02-Planeta_manchette_175x100
Consorzio Collio 2024 (175x100)

“Identità Golose”, la “sana intelligenza” by Ducasse, Bottura, Cracco e gli altri. Per una cucina che buona per il corpo, ma anche per l’anima e per l’ambiente, e per chi della ristorazione gode, ma anche per chi ci lavora, dalla cucina alla sala...

Non Solo Vino
Massimo Bottura Carlo Cracco Alain Ducasse e Paolo Marchi tra i protagonisti di Identità Golose

Lo “show dei fornelli” guidato da contenuti e riflessioni più profonde. È questa l’essenza di “Identità Golose”, più che mai nell’edizione 2015 (di scena fino al 10 febbraio, a Milano, www.identitagolose.com), anno di Expo, che, con il suo tema, “Nutrire il Pianeta - Energia per la Vita”, catalizza sul tema del cibo molti valori etici. E così la “gustosa intelligenza” dell’edizione 2014 dell’evento, pensato da Paolo Marchi, diventa anche “sana”.
Sana per il corpo, ma anche per l’anima e per l’ambiente, per chi della ristorazione gode, ma anche per chi ci lavora, dalla cucina alla sala. È quello che si legge nei piatti, e nelle parole, degli chef sul palco, dove si alternano i cuochi più importanti ed acclamati da ogni angolo del Pianeta. A partire dalla superstar internazionale Alain Ducasse, che ha detto: “dobbiamo proteggere le differenze, non dobbiamo guardare tanto al successo interplanetario, ma alle realtà minori, dove si protegge la biodiversità. Dobbiamo comprare dai produttori locali. No all’omologazione. Vogliamo essere espressione della generosità della natura”.
Per proseguire con la stella italiana più brillante nel firmamento della cucina mondiale, Massimo Bottura, che ha presentato il suo piatto simbolo per Expo 2015, “pane latte e zucchero”, come già annunciato in ottobre in un’intervista a WineNews, per affermare più concetti. Intanto che “con Expo 2015 dedicata al cibo, noi chef siamo chiamati a parlare di tutti, perché il cibo riguarda ognuno di noi”. E nessuna pietanza è tanto universale quanto il pane. Poi che sempre di più bisogna smettere di sprecare, e quello di Bottura è uno dei piatti simbolo del recupero. “Recupero in cucina che fa parte della nostra cultura ed è un atto di volontà e di forza”, ha detto lo chef tristellato dell’“Osteria Francescana” di Modena, che ha aggiunto: “uno degli obiettivi di un ristorante è ristorare l’anima”. Concetto ripreso anche da Pietro Leemann del “Joia” di Milano, che, in un momento in cui cucina e misticismo si sono incontrati, ha detto: “l’uomo con la preghiera si purifica e trasforma l’energia della natura”.
“Serve coraggio - ha aggiunto Bottura - il ruolo dello chef è diventato glamour, ma abbiamo anche il dovere di guardare anche a chi non ha niente”.
Riflessioni profonde, tra una spadellata e l’altra, che toccano più aspetti, non ultimo quello del rispetto dell’ambiente, che vive nei pensieri di tanti chef e di tanti piatti. Tra cui quello di Cristina Bowerman, ai fornelli del “Glass Hostaria” di Roma, che ha lavorato su miele, polline ed altri prodotti delle api, anche per riportare l’attenzione su questo piccolo e preziosissimo insetto, fondamentale per l’agricoltura e la vita umana, ma spesso minacciato da pratiche umane (anche agricole) distruttive. Il tutto, senza sfociare però nell’eccesso opposto, perché “il concetto di naturalità - ha aggiunto la chef - non deve generare “talebani” tanto nel cibo che nel vino”.
Ma si è parlato anche di business e di ristorazione, ovviamente, perché un ristorante che funziona genera anche economia “sana”, e trascina spesso quella dei territori e dei distretti che producono materie prime eccellenti. E un ristorante che funziona, e che può quindi permettersi di pagare di più agricoltori e artigiani del gusto per i loro prodotti, e valorizzarli per il loro lavoro, è fatto di una grande cucina, ma anche di un grande servizio. Lo hanno ricordato quelli di “Noi di Sala”, associazione nata proprio per suscitare attenzione intorno al tema, e guidata da Marco Reitano, sommelier de “La Pergola” del Rome Cavalieri di Heinz Beck. Ma anche il più mediatico, oggi, degli chef italiani, Carlo Cracco, che ha detto chiaro e tondo: “la sala è il 50% di un piatto. Se in sala non c’è nessuno che racconta il piatto, il lavoro della cucina è vano”.
Ma c’è anche un moto di orgoglio nazionale, tra le righe di Identità Golose, lanciato dal patron Paolo Marchi che, in sintesi, invoca la nascita di una “Michelin” italiana. Non tanto per pensare all’ennesimo volume di critica, ma per richiamare all’importanza del ruolo della cucina italiana, tra le più amate e antiche del mondo che deve diventare più autorevole anche oltre confine, facendosi in qualche modo anche guida e giudice, e non solo oggetto di giudizio. Il tutto mettendo insieme le risorse e le energie dei suoi protagonisti: chef in primis, ovviamente ma anche critici, divulgatori e, non da ultimo, le istituzioni, anche per far crescere quell’enogastronomia italiana che è una delle più importanti voci economiche del Paese.

Copyright © 2000/2024


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024

Altri articoli