02-Planeta_manchette_175x100
Consorzio Collio 2024 (175x100)

LA “SCHIAVA DI ROMA”: IL PATTO BERSANI-RENZI SIGLIATO AL RISTORANTE “GRANO” A ROMA INNAFFIATO CON MENZENHOF, ROSSO ALTOATESINO DA UVE SCHIAVA DI COLTERENZIO TESTIMONE DI COME LA POLITICA IN ITALIA DA SEMPRE SI FA ANCHE A TAVOLA, DA CRAXI A BERLUSCONI

Italia
Al ristorante, Bersani e Renzi. brindisi con la Schiava di Colterenzio

Per caso, senza dubbio, ma fatto sta che non poteva che esserci combinazione più curiosa di una “schiava di Roma” nel bicchiere per accompagnare il patto del “Grano”, com’è stato ribattezzato - dal nome del ristorante di piazza Rondanini a metà strada tra Camera e Senato - quello sancito ieri a tavola tra gli ex sfidanti alle primarie del Pd Pier Luigi Bersani e Matteo Renzi per la campagna elettorale, tra un piatto di carne ed un calice di vino, un Menzenhof della cantina Colterenzio, rosso altoatesino da uve schiava (come si vede in foto, nessuna indiscrezione invece dal ristorante sentito da WineNews, nemmeno sulla denominazione: “vino rosso, sì, ma l’etichetta è top secret. Non toscano comunque”, visto che si è parlato di Brunello, ndr). Testimone di quello che è solo l’ultimo esempio di come la politica, da sempre, si fa anche a tavola, in quei “ristoranti del potere” della Roma dei palazzi. Dove discutere di maggioranze, governi, riforme e provvedimenti di legge davanti a un piatto di carbonara o a una tartare di filetto è un tratto caratteristico dei politici italiani che li hanno resi famosi: lo era nella prima Repubblica, lo è nella seconda. Con il buon cibo ed il buon bere che diventano l’unico punto capace di mettere tutti d’accordo, da sinistra a destra, perché anche per i piani alti della politica è impossibile resistere al piacere della buona tavola.

Ci si divide nelle correnti di partito, oggi come ieri, ma poi, specialmente di sera, si va a banchettare tutti insieme per decidere strategie e candidature. E nonostante la crisi, la mappa delle cucine amate dal potere non conosce crisi. Anzi, ogni anno si arricchisce di qualche new entry. Deputati e senatori scelgono un ristorante per comodità, vicinanza, discrezione, possibilità di lavorare mangiando. Poi ci sono quelli che, se deve essere, meglio buono. Ed ecco emergere una topografia dei locali cari ai parlamentari, che gravitano quasi tutti a portata di passeggiata (o al massimo auto blu) dai palazzi che contano. La tipologia varia secondo il palato. Si va da “Il Sanlorenzo”, di Campo de’ Fiori all’“Enoteca al Parlamento” di “Achilli”, in via dei Prefetti, che già nel nome denuncia la sua vocazione politica, e che ha tra i suoi atout, il fatto che la sala ristorante non è su strada ma vi si accede soltanto suonando un campanello. Scelta più classica quella del “Bolognese” in piazza del Popolo, molto amato dai deputati nordisti, che ritrovano la cucina di casa (il suo must è il bollito).

