Il 2017 è stato un anno d’oro per il settore dell’agroalimentare italiano, e il 2018 promette bene: è infatti l’anno del cibo italiano nel mondo, e questo non fa che aumentare la “fame” di Italia in tutto il globo. Ma, c’è un ma, purtroppo la diffusione estrema dei prodotti tipici di qualità, ha fatto in modo che nascessero migliaia e migliaia di prodotti falsi, con nomi che ricordano l’italianità ma che provengono in realtà da altri Paesi. L’italian sounding è a tutti gli effetti un fenomeno grave e riconosciuto come tale dalle autorità, tanto da avere un suo spazio dedicato a Cibus, il salone internazionale dell’alimentare, a Parma fino al 10 maggio. All’inaugurazione di oggi, la Coldiretti ha presentato uno studio proprio sul falso made in Italy, rivelando che questo è arrivato ad un valore totale di 100 miliardi di euro: un aumento del 70% nell’ultimo decennio.
A far esplodere il falso, sottolinea la Coldiretti, oltre all’esplosione della “moda” del cibo italiano, sono state anche le guerre commerciali scaturite dalle tensioni politiche come l’embargo russo che ha causato un vero e proprio boom nella produzione locale di cibo made in Italy taroccato, dal salame “Italia” alla mozzarella “Casa Italia”, dall’insalata “Buona Italia” alla Robiola, ma anche la mortadella Milano, Parmesan o burrata tutti rigorosamente realizzati nel Paese di Putin. A preoccupare, continua la Coldiretti, è anche la nuova stagione degli accordi commerciali bilaterali inaugurata con il Canada (CETA) che per la prima volta nella storia l’Unione Europea legittima in un trattato internazionale la pirateria alimentare a danno dei prodotti made in Italy più prestigiosi, accordando esplicitamente il via libera alle imitazioni che sfruttano i nomi delle tipicità nazionali, dall’Asiago alla Fontina, dal Gorgonzola ai Prosciutti di Parma e San Daniele; ma sarebbe anche liberamente prodotto e commercializzato dal Canada il Parmigiano Reggiano con la traduzione di Parmesan. Una strada che è stata poi il riferimento degli accordi conclusi successivamente con Giappone, Singapore e Messico che hanno tutelato una percentuale residuale dei prodotti tipici nazionali mentre pesanti, precisa la Coldiretti, possono essere gli effetti del negoziato in corso con i Paesi del Sud America (Mercosur) dove la produzione locale del “falso” è tra i più fiorenti del mondo.
“È inaccettabile - ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo - che il settore agroalimentare sia trattato dall’Unione Europea come merce di scambio negli accordi internazionali senza alcuna considerazione del pesante impatto che ciò comporta sul piano economico, occupazionale e ambientale. All’estero, sono falsi più di due prodotti alimentari di tipo italiano su tre e le esportazioni di prodotti agroalimentari tricolori potrebbero più che triplicare se venisse uno stop alla contraffazione alimentare internazionale, con l’Italia che ha raggiunto nel 2017 il record dell’export agroalimentare con un valore di 41 miliardi di euro”.
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