“Nel suo “Viaggio in Italia”, il poeta Goethe racconta un Natale a Napoli di fine Settecento che ha dell’incredibile perché è come un “Paese della Cuccagna”, tra corone di salsicce e polizia a cavallo che percorre i vicoli della città annunciando quante migliaia di buoi, agnelli e capretti sono stati mangiati ai napoletani che si compiacciono per la parte che hanno avuto in tutto quel godimento. Oggi non è più così, ovviamente, ma il Natale in Italia è ancora una grande festa e ad essersi conservato nei secoli è il rito di ritrovarsi con la famiglia riunita intorno alla tavola. È la festa della convivenza, e non c’è convivenza senza condivisione, perciò nel giorno di Natale si afferma il calore degli affetti e della solidarietà sostenuta con forza dalla generosità, che, all’opposto dell’invidia, è gioia che la condivisione moltiplica. E la tavola è l’epicentro di questo incontro, e il cemento identitario della sconfinata varietà di impianti tradizionali che la caratterizzano dal Nord al Sud della Penisola”. A ripercorrere, con WineNews, il significato della tavola delle Feste è il professor Gianni Moriani, storico della cucina e del paesaggio agrario italiani, per il quale “il vino non può assolutamente mancare: il mio suggerimento è di mettere in tavola una buonissima bottiglia, magari acquistata in una cantina durante uno dei nostri viaggi. E mentre si versa, di raccontare quel vino attraverso il paesaggio, i colori ed i profumi del luogo in cui è stato prodotto. Perché il pranzo di Natale è cibo e vino, ma è anche narrazione e ricordo di momenti di vita”.
Proprio per ricordarci quanto sia ricca e complessa l’identità che lega “essere” e “mangiare”, dovremmo rileggere i più grandi filosofi della storia, da Ludwig Feuerbach a Tullio Gregory: “i filosofi aiutano a vivere ed è bene “condire” con molta saggezza anche lo stare a tavola ed i piatti che si mangiano - spiega Moriani, docente del Master in Filosofia del Cibo e del Vino dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano - non dobbiamo abbuffarci, ma avere misura anche nel pranzo di Natale, consumando cibi di grande qualità assieme a vini di grande qualità per una vita di migliore qualità”.
Spesso l’estetica sembra contare, infatti, più del sapore, ma ci sono momenti dell’anno e della nostra vita come Natale, in cui cibo e vino riacquistano la loro dimensione sociale di condivisione e gioia, perché farci stare insieme è la loro funzione storica. “Noi siamo fatti di quello che mangiamo, di quello che beviamo e dei momenti di vita che condividiamo con le altre persone - sottolinea Moriani, che è anche ideatore del Master in Cultura del Cibo e del Vino dell’Università Ca’ Foscari di Venezia - la disperazione maggiore che si può provare a Natale è passarlo da soli. Se si è soli, non c’è cibo buonissimo né vino buonissimo che ci possano rallegrare. Uno dei drammi della nostra società è la diffusa solitudine: cerchiamo di prolungare la convivenza che ritroviamo a Natale, anche agli altri giorni dell’anno”.
“Un ultimo consiglio - conclude il professore - nel pranzo di Natale non può mancare anche il miele per “preparare”, come si dice, futuri giorni dolcissimi”.
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