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INVESTIMENTI

Fine wine, la pandemia accelera il peso della tecnologia. Che apre il mercato a territori e aziende

Liv-ex: record di scambi sull’indice. Bassa volatilità, tangibilità e digitale spingono il vino nei portafogli degli investitori
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Fine wine, altri segnali di crescita

Sì, i fine wine sono a tutti gli effetti un bene rifugio, lo scriviamo da tempo, e la conferma, l’ennesima, arriva dai segnali lanciati in questi mesi da collezionisti e investitori. Raccolti, come di consueto, dal Liv-ex, il borsino di riferimento del mercato secondario dei vini da collezione. In tempi incerti come quelli che stiamo vivendo, c’è la necessità di investire in attività il più sicure possibili, ed in questo senso i rendimenti costanti e la scarsa volatilità fanno del vino il settore giusto su cui puntare. Non sorprende, allora, che nell’ultima settimana di ottobre il volume delle offerte sul Liv-ex abbia raggiunto gli 81 milioni di sterline, un nuovo record. Sostenuto anche da un altro aspetto: il numero crescente di aziende presenti sul Liv-ex, cresciuto del 15% solo nel 2020. La pandemia riflette la necessità di molti di cercare nuovi canali, compreso il canale che porta ai portafogli degli investitori. Che, a sua volta, ha dato una spinta decisiva all’automazione del trading, che ha portato con sé una semplificazione delle operazioni ed un conseguente ampliamento del mercato, nonostante i limiti imposti dai lockdown nazionali.
Una vivacità, quella del mercato secondario dei fine wine, rinata dopo la fine del primo blocco, con il rapporto tra commercianti e collezionisti che si è fatto sempre più fluido attraverso il web, spingendosi anche verso regioni enoiche nuove e in ascesa. La tecnologia, insieme alla tangibilità e alla stabilità dell’investimento, ma anche la piacevolezza stessa del bene-vino, sono stati così i tre segreti del rilancio del mercato dei fine wine nel 2020, anno che ha incoronato l’Italia come grande vincitrice. I vini del Belpaese, non solo quelli presenti nell’Italy100, rappresentano ormai una quota del 15,3%, mentre nel 2019 furono solo l’8,8% del totale. È solo l’ultima tappa di un percorso iniziato nel 2010, quando i vini di Bordeaux da soli valevano il 95,7% degli scambi effettuati sul Liv-ex, e la Borgogna appena lo 0,6%. Oggi, dopo il record del 2019 (19,7%), il terroir simbolo del Pinot Nero nel mondo, pesa per il 17,4% sugli scambi del Liv-ex, con Bordeaux, una decade fa monopolista, che ha quasi dimezzato il proprio peso specifico.

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