Per il settore dell’agroalimentare italiano, i mercati esteri sono ormai fondamentali, con la crescita costante dell’export capace, negli anni della crisi, di tamponare il crollo dei consumi interni. Ma insieme alle opportunità, arrivano anche pericoli e problemi, a volte difficili da risolvere, come il riconoscimento delle denominazioni d’origine e quindi la tutela delle nostre produzioni migliori. Del resto, se nei Paesi de Mediterraneo la cultura delle denominazioni è fondamentale, la stessa sensibilità non la ritroviamo nel Nord Europa, nonostante una normativa comunitaria comune, e tantomeno fuori dall’Europa. Una problematica, quindi, che non ha che fare solo con l’impianto normativo, ma anche con le differenze culturali, e che può risolversi solo con un impegno forte della politica, sia comunitaria che nazionale.
Ad approfondire il tema, l’avvocato Paolo Viscuso (Jacobacci & Partners), esperto nella tutela dei marchi italiani e comunitari all’estero, intervistato da WineNews, al convegno “L’imprtanza delle denominazioni Docg e Dop in Italia. Primo passo verso la tutela internazionale”, di scena a Vinitaly (a Verona fino al 9 aprile, www.vinitaly.com). “Il percorso è fondamentale per poter pensare di tutelare in maniera organica le denominazioni. A maggior ragione l’Italia che, di denominazioni, vive. Il problema sostanziale - spiega Viscuso - è che la tutela deve essere riconosciuta e riconoscibile non solo in Italia ma anche all’estero, dove, molto spesso, l’applicazione delle leggi è demandata alla legge dei Paesi stessi in cui queste norme vengono violate, per cui nasce un problema enorme di uniformità di giudizio. Dunque, se la violazione di una denominazione italiana avviene in Italia è più facile fare giustizia, mentre se la stessa violazione avviene in altri Paesi europei o, ancor peggio, extra europei, ovviamente p molto più difficile aver giustizia, anche se all’interno dell’Unione Europea vigono le stesse norme, visto che i regolamenti comunitari valgono in tutti i Paesi dell’Unione. Questo - continua l’avvocato - è il problema maggiore in ambito comunitario, mentre a livello internazionale è ancora peggio: non solo non vi sono norme a tutela delle denominazioni, ma c’è anche una quasi totale assenza di sensibilità da parte degli organi giudicanti, specie nei Paesi dell’Asia, dove si concentrano il maggior numero di contraffazioni. Per cui il primo passo, per ottenere una vera tutela del sistema delle denominazioni, deve essere di natura politica: bisogna fare pressione sulle autorità di questi Paesi. Fino a quando l’Europa non avrà una linea comune, o quantomeno molto organica, o almeno fino a quando tutti i Paesi dell’Unione non remeranno tutti verso la stessa direzione, sarà molto difficile esportare una politica unitaria anche negli altri Continenti. È un problema - conclude Viscuso - che non riguarda solo il sistema delle denominazioni, ma anche i marchi d’impresa, come sanno bene gli operatori del settore, e verso i quali non basta poter ambire ad una norma locale severa: c’è bisogno della politica”.
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