Potrà sembrare un termine demodé, ma ha ancora senso parlare di blog aziendali nel mondo del vino: specialmente in Italia, dove le dimensioni medie delle aziende vitivinicole possono consentire di raggiungere più facilmente un contatto diretto con il pubblico. Sebbene tale ruolo sia stato prepotentemente attaccato, se non dirottato tout court, dalle piattaforme dei social media, ci sono infatti esempi che dimostrano come il mezzo sia il messaggio, nella misura in cui una piattaforma di blogging diretto può essere anche il veicolo non solo di una mission aziendale, ma di un’immagine ben precisa. Se ne è parlato oggi a Verona, a “Wine2Wine”, tramite i racconti diretti di cinque protagonisti di livello dell’enologia tricolore - di dimensioni assai variabili, dalle quattromila bottiglie del “solitario” lagunare di Venissa, alla cui guida c’è il giovane Matteo Bisol, all’arcipelago transoceanico dei duemila ettari di Zonin. Non è certo possibile parlare di un “proiettile d’argento” o di una soluzione standard, anzi: le esperienze di Venissa, Zonin, Avignonesi, Planeta e Argiolas dimostrano proprio il contrario, e cioè che l’equilibrio necessario per una comunicazione efficace, dentro, fuori e intorno ai social media deve essere trovato a partire dalle unicità dell’azienda di cui si parla, avendo ben presente opportunità, rischi e punti forti di ognuna. E, come ha sottolineato Bisol aprendo questo “giro di microfono”, “è pur sempre comunicazione, ovvero la linfa vitale del commercio”. Nel caso di Venissa, le dimensioni ridotte sono una forza, perché permettono di avere in mano direttamente sia l’ordinaria amministrazione dell’azienda e dei vigneti che la comunicazione con il pubblico online. Secondo Bisol le dimensioni generalmente ridotte dei produttori del Belpaese, da questo punto di vista, sono un vantaggio, perché riducono la complessità, e quindi i passaggi comunicativi, necessari per raggiungere l’utenza di riferimento.
Una strategia ben congegnata, e che includa anche l’uso di un blog come un vero e proprio “giornale di bordo” della vita di un’azienda, è invece la chiave di volta del piano comunicativo di Avignonesi, che ha colto l’occasione della propria svolta filosofica e produttiva del 2010 per rivoluzionare anche il suo profilo comunicativo. Secondo Lene Bucelli, direttore marketing dell’azienda di Montepulciano, la chiave di un engagement di successo del proprio pubblico risiede in una sola parola, ovvero trasparenza: trasparenza che si riflette anche nel dedicarsi completamente solo al proprio pubblico di elezione, senza “truccare” le proprie statistiche “solo per avere numeri”.
Altro esempio di sicuro interesse è quello di Planeta: la griffe siciliana ha deciso di dedicarsi ad una comunicazione definibile - ha detto Stefania Paglino - in un certo senso come “just in time”, ovvero dedicata sia al quotidiano della propria realtà che alla descrizione e al coinvolgimento di platee potenzialmente non focalizzate sul vino, allargando il fuoco dell’azione sia ad eventi ben precisi che, ad esempio, al cosmo del cibo e degli abbinamenti - ma senza mai perdere di vista il fatto che l’immagine aziendale deve incastonarsi in questo flusso di informazioni senza diluirsi.
Compito non facile, ma nemmeno impossibile, nel caso di realtà di grandi dimensioni, come la “galassia” Zonin, nel quale l’esempio del blog di Francesco Zonin datato 2007, “Wine Is Love”, ha funzionato come vero e proprio apripista per attuare una strategia che potesse dare un profilo e una visibilità del tutto diversa alle molte realtà che compongono la colonna vertebrale del produttore veneto. Per farlo, come raccontato da Giovanna Lazzari, il blog non deve essere visto come l’alfa e l’omega del processo comunicativo, ma come uno strumento con le sue specificità e i suoi punti di forza - come ad esempio l’assenza totale di una barriera all’ingresso. L’allargamento della comunicazione aziendale alle nuove piattaforme, e agli influencers che le abitano, che è pur sempre essenziale, non toglie infatti senso al blog in quanto tale: resta da capire che ruolo sia più adatto ad assumere come parte di un arsenale frammentato, ma potenzialmente molto efficace, che può spaziare dal “microblogging” tipico di twitter (dove è trasmigrato lo stesso Francesco Zonin) all’articolessa contenuta nel post di un blog.
E, come ha aggiunto Alessandro Cortes, grafico di professione e consulente per la griffe sarda Argiolas, l’occhio non può non volere la sua parte, perché la veste grafica di una comunicazione che si veicola principalmente su strumenti assai visivi non può prescindere dalla piacevolezza visiva, che può essere raggiunta sia tramite illustrazioni che fotografie opportunamente “aggiustate” tramite software di ritocco. “Il risultato - ha sottolineato Cortes - può arrivare ad influenzare implicitamente l’atteggiamento della comunicazione di ritorno con i propri clienti e con la platea che si cerca di raggiungere tramite i social media, posto che si sappiano comprendere e interpretare correttamente i meccanismi impliciti di questo sempre crescente mare magnum comunicativo”.
“Nel 2011 l’analisi del mondo 2.0 era al 100% riferita ad aspetti quantitativi, numero fan e follower. Tre anni dopo, la percentuale scende sotto il 50%, lasciando spazio alla qualità del target, sentiment, strategia e una minima percentuale di predittività. Un dato, quest’ultimo, che - ha chiuso Paolo Errico, ad di SocialMeter by Maxfone (azienda italiana leader nell’analisi del mondo social grazie ad un algoritmo esclusivo nato dalla collaborazione con tre università e che coinvolge più di 100 ricercatori) - fra due anni sarà, invece, determinante per il 20%, mentre la quantitativa scenderà sotto il 10%”.
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