Il tour gastronomico-politico si concentra nelle zone più vicine ai palazzi della politica, nel cuore di Roma. Ai tempi di Bettino Craxi e Arnaldo Forlani tra le mete più gettonate c’era il “Tartarughino”, in via della Scrofa, dove non era raro incontrare il segretario del Pli Renato Altissimo, sempre abbronzato e assiduo frequentatore, insieme al collega di partito ed ex Ministro della Sanità Francesco De Lorenzo e all’andreottiano Vittorio Sbardella, della trattoria “Ai Due Ladroni”, in Piazza Nicosia, a metà strada tra Montecitorio e Palazzo Madama. Oggi i fedelissimi del Cavaliere si danno appuntamento da “Mimmo”, sempre in via della Scrofa, mentre i “Responsabili” si gustano la vera pizza napoletana al “Recafè” di Piazza Augusto Imperatore; gli amici di Ignazio La Russa hanno scelto come ritrovo conviviale il ristorante “Galleria” nella Galleria Alberto Sordi. Ben frequentata dai politici anche la storica trattoria romanesca da “Gino”, a un passo da piazza del Parlamento: un trionfo di saltimbocca alla romana, coda alla vaccinara, coratella e trippa che hanno sicuramente gratificato generazioni di politici, a destra come a sinistra. Un evergreen è il ristorante da “Fortunato”, storico, centralissimo locale. Altra trattoria storica per il connubio tra gastronomia e politica è “Il Moro” , a pochi metri da Fontana di Trevi, una delle mete preferite dal coordinatore del Pdl Denis Verdini.

Via Veneto è stata palcoscenico della dolce vita degli anni Cinquanta, resa immortale dal maestro Fellini. Oggi è una delle mete gastronomiche dei politici. Tappa obbligata, soprattutto per i deputati siciliani, è la cucina di Filippo La Mantia all’hotel Majestic, anche se lui giura di essere prediletto da quelli del Nord impazziti per la cassata, il cous cous o la caponata, piatto povero che qui si fa ricco di antichi sapori. All’“Harry’s Bar” la governatrice del Lazio Renata Polverini ha incontrato il premier Berlusconi e gli assessori e consiglieri alla vigilia del suo insediamento alla Pisana. Al “Tuna” , spesso cenavano Umberto Bossi, Giulio Tremonti e Roberto Calderoli. Altra meta dei politici amanti della buona tavola è la “Fiaschetteria Beltramme”, storico ristorante di via della Croce, così come molte cene a base di pizza e politica si sono tenute, tanto nella prima quanto nella seconda Repubblica, alla “Capricciosa”, a due passi da via del Corso. Berlusconi e Fini, prima dello strappo, hanno pranzato al ristorante chic dell’Hotel de Russie, nell’altrettanto elegante via del Babbuino. Stesse emozioni gastronomiche tipicamente italiane con la cucina dello chef Nazzareno Menghini.

A sinistra, una delle mete preferite, almeno dal Walter Veltroni primo inquilino del loft del Pd, era la tipica trattoria romana da “Alvaro” al Circo Massimo: strategie e bucatini all’amatriciana. Gli esponenti del Carroccio, invece, sono stati spesso avvistati dai cronisti al ristorante “Quattro Colonne”, a un passo da piazza Navona. Il ristorante “San Teodoro”, dietro il Campidoglio, è una meta bipartisan, mentre il sindaco di Roma Alemanno preferisce cenare a Trastevere, all’“Antica Pesa”, uno dei monumenti gastronomici della Capitale. Spesso frequentato dai pidiellini è l’Hotel Valadier. Nella hit parade degli onorevoli c’è anche “Le Tamerici” dalle parti della Fontana di Trevi. Insomma, dovunque vadano a mettere le gambe sotto il tavolo, i politici si mostrano attenti alle novita’ ma non troppo; competenti ma anche distratti; fondamentalmente abitudinari. Pochi credono nella cucina sperimentale, perché gli eletti dal popolo non amano le sorprese. Se Antonello Colonna, nel suo “Open Colonna” (al Palazzo delle Esposizioni), osa molto per un pubblico da set modaiolo in una location davvero cool, molti trovano rifugio alla “Bottega Montecitorio”, in via della Guglia, a due passi dalla Camera dei Deputati. Ci sono poi le scelte regionali. Quelli campani preferiscono invece la fusion parte-nopea e parte orientale dello stellato Francesco Apreda all“Imàgo” dell’Hotel Hassler, in piazza Trinità dei Monti.

Copyright © 2000/2025


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2025

Altri articoli