Continua a tenere banco sui media italiani, diventando oltre che economico e scientifico, anche politico, il dibattito su “alcol e salute”, di cui WineNews sta ampiamente scrivendo da giorni. Uno dei grandi temi su cui ognuna delle parti porta ricerche scientifiche a supporto, è la dannosità dell’alcol, per alcuni evidente qualsiasi sia la quantità e la bevanda che si consuma, per altri rischiosa per la salute solo oltre certe quantità ed in certe condizioni. Ed in questo senso, è interessante affermato da Corrado Galli, presidente della Società Italiana di Tossicologia, “un’associazione scientifica che rappresenta soci attivi nell’Università, nell’industria, in enti ed aziende e in strutture sanitarie/ospedaliere”, come riporta il sito www.sitox.it, che sostiene: “tutte le sostanze sono tossiche, solo la dose le rende non tossiche. È bene distinguere il concetto di pericolo da quello di rischio. Infatti, il pericolo è una caratteristica intrinseca di una sostanza (può causare danni al feto), mentre il rischio è una stima del danno derivante dall’esposizione alla sostanza. Per stimare il rischio, non basta l’identificazione dell’effetto (danno al feto), ma serve la definizione della dose con la quale l’effetto non avviene e come questa si confronta con l’esposizione dell’individuo o della popolazione: se siamo al di sotto della dose di non effetto, l’esposizione è da considerarsi sicura; è una dose che rende la sostanza “non tossica”. Anche l’alcol, come tutte le sostanze, può causare effetti tossici - sostiene Galli - ma vi sono dosi (quantità) al di sotto delle quali tali conseguenze non compaiono. Ci sono altri esempi di sostanze o agenti classificati come cancerogeni - la carne lavorata o la carne rossa - o che sono noti interferenti endocrini, come la soia. Eppure continuiamo tranquillamente a consumarle senza alcuna etichettatura e clamore. Pertanto - conclude il professor Corrado Galli - si dovrebbe sempre chiarire il concetto di rischio da cui deriva la definizione di dose, uso o esposizione da considerarsi sicura. Questo riferimento alla dose sicura è da applicare a tutte le sostanze, comprese quelle con le quali siamo familiari e che possono causare danni alla salute se si eccede nell’uso. L’alcol non fa eccezioni”.
Parole che, in qualche modo, sono sulla linea di quanto affermato dal dottor Franco Berrino, che, tra le altre cose, ha diretto per anni il Dipartimento di Medicina Preventiva e Predittiva all’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, e pubblicato diversi libri ed articoli sul tema della salute legato all’alimentazione. Berrino, in un’intervista al quotidiano “Corriere della Sera”, pur confermando il legame tra alcol e rischio di sviluppare tumori, ha detto: “io per la mia esperienza e i miei studi sono convinto che se si beve un po’ di vino si rischia molto meno rispetto all’esposizione ad altri fattori, come inquinamento, fumo, pesticidi. Ma veniamo a quello che dice la scienza: intanto, nelle linee guida internazionali, non si parla di vino, si parla genericamente di alcol. E il punto su cui la comunità scientifica concorda è che la relazione delle bevande alcoliche con il cancro è molto chiara. Oggi il Codice Europeo contro il Cancro recita: “Se bevi alcolici di qualsiasi tipo, limitane il consumo. Per prevenire il cancro è meglio evitare di bere alcolici”. Zero è la dose più sicura, insomma. Per definire i limiti di consumo, si guarda alle linee guida nazionali: il Ministero della Salute e molte altre raccomandazioni elaborate negli anni definiscono a basso rischio il consumo di 1 unità alcolica al giorno per le donne, 2 unità alcoliche al giorno per gli uomini. Dove per unità alcolica si intende 10 grammi di alcol, che sono quelli contenuti in un bicchiere di vino, una lattina di birra, un bicchierino di superalcolico. Per non correre rischi rispetto all’insorgenza di tumori queste dosi sono molto vicine a quella sicura, anche se per le donne è raccomandabile una prudenza ancora maggiore”. E questo, spiega Berrino, per una questione ormonale legata al tumore alla mammella. E, spiega ancora Berrino, “l’alcol è alcol: rispetto alle grosse patologie come i tumori è quella la componente problematica di cui si parla nelle linee guida. Possiamo fare, però, alcune distinzioni: nel caso del vino, i polifenoli di cui è ricco, soprattutto quello rosso, sono un valore aggiunto, una componente positiva. Tant’è che vari studi mostrano che i bevitori modesti di