Nato nel 2009, il progetto Magis è finalmente realtà: dopo anni di ricerca sul vigneto, all’insegna della sostenibilità, i procedimenti teorici si sono fatti pratica, cristallizzandosi nel “Manuale di Sostenibilità”, presentato proprio oggi, a Fieragricola, dal professor Attilio Scienza, tra i massimi esperti di enologia al mondo ed a capo della commissione scientifica che ha guidato le 15 aziende promotrici di Magis fin dall’inizio.
“I contenuti di Magis - spiega il professor Scienza, ordinario di viticoltura all’Università di Milano - sono racchiusi in tre parole: compatibilità, che vuol dire insieme, partecipare, sviluppare qualcosa basandosi su un’idea, proprio come questo progetto, nato non per finalità pratiche e concrete, ma per creare una rete in grado di mettere assieme tutte quelle aziende mosse dalla stessa volontà, e queste con il mondo della ricerca. È un progetto intellettuale, ma poi il percorso ha seguito la direzione della sostenibilità e della ricerca dell’eccellenza, ossia di qualcosa che si colloca al di fuori della norma: per noi, l’eccellenza è fare qualcosa che possa dare di più al vino, al di là degli standard. Anche la stessa parola “Magis”, in latino, ha lo stesso significato, tendere all’eccellenza, nel segno dell’esclusività. Abbiamo condiviso con 15 aziende fondatrici il nostro punto di vista, e le nostre intuizioni hanno utilizzato alcuni strumenti innovativi, senza metterci in competizione con biologico e biodinamico, con i quali siamo in accordo su molte cose, ma noi pensiamo che un’azienda moderna deve fare anche i conti con il mercato e con i costi di produzione, e quindi abbiamo puntato sulla viticultura di precisione e, ovviamente, sulla tecnologia. Abbiamo riportato al centro della produzione il lavoro dell’agronomo, perché anche se il manuale può guidarci, è l’agronomo a prendere le decisioni. Tutto questo - continua il professor Scienza - ha portato alla certificazione (Business Assurrance Certificate) di una società importante ed internazionalmente conosciuta, come la norvegese Dnv”.
Nel futuro di Magis, però, c’è ancora molto, come racconta ancora il professore di viticoltura dell’Università di Milano a WineNews: “abbiamo 100 domande di aziende che vogliono entrare a far parte del progetto, ma non è facile, perché questa non è una certificazione che si dà sulla carta, va conquistata in campagna, va verificato il percorso produttivo in ogni dettaglio. L’obiettivo più importante, però, è quello di un manuale dedicato alla biodiversità, che permetta anche alle aziende più piccole, quelle che non hanno un agronomo interno, attraverso la formazione del viticoltore, per abituarle ad osservare e comprendere il livello di biodiversità del proprio vigneto e correlarlo alla qualità dei suoi interventi. In parole povere: se sbaglio a concimare, o entro tra i filari con un macchinario troppo pesante, se sbaglio qualche tipo di lavorazione, la risposta del mio vigneto sarà rapidissima, avrò minore variabilità floristica, una microfauna diversa, spariranno i lombrichi e quant’altro, e a quel punto un viticoltore abituato a queste dinamiche giudica gli effetti della sua azione e corregge direttamente quello che ha fatto. Poi - conclude Scienza - ci concentreremo su n manuale di cantina”.
Focus - Il progetto Magis è realtà, e gran parte del merito è delle aziende: a Winenews le parole di Leonardo Bettaccini (Agricola San Felice), Fernando Antonio Romano (Conti Zecca), Andrea Buccella (Arcipelago Muratori) e Cristina Ceschin (Pepin de Eto)
Il progetto Magis è finalmente realtà, e gran parte del merito è delle aziende che ci hanno creduto fin dal 2009, perché è tra i loro filari che l’insieme delle teorie scientifiche alla base del concetto di “sostenibilità” si sono fatte pratica, condivisa ed alla portata di tutti. Ma cosa ha spinto i produttori a credere in un sistema di gestione del vigneto innovativo ma tutto da definire? WineNews lo ha chiesto direttamente a loro, scoprendo che l’equilibrio non è importante solo nell’utilizzo di fitofarmaci e macchinari, ma anche nella gestione economica che, con il progetto Magis, ha goduto di un netto miglioramento.
“L’obiettivo, per noi, non era tanto rivoluzionare, quanto mettere dei paletti - spiega Leonardo Bettaccini di Agricola San Felice - e non abbiamo certo aderito per motivi commerciali, anche se credo sia giusto che i consumatori sappiano cosa stiamo facendo, perché seguire un protocollo del genere è il primo vero passo per una viticultura sostenibile con un occhio di riguardo per l’azienda stessa, che comunque deve produrre reddito. La scommessa è quella di coesistere insieme all’ambiente, ma producendo reddito, perché la gente va in pensione, ma le aziende restano”.
“Noi abbiamo iniziato il percorso Magis occupandoci e preoccupandoci in modo particolare dei trattamenti, perché - dice a WineNews il general manager di Conti Zecca, Fernando Antonio Romano - lavorando con la gdo avevamo la necessità di un protocollo che non lasciasse residui sulle uve, garantendo la massima garanzia sul prodotto finale. Questa è stata la molla, ma poi ci siamo resi conto che oltre alla sanità delle uve il progetto garantisce un bel risparmio a livello economico, perché si utilizzano meglio le innovazioni sia intermini di fitofarmaci che di tecnologie. Non va poi dimenticato l’aspetto sociale della sostenibilità, che un consumatore sempre più attento, in Italia come all’estero, ricerca in ciò che compra”.
“Come premessa, c’è da ricordare che la sostenibilità è un concetto sempre più sentito dai consumatori - racconta Andrea Buccella di Arcipelago Muratori - ma l’aspetto a cui noi abbiamo dato più importanza è il trattamento della vigna, e quindi la possibilità di avere delle uve talmente sane da ridurre al minimo l’impatto enologico, minimizzando quindi il lavoro in cantina e facendo sì che non sia l’enologo a fare il vino, ma l’uva. Per noi Magis è soprattutto un’applicazione che ci permette di trattare al meglio i nostri vigneti di Rubbia al Colle (Suvereto), con un occhio ai bilanci: è un buon compromesso tra le migliorie possibili in vigna e la sostenibilità economica del progetto”.
“Tutto ciò che investiamo nel vigneto - dice Cristina Ceschin, a capo della trevigiana Pepin De Eto, di cui è anche enologa - lo risparmiamo in cantina: noi abbiamo investito molto in tecnologia per superare il vincolo con i fitofarmaci. Ci aiuta molto a livello di impatto ambientale, ma dobbiamo sempre fare i conti con l’aspetto geografico e morfologico, non è sempre facile seguire la strada di Magis, ma gli effetti si vedono, anche a livello ambientale”.
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