162 miliardi di dollari, 1,1 milioni di posti di lavoro: tanto vale, negli Stati Uniti, l’economia legata al mondo del vino. Un’economia in cui l’Italia gioca un ruolo fondamentale, visto che da tempo è il primo Paese “fornitore” di vino straniero negli States, in volume e valore. E così come i produttori italiani hanno a cuore il fondamentale mercato americano, che da solo vale quasi il 25% di tutto l’export enoico del Belpaese, allo stesso modo l’America ha premura che il vino italiano continui a godere di buona salute.
Anche perché non si può dormire sugli allori: se nel 2011 le importazioni di vino italiano negli States sono cresciute del 16% sul 2010 per un valore record di 1,25 miliardi di euro, la prima parte del 2012 ha mostrato qualche segnale di flessione. E così, per la prima volta, oggi a Washington (nella tarda serata in Italia), alcuni dei produttori top del vino italiano (da Banfi a Ferrari, da Zonin e Gruppo Italiano Vini, da Allegrini a Terredora), insieme a Vinitaly, incontreranno l’Us Congressual Wine Caucus, una sorta di commissione parlamentare “informale”, ma dal peso lobbyistico importante sulle normative di settore (conta più di 200 deputati e 15 senatori “bipartisan” del Congresso degli Stati Uniti), fondata nel 1999 da Mike Thompson proprio per la tutela del vino, della sua cultura e del suo peso economico negli States.
“È un incontro di importanza storica - spiega a WineNews il direttore generale di VeronaFiere Giovanni Mantovani - perché per la prima volta una Commissione del Congresso Usa dedica una sessione di lavoro al vino italiano, e questo grazie al nostro lavoro come Vinitaly, ma anche a quello dell’Ambasciatore italiano a Washington, Claudio Bisognero, e al lavoro che in questi anni ha fatto il Ministero dell’Agricoltura con gli Usa. E credo che questo lavoro di sistema sia un segno molto positivo di come, quando ci si muove di concerto, si riescano ad ottenere risultati importanti. Si parlerà della regolamentazione del settore vinicolo, del tema della certezza sulle dichiarazioni nelle etichette dei nostri prodotti e sulle quali si è ormai raggiunto un livello di confidenza molto elevato, per favorire l’ulteriore sviluppo del nostro vino in Usa”.
Focus - Per la prima volta, alcuni tra i più rappresentativi produttori italiani, insieme a Vinitaly, hanno incontrato a Washington l’Us Congressual Wine Caucus. Ma da dove nasce il legame tra gli Usa ed il vino italiano? la parola ai produttori
Per la prima volta, ieri, alcuni dei produttori più rappresentativi del panorama enoico italiano (da Banfi a Ferrari, da Zonin e Gruppo Italiano Vini, da Allegrini a Terredora), insieme a Vinitaly, hanno incontrato a Washington l’Us Congressual Wine Caucus, una commissione parlamentare “informale”, ma dal peso lobbyistico importante sulle normative di settore (conta più di 200 deputati e 15 senatori “bipartisan” del Congresso degli Stati Uniti). Un passo importante per il comparto, perché testimonia di quanto gli Stati uniti siano importanti per la nostra produzione, ed allo stesso tempo di quanto agli Usa stia a cuore la salute del vino tricolore.
Ma cosa c’è dietro ad un legame così forte, ad una passione che non si affievolisce mai? Lo abbiamo chiesto ai protagonisti, i produttori, il giorno dopo lo storico incontro. “Penso che il successo del vino italiano negli Usa - racconta Matteo Lunelli, presidente Cantine Ferrari - sia dovuto ad un affetto profondo e ampiamente diffuso che molti americani provano per l’Italia: apprezzano la nostra cultura, la nostra moda, il nostro design, la nostra cucina ed i nostri vini. La ragione che sta alla base del successo delle nostre bollicine è che rappresentano perfettamente l’arte del vivere all’italiana”. Per Cristina Mariani May, Ceo Banfi, invece, “con la comunicazione che abbiamo fatto nel secolo passato, raccontando la cultura del wine & food tricolore, con moderazione per una dieta sana, oggi gli americani sono più aperti all’educazione. La nostra speranza è che, condividendo le conoscenze di produttori di qualità, importatori e Congresso Usa, il consumatore americano possa continuare a sviluppare un sano rispetto ed un amore positivo per il buon vino”.
A rappresentare il Giv-Gruppo Italiano Vini, gli storici importatori a stelle & strisce Frederick Wildman and Sons, soci del gruppo, che spiegano come “l’aumento del consumo di vino di qualità negli Stati Uniti è andato di pari passo con il miglioramento qualitativo di tutti i produttori del nostro gruppo, da Nino Negri nel Nord della Penisola a Folonari in Veneto, fino a Rapitalà in Sicilia, che ha portato ad una crescita delle vendite ed a una maggiore visibilità per il brand Gruppo Italiano Vini (Giv)”.
Copyright © 2000/2024
Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit
Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024