vino si ammalano un po’ meno dei non bevitori di malattie cardiovascolari, e il rischio di cancro è molto piccolo. Altri alcolici, invece, come per esempio gli amari, sono anche pieni di zucchero: questo non va assolutamente bene”. Ed ancora, alla giornalista del “Corriere della Sera” Alessandra Dal Monte, che chiede al professor Berrino se un calice a settimana per le donne e massimo due al giorno per gli uomini siano accettabili per non compromettere la salute, Berrino risponde: “sì. Con 1-2 porzioni al giorno (rispettivamente per le donne e per gli uomini, con il distinguo che abbiamo fatto rispetto al tumore della mammella) di alcol gli studi non registrano un aumento dell’insorgenza di tumori alla bocca, alla laringe, alla faringe, all’esofago. La relazione causale è evidente quando si superano queste dosi. Con 1 litro di vino al giorno (100 grammi di alcol, ndr), per esempio, la possibilità di ammalarsi di questi tipi di cancro aumenta di tre volte (il 300% in più, ndr). Per il tumore al fegato e al colon, sempre con dosi più alte di quelle raccomandate, il rischio aumenta del 50%. Per proteggersi da questo tipo di tumori quando si consuma alcol è bene avere dosi alte di acido folico nell’organismo: l’alcol interferisce con alcuni meccanismi del Dna che invece sono favoriti dall’acido folico. Meglio allora farne scorta con legumi e verdure in foglia”. E dopo aver spiegato che, per esempio, il fumo è molto più dannoso, ma lo è anche lo zucchero rispetto all’alcol nelle dosi consigliate da non superare, il professor Berrino, che racconta di bere “ogni settimana o due, uno o due calici di buon vino biologico senza solfiti aggiunti. I solfiti infiammano l’intestino e fanno venire mal di testa”, per orientarsi in questa selva di pareri, raccomandazioni, proposte di legge e così via, consiglia di “usare il buon senso e stare alle dosi raccomandate. L’alcol sicuramente fa male al cervello, ma tutto dipende dalla dose. Gli studi epidemiologici non trovano danni, anzi suggeriscono una protezione, per le piccole dosi”.
E, nel frattempo, è arrivato anche il commento di Nino Cartabellotta, presidente Fondazione Gimbe (che, come scopo dichiarato, ha quello “di favorire la diffusione e l’applicazione delle migliori evidenze scientifiche con attività indipendenti di ricerca, formazione e informazione scientifica, al fine di migliorare la salute delle persone e di contribuire alla sostenibilità di un servizio sanitario pubblico, equo e universalistico”), che, via Twitter, ha scritto, taggando il vino: “voler far passare il messaggio che tutto fa male alla salute è un boomerang. La gente crederà che non fa male nulla”.
Pareri che si aggiungono a quelli già espressi, dunque, e che propendono per il buon senso e per la giusta regola, ma che ovviamente non chiuderanno una partita delicata e importante, perchè si parla di salute pubblica, ma anche di cultura, identità ed economia. In ogni caso, ci si muove sul fronte politico, in una battaglia a difesa del vino, sotto i riflettori in Italia come in nessun altro Paese, pare, almeno ad ora, e che sembra unire forze di maggioranza e opposizione, come mostrano le iniziative, tra le altre, di Fratelli d’Italia, il partito più forte del Governo, ed il Partito Democratico, principale partito di opposizione in Parlamento. In particolare, Fratelli d’Italia ha presentato una “risoluzione che impegna il Governo a 360 gradi ad assumere iniziative per contrastare l’introduzione nell’etichettatura dei vini di indicazioni di rischio per la salute connesso al consumo di alcool, ma anche se nel caso a fare ricorso alla Corte di giustizia dell’Unione europea”, con un provvedimento presentato in queste ore in Commissione Agricoltura della Camera dei Deputati, con prima firmataria la deputata di Fdi Maria Cristina Caretta. Tre i punti chiave della risoluzione, come si legge nel testo, per scongiurare l’introduzione della normativa dell’Irlanda (che, come ogni Paese Ue, in tema di salute pubblica ha autonomia in materia, ndr): “adoperarsi in tutti i tavoli europei di competenza, valutando, se del caso, la sussistenza dei presupposti per promuovere un ricorso alla Corte di giustizia dell’Unione Europea, anche in coordinamento con altri Paesi europei che condividono il medesimo posizionamento italiano; operare in tutti i tavoli internazionali di competenza, con riferimento all’Organizzazione Mondiale del Commercio (Wto); adottare iniziative, anche in coordinamento con altri