori con il marchio: il marchio ha valore solo se, in primis, viene riconosciuto dai produttori, solo in seconda parte dai consumatori”.
Un momento importante, con cui parte anche la competenza dell’assessorato in tema di promozione di tutto l’agroalimentare friulano, grazie a Ersa Fvg - Agenzia Regionale per lo Sviluppo Rurale (www.ersa.fvg.it), che arriva insieme ad una cospicua parte dei 10 milioni di euro (8 dal Ministero dell’Agricoltura e 2 dalla Regione, ndr), stanziati per “risarcire” i produttori friulani e aiutarli nel rilancio del nuovo marchio. “Abbiamo ricevuto una prima tranche da 4 milioni ai quali abbiamo aggiunto 2 milioni della Regione, più recentemente è arrivato un altro milione e mezzo ed a brevissimo arriverà un altro milione e mezzo. Al massimo per l’inizio del 2012 arriveremo ad avere i 10 milioni che ci competono. La maggior parte è già comunque in saccoccia”, spiega Violino, che illustra così le strategie future: “vogliamo promuovere il nuovo nome, non più “Tocai Friulano”, ma solamente “Friulano”, inteso come sostantivo ma anche come aggettivo e sinonimo di tutto l’agroalimentare friulano e di una terra che produce tra i migliori vini bianchi al mondo. E il termine “Friulano” pare una scelta felice: abbina un nome ad un territorio, sull’esempio del Chianti, del Bordeaux, dello Champagne piuttosto che del Borgogna. E questo è importantissimo. Le scelte di base sono quelle di dover far capire ai produttori che il Friulano deve diventare l’ambasciatore dell’agroalimentare del Friuli Venezia Giulia. Dietro c’è un obiettivo di cauterizzazione tecnica del vitigno, di capacità e di standardizzazione, quindi di questioni tecniche. Dall’altra parte vorremmo che il momento dell’utilizzo di questo budget rappresenti un momento di unione tra i produttori, delle Doc, per fare massa critica ed economia di scala, così da puntare con forza a un pacchetto promozionale che oltrepassi i confini regionali e permetta di far conoscere con tutti i metodi interattivi e nel mondo la bontà delle nostre produzioni e del Friulano, inteso come ex Tocai, ma anche come prodotto agroalimentare friulano e, forzando il ragionamento, anche come territorio friulano”. Anche perché agroalimentare di qualità e di territorio fa sempre più rima con turismo: “certamente, agroalimentare ed enogastronomia sono due sinonimi e basi del turismo. Vogliamo promuovere le nostre produzioni attraverso il turismo per poi venderle all’estero. Ma soprattutto attraverso il vino far sì che i consumatori all’estero vengano a conoscere le terre in cui si producono quei prodotti agroalimentari e dire loro: “questo è il nostro vino, è buono, venite a vedere come si produce, qual è il know how del produttore, la cultura, il terroir che stanno dietro ad una bottiglia di vino, ad un’etichetta ad un prodotto”.
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