Attenzione ai pesticidi, potenziali nemici degli animali e prodotti su cui c’è ancora tanto da scoprire attraverso la ricerca. Un lavoro appena pubblicato sulla prestigiosa rivista “Science of the Total Environment”, condotto da un team di ricercatori e ricercatrici, coordinati da Simone Tosi, docente e ricercatore del Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari dell’Università di Torino, ha indagato sugli effetti collaterali dei pesticidi utilizzati nei campi coltivati. Secondo lo studio sono noti gli effetti subletali (capaci di causare danni patologici o biologici, ma non la morte) su insetti impollinatori e tanti altri organismi benefici, solo del 29% dei pesticidi diffusi nell’ambiente. Questi pesticidi, inoltre, vengono spesso diffusi nell’ambiente contemporaneamente insieme a tanti altri, creando di fatto dei cocktail chimici che amplificano esponenzialmente i danni sugli animali. La ricerca dimostra come ad oggi la comunità scientifica non sia a conoscenza degli effetti collaterali causati dal 99% delle possibili combinazioni di pesticidi utilizzati nei campi coltivati.
I ricercatori lamentano una carenza di dati riguardanti queste tematiche e, attraverso questo studio, propongono nuovi metodi e approcci per analizzare e interpretare questi effetti. I risultati della ricerca evidenziano l’importanza di considerare gli impatti subletali e combinati dei pesticidi, inclusi fungicidi ed erbicidi. L’approccio integrativo di questo lavoro ha l’obiettivo di facilitare la sua implementazione in future ricerche scientifiche e nei processi di valutazione del rischio, verso una migliore comprensione delle complessità del mondo reale.
“Dopo anni di ricerche sul complesso e controverso stato di salute delle api ci siamo resi conto che qualcosa non quadrava - dichiara Simone Tosi, docente e ricercatore del Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari dell’Università di Torino - e nelle nostre ricerche, la gran parte delle api e altri impollinatori esposte ai pesticidi mostrava anomalie comportamentali e fisiologiche: non riuscivano più a muoversi e coordinarsi, le abilità di volo erano alterate, ed erano incapaci a termoregolare l’alveare. Nonostante ciò, i pesticidi approvati all’uso nei nostri campi non sono testati per questo tipo di effetti sugli impollinatori. È come se valutassimo il rischio causato dell’alcol sugli esseri umani solo considerando gli effetti letali, non quelli sulle abilità cognitive, come ad esempio la guida in stato d’ebbrezza”. Tosi ha spiegato come “abbiamo deciso di affrontare questo limite del sistema raccogliendo tutti i dati disponibili sui complessi effetti che i pesticidi causano agli impollinatori”, avvertendo che “troppi dati sulla tossicità dei prodotti chimici sono sconosciuti. Il nostro studio ha iniziato a colmare questo limite di conoscenza, ponendo l’attenzione su una tematica molto attuale, anche a livello politico. Abbiamo discusso la questione fornendo ai cittadini, ai ricercatori, ai valutatori del rischio e ai politici, in modo trasparente, tutto quello che abbiamo scoperto”.
La ricerca rappresenta un importante tassello verso la condivisione standardizzata di dati sulla tossicità dei pesticidi. Se i valutatori del rischio mirano a proteggere le persone e l’ambiente dalle conseguenze inaccettabili dell’uso di pesticidi, questi approcci armonizzati e standardizzati possono aiutarli a soddisfare in modo più efficace il loro lavoro. I ricercatori, in questo studio, sottolineano la necessità di una valutazione più raffinata e olistica dei rischi dei pesticidi, che non si concentri solo sulla letalità, verso un ambiente più sano per le api e per gli uomini.
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