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GIORNATA MONDIALE DEI LEGUMI

Altro che “carne dei poveri”: i legumi conquistano gli italiani. Ma attenzione ai prodotti stranieri

Il loro consumo è aumentato del 47% ma Coldiretti avverte: “all’estero non rispettano le nostre stesse normative come nel caso del glifosato”
Coldiretti, ITALIANI, LEGUMI, Non Solo Vino
Giornata mondiale dei legumi: il consumo in italia è cresciuto del 47% in 10 anni

Sempre più legumi riempiono e colorano il piatto degli italiani ma occhio alla provenienza perché il prodotto italiano dà più garanzie al consumatore. In un periodo dove gli stili di vita salutari hanno un seguito sempre più ampio (e il trend inizia spesso proprio dalla tavola), forse non sorprende del tutto sapere che i consumi di legumi nell’ultimo decennio sono aumentati del 47%. La “svolta green” dei consumatori ha contribuito a riempire il carrello degli italiani di piselli, fagioli, ceci, fave e lenticchie. Un dato che emerge da una analisi Coldiretti su dati Istat in occasione della Giornata mondiale dei legumi, che si celebra oggi 10 febbraio, istituita dall’Organizzazione delle Nazione Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (Fao) come un’opportunità per aumentare la consapevolezza dei benefici dei legumi per la salute e per contribuire a sistemi alimentari sostenibili.
Un consenso trasversale che fa apparire ormai démodé etichettare i fagioli come “carne dei poveri”, definizione nata per chi non potendo permettersi la carne si orientava su questo legume. Apprezzati come fonte di proteine e fibre alimentari, “toccasana” per regolare le funzioni intestinali e per il controllo dei livelli di glucosio e colesterolo nel sangue, sul fronte nutrizionale i legumi hanno molti pregi. Contengono infatti anche sali minerali, come ferro, calcio, potassio, fosforo e magnesio, vitamine del gruppo B e, quando sono freschi, anche vitamina C. Ma non solo perché le piante di legumi difendono la fertilità dei suoli grazie alla loro capacità di fissare l’azoto al terreno, riducendo di fatto l’utilizzo di concimi chimici e contribuendo alla difesa delle acque e dell’ambiente.
Come ha ricordato Coldiretti i legumi più diffusi in Italia sono fagioli, piselli, lenticchie, ceci e fave oltre a cicerchie, lupini e soia ma il Belpaese può contare anche su molte produzioni tipiche di qualità riconosciute dall’Unione Europea: è il caso dei fagioli di Rotonda, di Atina, di Sarconi, di Sorana, di Cuneo, vallata bellunese oltre alle lenticchie di Castelluccio ed a quelle di Altamura.
Le coltivazioni nazionali sono diffuse su oltre 150.000 ettari ai quali se ne aggiungono 273.000 seminati soia ma soffrono, denuncia la Coldiretti, “della pressione degli arrivi di prodotto a basso costo e ridotta qualità, magari favoriti dagli accordi commerciali. La produzione nazionale si è così drasticamente ridotta rispetto al passato, accentuando la dipendenza dall’estero, nonostante una ripresa degli ultimi anni. In piena pandemia da Covid le importazioni di legumi in Italia hanno superato i 400 milioni di chili in crescita del 2% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente con un balzo del 16% per i piselli” (dati Istat sui primi dieci mesi del 2021). Il risultato? Tre piatti di fagioli, lenticchie e ceci su quattro che si consumano oggi in Italia sono in realtà stranieri, provenienti soprattutto da Paesi come gli Stati Uniti e il Canada dove, ricorda Coldiretti in una nota, “vengono fatti seccare con l’utilizzo in pre-raccolta del glifosate secondo modalità vietate sul territorio nazionale”. Oltre il 90% delle lenticchie consumate in Italia sono straniere, soprattutto americane e canadesi. Ma la dipendenza dalle importazioni è all’incirca della stessa percentuale anche per i fagioli (che arrivano in gran parte dall’Argentina e dal Nord America), del 70% per i piselli e di oltre il 50% per i ceci.
Tra gli Stati che esportano i loro prodotti in Italia ci sono anche il Messico, molti del Medio Oriente e la Turchia. “All’estero - è il grido di allarme di Coldiretti - non vengono rispettate le stesse normative che vigono nel nostro Paese in materia di utilizzo di sostanze chimiche, come nel caso del glifosato, ma anche per quanto riguarda le condizioni di lavoro come per i fagioli messicani inseriti nella black list dal Ministero del Lavoro degli Stati Uniti nell’ultimo rapporto sullo sfruttamento del lavoro minorile. Occorre assicurare che tutti i prodotti che entrano nei confini nazionali ed europei rispettino gli stessi criteri, garantendo che dietro gli alimenti, italiani e stranieri, in vendita sugli scaffali ci sia un analogo percorso di qualità che riguarda l’ambiente, il lavoro e la salute. Ma occorre anche rivedere il meccanismo degli accordi che favoriscono l’arrivo di prodotti stranieri sulle nostre tavole dove vanno applicati tre principi fondamentali: parità delle condizioni, efficacia dei controlli, reciprocità delle norme”.
Per semplificare le cose serve una chiara indicazione di origine in etichetta che non è ancora obbligatoria per i legumi secchi o per quelli in scatola. Privilegiare legumi che esplicitamente evidenziano l’origine nazionale in etichetta, come avviene per Dop e Igp, è più di una garanzia.

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