Non solo amuchina e gel igienizzanti. A risentire dell’effetto Coronavirus è anche il mercato dei limoni, utilizzati come disinfettante naturale. E dato che la produzione non è sufficiente a soddisfare il boom di richieste registrato il tutto il mondo, la conseguenza naturale è il loro aumento di prezzo, praticamente raddoppiato secondo un monitoraggio della Coldiretti.
Se in Turchia le esportazioni sono sottoposte addirittura a controllo preventivo al pari di mascherine, ventilatori polmonari e altro materiale sanitario, in Italia, secondo produttore europeo dopo la Spagna, si è registrato un aumento di richieste in tutti i territori vocati alla produzione di limoni, come il +30 in Sicilia, che vale l’87% del raccolto nazionale. In Calabria, nell’alto Jonio, a partire dalla piana di Sibari, è caccia ai limoni con un aumento delle quotazioni fra il 10 e il 15%. In Campania richiestissimi i limoni Igp di Amalfi; il 50% di produzione in meno ha fatto schizzare il prezzo della pianta, che oscilla fra 1,20 e 1,50 euro al chilo contro 0,60 euro dello stesso periodo del 2019.
Se la produzione nazionale di limoni era notevole in passato, fa sapere la Coldiretti, negli ultimi decenni si è persa oltre la metà della superficie coltivata - al momento sono poco più di 25.000 ettari per 3,8 milioni di quintali ottenuti nel 2019, una produzione che non è sufficiente a soddisfare i consumi nazionali con 1,2 milioni di quintali di importazioni e 0,48 milioni di quintali di esportazioni - e questo a causa soprattutto dei bassi compensi riconosciuti agli agricoltori al di sotto dei costi di produzioni. I limoni italiani peraltro sono di migliore qualità e, a seconda del tipo, si trovano tutto l’anno: limoni “primofiore” tra la fine di settembre e la fine di novembre, limoni “invernali” tra dicembre ed aprile, limoni “bianchetti” tra aprile e maggio e limoni “verdelli” tra giugno e inizio settembre. Particolarmente rilevante è il gruppo dei limoni con riconoscimento comunitario. Sono ben 6 i limoni Igp: Costa d’Amalfi, Rocca Imperiale, Siracusa, Sorrento, Femminello del Gargano, Interdonato di Messina.
Il caso eclatante dei limoni, sottolinea la Coldiretti, è la punta dell’iceberg dello sconvolgimento in atto sul mercato agroalimentare mondiale, dove si riducono i commerci con fluttuazioni violente dei prezzi e carenze per alcune categorie di prodotto. Un numero crescente di Paesi cerca di garantire prima di tutto l’approvvigionamento della propria popolazione: la Russia ha deciso di trattenere per uso interno parte della produzione di grano dopo essere diventata il maggior esportatore del mondo, il Kazakistan ne ha addirittura vietato le esportazioni e il Vietnam ha temporaneamente sospeso i nuovi contratti di esportazione di riso, il cereale più consumato nel mondo.
Si tratta di una nuova centralità per l’agricoltura con anche la riscoperta di nuove funzionalità come l’impiego in Italia dei trattori per la sanificazione delle strade o la possibilità, suggerita dalla Coldiretti, di utilizzare le eccedenze di vini generici per ottenere alcol disinfettante per usi sanitari da utilizzare nelle trincee della guerra al virus da nord a sud del Paese dove gli acquisti di alcol denaturato sono praticamente triplicati (+179%).
“Gli effetti della pandemia hanno fatto emergere una maggior consapevolezza sul valore strategico rappresentato dalla produzione agricola per l’alimentazione, l’ambiente e la salute dei cittadini - spiega il presidente Coldiretti, Ettore Prandini - in uno scenario di questo tipo l’Italia in futuro potrà trarre beneficio dalla sua tradizione rurale ma occorre invertire la tendenza del passato a sottovalutare il patrimonio agroalimentare nazionale in una situazione in cui l’ultima generazione è stata responsabile della perdita di un quarto delle terre fertili nella Penisola per colpa dell’urbanizzazione e dell’abbandono forzato”.
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