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Wine2wine - Non sarà più l’“Eldorado” degli anni passati, ma la Cina è mercato in crescita e con potenziale enorme, per chi lo affronterà in modo giusto. A dirlo Judy Chan (Grace Vineyards), Yanni Wu (Wine100 Challenge), Yang Lu (Shangri-La Hotels)

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Non più l’Eldorado degli anni passati, ma la Cina è mercato in crescita e con potenziale enorme

Il mutamento subito dalla Cina nella percezione comune degli operatori del settore negli ultimi anni è stato quantomeno brusco: tutto merito, per così dire, del giro di vite anticorruzione che il governo di Pechino ha attuato nei confronti dei propri alti papaveri e grandi imprenditori privati, mettendo brutalmente fine alla bolla dei fine wines - soprattutto francesi, ma non solo - che aveva avvolto l’impero di mezzo. Ma, silenziosamente quanto costantemente, il mercato di massa ha continuato ad evolversi, e sebbene non si parli più di “Eldorado”, al di là della Grande Muraglia rimane un potenziale enorme. Ecco il messaggio de “I nuovi volti del mercato cinese”, di scena nel primo dei due giorni di “Wine2Wine”: e di volti è proprio il caso di parlare, perché ognuno dei relatori, dalla produttrice Judy Chan al sommelier Yang Lu, passando per l’analista Yanni Wu, si è soffermato su alcune delle più interessanti sfaccettature di un mercato complesso come un puzzle, ma senz’altro ricco di opportunità nel lungo periodo.
L’antefatto, come ha ricordato Wu, “è un periodo suddivisibile in tre fasi: la prima, dal 2004 al 2009, è dove tutto ha avuto inizio, e ha posto le basi per l’enorme crescita del triennio 2009-2012”. Da allora i dati aggregati hanno mostrato una brusca flessione, ma andandoli ad esaminare più nel dettaglio, emerge il fatto che i settori di mercato più associabili ad un autentico consumo “di massa” hanno continuato a crescere, sebbene a ritmi non impressionanti. Sta emergendo, secondo Wu, “una nuova generazione di consumatori, consumatori veri, che si stanno approcciando ad un mondo complesso. Il fatto è che bisogna conoscerli ed individuarli: le misure governative hanno costretto, per così dire, gli operatori del settore a focalizzarsi su di loro, ma per approcciarli occorre prima identificarli” - e per farlo ci vogliono investimenti di lungo periodo, in tempo, in ricerca, in studio, monetari e così via. Ne vale la pena? Secondo Wu, pare di sì: dopotutto, si prevede che, entro il 2017, il consumo enoico della Cina si attesterà sui 230 milioni di casse, e che entro il 2020 la percentuale della popolazione appartenente alla borghesia media e medio-alta sarà pari al 34%.
A dare man forte al punto di vista di Wu ha pensato, da un punto di vista unico e per questo ancora più degno di nota, Judy Chan, figura di spicco di quello che - da un gradino commerciale sotto i “bottiglifici” da oltre cento di milioni di bottiglie - è uno dei nomi più interessanti del panorama vitivinicolo cinese, ovvero Grace Vineyards. “Molti pensano che la crescita di una produzione interna”, ha esordito Chan, “possa essere un pericolo per i produttori stranieri, ma secondo me è esattamente il contrario: il nostro lavoro può contribuire alla crescita di una cultura del vino comune, e di questo alla lunga beneficeremo tutti”.
Certo mettersi a produrre vino in Cina non è semplice, sia per fattori climatici - “d’inverno non è raro dover coprire le viti di terra, perché la temperatura scende anche fino a trenta sotto zero” - che per fattori diversamente ambientali, come i fitti e multipli strati di burocrazia governativa coi quali ogni produttore non può non avere a che fare. Ma il fattore chiave per catturare il palato, l’immaginazione e il reddito disponibile del consumatore cinese è uno solo, secondo Chan: “fiducia, fiducia e ancora fiducia. Culturalmente è un valore che non è molto presente in Cina, e quindi dal mio punto di vista godere della fiducia delle persone con le quali si lavora e dei consumatori è fondamentale”.
L’intervento conclusivo di Yang Lu, Wine Director degli Shangri-La Hotels, si è invece focalizzato sulle fasce più alte del mercato, e dal punto di vista di chi ha a che fare con un mondo nel quale le insidie non mancano, anche a valle delle draconiane misure anticorruzione del Partito. “La situazione ha aspetti positivi, ma anche molto negativi: i professionisti veri si mischiano a mancanza di professionalità assolute nelle città meno cosmopolite, e i margini si stanno assottigliando molto rispetto a qualche tempo fa: a noi cinesi è sempre piaciuto tirare sul prezzo di ogni transazione, e questo settore non fa certo eccezione”.
I punti fondamentali? Selezionare un settore ben preciso del proprio “campo di battaglia”, scegliere accuratamente i propri importatori, considerare l’educazione del consumatore come un fattore primario, coinvolgere in un unico sforzo regioni, sottozone e produttori, stabilire relazioni personali durature, strette e rispettate e - in cauda venenum - “non prendete per oro colato tutto quello che ho detto. Venite in Cina a vedere coi vostri occhi!”.

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