Altro che moda, quella del biologico sta ormai diventando una necessità, la via giusta per tutelare l’equilibrio e la qualità produttiva dei grandi territori del vino italiano. Una strada intrapresa da sempre più aziende, anche tra i filari di Sangiovese del Brunello di Montalcino, dove gli imprenditori del vino si sono fatti capofila di un vero e proprio distretto biologico, “Montalcino Bio”, che coinvolge sia il mondo enoico che le tante altre colture del territorio. A farne parte, tra le altre, Col d’Orcia, con i suoi oltre 140 ettari, Castiglion del Bosco (62 ettari), Castelgiocondo di Frescobaldi, ma anche Poggio di Sotto e San Polo, per un totale di una cinquantina di aziende, pari a più di 600 ettari vitati, ma con molti ancora in conversione. Una filiera che torna a raccontarsi il 7 luglio, nel paese del Brunello, con il convegno “Coltiviamo la salute, a Montalcino”, che metterà al centro “L’agricoltura biologica nel progetto Montalcino”, attraverso gli interventi del professor Toccaceli dell’Università di Firenze (“Distretti rurali e distretti biologici: percorsi e prospettive in Toscana”), del professor Mazzoncini del Centro di Ricerche Agro-Ambientali dell’Università di Pisa (“Il valore agro-ambientale di un biodistretto”) e del dottor Piva, amministratore delegato dell’organismo di certificazione e controllo Ccpb (“La certificazione: strumento di valorizzazione di un distretto”).
“Sarà l’occasione per fare il punto su quello che è diventato un vero e proprio distretto rurale - spiega a WineNews Francesco Marone Cinzano, a capo di Col d’Orcia, capofila di “Montalcino Bio” - capace di valorizzare l’intero territorio di Montalcino, e che ha l’ambizione di coinvolgere il maggior numero di aziende possibili, guardando, dopo la fusione di qualche mese fa, anche a San Giovanni, che vive di un’agricoltura diversa, ma che guarda con interesse al nostro progetto. Con un player importante come Pieve a Salti, che produce avena, farro, grano duro e legumi (e biologico, per tutti i suoi 700 ettari già dal 2002, ndr)”. Importante, in questo percorso, è il valore stesso di un territorio, “Montalcino, speciale non solo per il Sangiovese, ma per qualsiasi altro tipo di vitigno, così come per tante altre produzioni - continua Marone Cinzano - dall’olio ai cereali, ed in questo la fusione con San Giovanni d’Asso ne amplifica le possibilità. L’appuntamento del 7 luglio, al Teatro degli Astrusi, sarà il momento per contarci, magari coinvolgere qualche altro compagno di viaggio: il nostro è un progetto di lungo respiro, non c’è alcuna fretta, ma un obiettivo sì: la Dop Montalcino, che creerebbe un enorme valore aggiunto anche per tutte le produzioni che nulla hanno a che fare con il vino”.
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