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VINO E LEGGE

Vini “dealcolizzati”, dalla Commissione Ue arrivano chiarimenti sulla normativa che li regolerà

Dalle tipologie ai gradi alcolici, all’uso o meno delle Denominazioni (previa modifiche ai disciplinari), i punti salienti segnalati da Federvini
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Un calice di vino nella foto di Corina Rainer via Unsplash

Ad inizio 2022, il tema dei vini “dealcolizzati” ha suscitato un grande dibattito nella filiera, tra le posizioni più oltranziste, alla stregua del “quello non è vino”, e quelle più pragmatiche, consapevole che un tipo di prodotto che, comunque, ha un mercato che, peraltro, è in crescita, e che c’è quindi la necessità di gestirlo e regolamentarlo. In questo senso, la Commissione Europea, con una nota del 13 luglio 2022, come riporta oggi la Federvini, il cui gruppo vino è guidato da Albiera Antinori, ha fornito alcuni primi chiarimenti in materia di vini dealcolizzati e vini parzialmente dealcolizzati.
“Come si ricorderà, con la riforma Pac sono stati introdotti i vini dealcolizzati e i vini parzialmente dealcolizzati che possono essere ottenuti tramite l’utilizzo singolo o combinato delle pratiche di parziale evaporazione sotto vuoto, delle tecniche a membrana o della distillazione, a partire dai prodotti vitivinicoli che appartengono alle categorie “vino”, “vino spumante”, “vino spumante di qualità”, “vino spumante di qualità del tipo aromatico”, “vino frizzante” e “vino frizzante gassificato”. Sono, quindi, esclusi i vini liquorosi, i vini spumanti gassificati, i vini ottenuti da uve appassite e i vini di uve stramature”. Ancora, si legge, i vini dealcolizzati sono caratterizzati da un titolo alcolometrico effettivo non superiore a 0,5% vol., mentre i vini parzialmente dealcolizzati hanno un titolo alcolometrico effettivo compreso tra 0,5 % vol.
e la gradazione minima prevista per legge per la categoria del prodotto vitivinicolo sottoposto al processo di dealcolizzazione, totale o parziale. Altro tema delicato, è quello dell’utilizzo delle denominazioni per questi prodotti. Che la normativa europea, a certe condizioni, consente, a patto che siano ammessi dai disciplinari. “I vini dealcolizzati e i vini parzialmente dealcolizzati devono riportare nella designazione il termine “dealcolizzato” o “parzialmente dealcolizzato” a seconda dei casi, per garantire una corretta informazione al consumatore.
I vini dealcolizzati non possono essere designati con una denominazione di origine protetta, al contrario dei vini parzialmente dealcolizzati. Qualora un vino parzialmente dealcolizzato sia prodotto a partire da un vino a Dop o a Igp - si legge ancora - per poter mantenere la relativa denominazione di origine protetta o indicazione geografica protetta, il relativo disciplinare di produzione deve prevederne la corrispondente tipologia, la descrizione delle caratteristiche chimico fisiche e organolettiche, oltre alle pratiche enologiche autorizzate per il processo di dealcolizzazione parziale. In altre parole, per poter produrre e commercializzare un vino a Dop o a Igp parzialmente dealcolizzato è necessario, prima, modificare il relativo disciplinare di produzione”.
Ancora, spiega Federvini, i vini dealcolizzati ed i vini parzialmente dealcolizzati con un titolo alcolometrico inferiore a 10% vol. devono riportare l’indicazione del termine minimo di conservazione di cui all’art. 9, par. 1, lettera f), del regolamento UE n. 1169/2011. Inoltre, i servizi della Commissione hanno chiarito che non è consentita la dealcolizzazione nel caso di prodotti che abbiano subito un arricchimento. In altre parole, la pratica della dealcolizzazione e quella di arricchimento sono mutualmente incompatibili. Non è ammesso né il taglio né la miscelazione tra un “vino” e un “vino parzialmente dealcolizzato” o un “vino dealcolizzato”, se si vuole denominare il prodotto che ne risulta come “vino” o “vino parzialmente dealcolizzato”; viceversa, le citate operazioni sono ammesse se non si intende utilizzare le denominazioni riservate ai prodotti vitivinicoli.
Le indicazioni della varietà e dell’annata sono consentite anche nel caso dei prodotti dealcolizzati, a patto che siano caratteristiche del vino base. Non sono ammesse denominazioni di vendita alternative/integrative, quali, a mero titolo d’esempio, “vino senza alcol” e similari. La Commissione, ricorda ancora la Federvini, ha altresì anticipato che, nei prossimi mesi, avvierà una discussione più approfondita con gli Stati membri su taluni aspetti che meritano di essere ulteriormente chiariti, quali la possibilità di produrre un vino spumante a ridotta gradazione alcolica tramite la seconda fermentazione di un vino base dealcolizzato. E va segnalato, inoltre, il parere espresso dall’Ispettorato Centrale della Tutela della Qualità e della Repressione Frodi dei Prodotti Agroalimentari (Icqrf), nella cornice del Vademecum vendemmiale per la campagna vitivinicola 2022-2023, l’incompatibilità della vigente normativa nazionale, in relazione alle problematiche connesse con l’estrazione dal vino, la successiva detenzione in cantina e la definitiva destinazione di acqua, alcol o loro miscele, con le citate novità previste dalle norme dell’Unione Europea.

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