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BIBLIOTECA ENOGASTRONOMICA

Non sempre è facile parlare di cibo, quando è possibile perdere gusto ed olfatto a causa del Covid

La filosofa Rosalia Cavalieri: “assaporare è una forma di sapere”. L’antropologo Marino Niola: “sapori ed odori sono garanti supremi della conoscenza”

Mangiare e bere, ancora prima che gesti quotidiani, sono azioni naturali e istintive che ci accomunano a tutti gli altri esseri viventi. Ma, e qui sta la differenza, solo noi uomini produciamo cibo, lo cuciniamo e lo condividiamo, generando stili e culture alimentari diverse. Soprattutto, proviamo piacere e ci soffermiamo a pensare ai loro significati simbolici, emotivi, sociali, edonistici, etici e sempre più ambientali e salutistici. Perché assaporare - atto che sta perdendo significato nell’omologazione del gusto globalizzato, nonostante una cibo-mania sempre più diffusa - non è solo un’esperienza multisensoriale, ma una forma di sapere, e “gastronomia” vuol dire conoscere ciò che mangiamo con consapevolezza. Tutti quanti e non solo gli esperti. È la riflessione di Rosalia Cavalieri nel volume “Gastronomia consapevole. Istruzioni per l’uso”, su una questione da sempre dibattuta ed affascinante, ma che, nel momento storico che stiamo vivendo con la pandemia, trova una nuova implicazione nella temporanea e disorientante perdita del gusto e dell’olfatto, componenti fondamentali della nostra vita, per effetto del Coronavirus.
Scrive l’antropologo Marino Niola: “gusto e olfatto sono due sensi che hanno la straordinaria capacità di cambiare senso. Di operare un continuo switch tra naturale e culturale, tra materiale e immateriale, concreto ed astratto, fisico e spirituale. Perché gusto e olfatto, sapore e odore, palato e naso, che in partenza sono radicati nella profondità del bios, nella nostra istintualità fisiologica, con una doppia piroetta del significato, assurgono a garanti supremi dell’eleganza e della convenienza, della conoscenza e dell’esperienza, dell’estetica e della sinestetica. Della ragione e dell’intuizione. E perfino della religione. Tant’è che parliamo di gusto artistico. Ma anche di odore di santità. O di eresia”. Affermando che, più che di due sensi distinti, si tratta di uno solo, come teorizzato dal fondatore della gastronomia moderna Anthelme Brillat-Savarin, ma anche da uno dei più grandi filosofi della storia dell’umanità, come Immanuel Kant. E ricordando come per Giacomo Leopardi “l’idea stessa di bellezza nasca dall’esperienza del sapore e non da quella del colore, come comunemente si crede, e come nella “Divina Commedia" Dante e Virgilio avvertano l’Inferno da lontano per il puzzo fetido che emana. Senza dimenticare, citando la madeleine di Marcel Proust, come gusto e olfatto siano anche veicoli di memoria e ricordi del passato (“Robinson”, “la Repubblica”, 31 ottobre 2020).
Muovendo da una riflessione sulla cultura del cibo e sull’educazione alimentare e del gusto, temi di costante attualità, Rosalia Cavalieri, professoressa di Filosofia e Teoria dei linguaggi dell’Università di Messina offre nel volume (Il Mulino Editore, Luglio 2020, pp. 192, prezzo di copertina 15 euro) un compendio dei saperi di base, una sorta di cassetta degli attrezzi per i lettori-degustatori per approfondire la conoscenza di ciò che si cela dietro al gesto quotidiano del mangiare.
Quell’educazione alimentare che è sempre più fondamentale promuovere a partire dalle nuove generazioni, e fin dai banchi di scuola, dove da tempo da più parti se ne chiede il riconoscimento tra le materie scolastiche. Per comprendere come mangiare non vuol dire solo nutrirsi, ma compiere una scelta, a partire da ciò che mettiamo nel carrello della spesa, dagli effetti culturali, sociali, produttivi, etici ed ambientali, e non solo, e alla luce delle emergenze alimentari del mondo, dall’obesità alla malnutrizione, senza dimenticare la lotta allo spreco.

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