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Il diritto d’autore in cucina: già nel 510 a. C. la “legge di Sibari” tutelava la proprietà intellettuale dei cuochi dell’Antica Grecia, ma oggi regna l’incertezza. Nasce così “Mock Trial Food & Design”, il processo simulato da Gualtiero Marchesi

Non Solo Vino
Nasce Mock Trial Food and Design, il processo simulato da Gualtiero Marchesi

E se il diritto d’autore entrasse in cucina? La questione non è affatto peregrina, e neanche troppo attuale, se si pensa che già nel 510 a. C. la “legge di Sibari” tutelava la proprietà intellettuale e l’originalità dei cuochi dell’Antica Grecia: “qualora un ristoratore o cuoco inventi un piatto originale ed elaborato - si legge nella traduzione del “Deipnosophistai of Atheneus” - nessuno altro che l'inventore è autorizzato ad utilizzare la ricetta di conseguenza, prima che un anno sia passato, in modo tale che l'inventore abbia il diritto esclusivo di ricavare un profitto da esso all'interno del suddetto periodo, e questo in modo da indurre altri a fare uno sforzo e a distinguersi per le invenzioni nello stesso campo”. Ad attualizzare la questione, spinosa più che mai, è oggi Gualtiero Marchesi che, cercando pezze d’appoggio nella legislazione corrente, ha simulato un caso, penalmente rilevante, di plagio del suo piatto più famoso, il “riso, oro e zafferano” (www.marchesi.it).
Nella simulazione, denominata “Mock Trial Food and Design”, il Tribunale di Milano riconosce al “riso, oro e zafferano” di Gualtiero Marchesi “la validità della registrazione come marchio di forma”, tutelandolo così da imitazioni e contraffazioni, aggiungendo che “il prodotto è altresì tutelabile in forza della capacità distintiva che ha acquistato come è stato dimostrato dai testi assunti nel corso del procedimento, anche dalle dichiarazioni rese dai consumatori medi, e si deve anche dare atto che si tratta di un prodotto molto pubblicizzato su libri, su riviste in Italia, in Europa e in tutto il mondo - si legge nell’ipotetica sentenza - e anche nel mondo più allargato non solo in quello riservato agli addetti alla ristorazione e della cucina”. Tutto, nella ricostruzione, nasce dallo scontro tra il cuoco di fama internazionale ed uno dei suoi innumerevoli allievi, il mai esistito Guido Rossi, che, dopo un contrasto con Marchesi, ha aperto un proprio ristorante a Milano, dove serve un piatto identico al “riso, oro e zafferano”, chiamato “Risotto Oro e Zafferano, Omaggio a Marchesi”, presentandolo allo stesso modo e adottando lo stesso prezzo. Come se non bastasse il plagio, mentre “nella ricetta originale viene utilizzato il riso Carnaroli - come scrive il Giudice Relatore - che è adatto per cucinare il risotto ... il riso che si assume in violazione, presentato con lo slogan Risotto Oro e Zafferano, Omaggio a Marchesi, utilizza il tipo basmati. Basmati è un riso di buona qualità, ma non adatto per cucinare il risotto. Inoltre, il riso utilizzato dal convenuto è un Basmati di bassa qualità”.
Marchesi, come ricostruisce la simulazione, 14 dicembre 2002, aveva già registrato il design comunitario 000005/2002 che riproduce il piatto e il risotto nella sua presentazione finale. Piatto che è stato pubblicato su diversi libri, riviste, siti di cucina e riviste culturali e d’arte, ritenendo che l’impiattamento in esame possa trovare tutela anche sotto il profilo autorale, così come le modalità di presentazione e promozione del piatto sotto il profilo concorrenziale, come ha convenuto la Corte, che ha considerato il piatto “degno di essere protetto anche con la tutela del diritto d’autore ai sensi dell’articolo 2 n. 10 della Legge sul diritto d’autore e questo, perché è dotato di creatività e di valore artistico. Si ritiene di attribuire il cumulo delle tutele in questo caso, perché il prodotto della creazione del Maestro Marchesi lo merita. Inoltre, la fattispecie esaminata dalla Corte individua sicuramente una responsabilità per la contraffazione da parte del cuoco Guido Rossi con il suo piatto Risotto oro e zafferano, Omaggio a Marchesi”.
Ad accreditare un andamento processuale del genere, anche la consulenza tecnica d’ufficio del Centro di Ricerche dell’Ente Risi Italiano, che ha esposto al Collegio le differenze fra i vari tipi di riso, ponendo in evidenza quali varietà siano adatte per la preparazione del risotto e ha analizzato la qualità del riso utilizzato da Guido Rossi per la preparazione del proprio piatto, concludendo che la varietà di riso utilizzata non è adatta per la preparazione del risotto e che la qualità del riso utilizzato non rispetta gli standard previsti dalle normative. Rossi, in definitiva, secondo la Corte di fantasia, “si è reso responsabile di contraffazione e nello specifico della violazione del marchio di forma, della violazione del disegno registrato, della violazione del diritto d’autore, di atti di concorrenza sleale sotto il profilo della imitazione servile, della appropriazione di pregi, del rischio di denigrazione del prodotto di parte attrice, di violazione di legge comunque di comportamenti contrari alla correttezza professionale”. E per questo la Corte inibisce, con effetto immediato, “l’offerta in pubblico, la commercializzazione e la pubblicizzazione in qualsiasi forma da parte di Guido Rossi del piatto qui sanzionato ponendo a carico dello stesso la penale di euro 100 per ogni violazione e di euro 2.000 per ogni giorno di ritardo nel conformarsi a questi ordini”.

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