Il mercato del vino italiano di qualità è sempre più legato alla ristorazione e, di conseguenza, al turismo e all’enoturismo. Che, nel 2021, della riscossa hanno mostrato segnali incoraggianti. Ma oggi, con la testa quasi fuori dalla pandemia, con tante restrizioni prossime a cadere in parte dal 1 aprile, e poi in maniera quasi totale dal 1 maggio, la guerra, le tensioni internazionali e l’aumento dei costi, tutto è tornato in discussione. Al netto di questo, per il vino, “main trend” come la sostenibilità, il legame con il territorio e la valorizzazione dei vitigni autoctoni, restano punti di forza su cui lavorare per costruire il nuovo domani. Messaggi che arrivano da Verona da istituzioni, imprese ed accademici nel Congresso Assoenologi.
Se nel 2021 l’export ha superato la soglia dei 7 miliardi di euro, ha ricordato Denis Pantini di Nomisma Wine Monitori (con il Prosecco locomotiva con 1,3 miliardi di euro, insieme a rossi di Toscana e Piemonte, bianchi e rossi del veneto, bianchi del Trentino Alto Adige e del Friuli Venezia Giulia, rossi e bianchi di Sicilia e bianchi di Toscana tra le categoria più performanti in termini di valore), sono cresciute ancora le vendite in Gdo ed è ripartito, in parte l’Horeca, le conseguenze della guerra tra Russia e Ucraina, tra quelle dirette su due mercati che per il vino italiano, nel complesso, rappresentano più di 400 milioni di euro, e soprattutto quelle indirette, che amplificano la crescita dei costi di energia e materie prime già in essere dalla fine del 2021 e stanno anche portando a problemi di approvvigionamento di bottiglie, carta e così via, peseranno non poco.
Non di meno, nella costruzione del “vino del futuro”, secondo la ricerca di Nomisma, che ha sondato le opinioni dei produttori, peseranno soprattutto bio e sostenibilità (89%) e basso contenuto alcolico (45%). Valori che contano soprattutto per i consumatori più evoluti, mentre per l’85% dei consumatori, che sono i “non esperti”, ha sottolineato Vincenzo Russo, Professore di Psicologia dei Consumi e Neuromarketing alla Libera Università di Lingue e Comunicazione IULM di Milano, bisogna tenere conto soprattutto dell’aspetto emozionale, del primo impatto, “perchè chi sceglie emotivamente, sta allo scaffale dai 5 ai 24 secondi, ed è l’etichetta che fa vendere la prima bottiglia”.
Ma, come detto, se la ristorazione è ripartita in pompa magna, “anche soprattutto grazie ai giovani che sono sempre più interessati al vino di qualità, con i grandi classici come Brunello di Montalcino, Barolo e così via che vanno sempre bene, e una grande crescita dei vini del Sud”, ha detto Alessandro Rossi, National Category Manager Wine Partesa, è il contesto internazionale a preoccupare, a partire dal tema trasversale dei costi energetici. “Che si può risolvere solo lavorando a livello europeo, fissando un tetto comune al prezzo del gas e senza guardare ai singoli interessi nazionali, ma a quelli dell’Unione Europea nel suo complesso”, ha detto il Ministro delle Politiche Agricole, Stefano Patuanelli, stimolato dal giornalista e produttore Bruno Vespa, sottolineando come poi il tema della indipendenza energetica, per l’Italia, voglia dire investire di più sulle fonte rinnovabili, perchè “con quelle fossili che abbiamo possiamo andare avanti poco”.
Le preoccupazioni, però, sono anche sul fronte enoturistico, in un anno in cui, tra l’altro, a ribadito il Ministro del Turismo, Massimo Garavaglia, in un video messaggio, il Congresso mondiale sul tema organizzato dall’Agenzia del Turismo dell’Onu sarà di scena proprio in Italia, per la prima volta, ad Alba, in settembre, “riconoscimento al valore del Belpaese, che, nel turismo legato al vino e alla gastronomia, ha un asset fondamentale”, ha detto il Ministro.
“L’impatto della guerra sul turismo si è già sentito - ha detto Donatella Cinelli Colombini, produttrice a Montalcino e pioniera del Movimento del Turismo del Vino - le prenotazioni per la Pasqua si sono fermate, il caro carburanti peserà sul turismo italiano, e ancora manca molto il ritorno degli americani, che sono i veri big spender nelle nostre cantine. Ma dobbiamo continuare ad investire in formazione e in progetti legati all’accoglienza e all’animazione in cantina, e ci sono tante opportunità. Guardiamo, per esempio, al Sudafrica, dove ci sono fattorie di coccodrilli e struzzi, ma anche di conigli d’angora. E ricordiamoci che un elefante è grande come un bue chianino maschio. Quindi, se noi siamo capaci di organizzare animazione intorno ad ogni comparto agricolo, diamo una spinta a tutto il turismo italiano, e ricordiamoci che la prima attrattiva dell’Italia per gli stranieri non è il patrimonio artistico, ma sono il vino ed il cibo”. Serve, però, formazione professionale ad hoc, e semplificazione: “la legge sull’enoturismo è in vigore del 2019, ma solo la metà delle Regioni l’ha recepita”, ha detto, dal canto suo, il primo firmatario della legge, il senatore Dario Stefàno. “Oggi ci sono 30.000 cantine in Italia aperte al pubblico, ma di queste solo 8-10.000 sono ben organizzate per l’enoturismo”, ha aggiunto Cinelli Colombini. Numeri che la dicono lunga di quante siano ancora, le potenzialità inespresse di un settore importante per un’Italia che, oggi più che mai, non può sprecare nessuna occasione per agganciare la ripartenza”.
A dare un po’ di fiducia, comunque, c’è il fatto che storicamente, il vino italiano, ha affrontato e superato tante fasi di crisi, uscendone sempre più forte. “E ce la farà anche questa volta”, ha detto, a WineNews, il giornalista e produttore, Bruno Vespa.
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