Paesi europei, produttori ed esportatori di vino presso le competenti sedi europee, per scongiurare che la normativa irlandese diventi un precedente a danno delle produzioni vinicole nazionali, andando, tra le altre, oltre il perimetro tracciato dal Parlamento europeo nel voto espresso sulla risoluzione”. E va nello stesso senso la mozione del Partito Democratico, a prima firma Debora Serracchiani e sottoscritta dai deputati Andrea Gnassi (Attività Produttive) e Stefano Vaccari (Capogruppo Commissione Agricoltura), secondo la quale “il Governo italiano deve attivarsi, in tutte le sedi europee ed internazionali, al fine di scongiurare sia l’autorizzazione da parte dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, sia l’adozione di analoghe iniziative da parte di altri Paesi membri, all’iniziativa dell’Irlanda che vuole introdurre, anche nelle etichette del vino, informazioni sul pericolo dell’uso di alcol. Abbiamo l’obiettivo - hanno dichiarato gli esponenti del Pd - di salvaguardare le produzioni italiane e assicurare un corretto funzionamento del mercato interno, prevenendo o rimuovendo eventuali barriere”. Ed ancora, tra le altre cose, la mozione del Pd sottolinea come “la regolamentazione che vuole introdurre l’Irlanda non differenzia l’uso dall’abuso di alcol, tra consumo nocivo e moderato di bevande alcoliche e, pertanto, non appare in grado di apportare misurabili ed effettivi benefici nella lotta contro il consumo irresponsabile. La nuova regolamentazione voluta dall’Irlanda crea una forte spaccatura all’interno del mercato unico europeo, legittimando etichettature differenti sui prodotti all’interno dei paesi membri, mettendo in pericolo l’armonizzazione della legislazione e compromettendo la libera circolazione delle merci nel mercato interno”. Serracchiani, Gnassi e Vaccari - si legge in una nota - fanno inoltre presente al governo che “il Parlamento Europeo nel 2022 si è espresso, con un voto a larghissima maggioranza, contro le suddette indicazioni nelle etichette. La decisione dell’Irlanda avrà conseguenze negative per l’export italiano, con il rischio che il danno diventi molto più consistente nel caso in cui altri Paesi decidano di seguirne tale esempio”. La mozione del Pd, spiega ancora una nota, impegna infine il Governo “a favorire un’azione coordinata a livello europeo, basata sul dialogo costruttivo tra i Paesi membri e con le Istituzioni europee, al fine di promuovere politiche volte a incoraggiare un consumo consapevole e responsabile di alcol, accompagnate da azioni più mirate contro quello eccessivo e pericoloso, in un’ottica di proporzionalità e ragionevolezza della regolazione”.
Iniziative, pareri e giudizi, tra scienza e politica, che si aggiungono quelle dei giorni scorsi, tra posizioni di medici “pro e contro” il calice, ma anche dei Ministri dell’Agricoltura, Lollobrigida, che ha annunciato iniziative congiunte tra Italia, Francia e Spagna (i principali produttori di vino d’Europa e del Mondo) contro gli “health warning” irlandesi, e del Ministro degli Affari Esteri Tajani, che ha aperto un tavolo di discussione proprio con il Governo irlandese, come riportato qui (iniziativa commentata con soddisfazione dal presidente Assoenologi, Riccardo Cotarella, vedi focus) e di medici, scienziati e ricercatori che sostengono ovviamente la loro contrarietà all’abuso di alcol, ma anche la beneficità di un consumo moderato di vino, come hanno detto e ribadito, anche in questi video su WineNews, Giorgio Calabrese, medico dietologo e presidente Comitato Nazionale Sicurezza Alimentare del Ministero della Salute, Vincenzo Montemurro, cardiologo e membro del Consiglio direttivo della Società Italiana di Cardiologia, Michele Scognamiglio, specialista in Scienza dell’Alimentazione, biochimica e patologia clinica, Marco Deriu, docente di Bioingegneria al Politecnico di Torino, e la giornalista e divulgatrice Rosanna Lambertucci, e ancora Pierre-Louis Teissedre, presidente della Commissione Sicurezza e Salute Oiv, e Luc Djoussè, direttore di ricerca del Dipartimento di Medicina della Harvard Medical School, oltre alle posizioni della filiera, con il presidente di Assoenologi Riccardo Cotarella, Vittorio Cino, direttore Federvini, Nicola Tinelli, Coordinatore Ufficio Politico Unione Italiana Vini (Uiv).
Vino e salute, il presidente Assoenologi Riccardo Cotarella: “l’intervento del Governo è un primo passo importante per riaprire interlocuzione con l’Irlanda”
“L’intervento del nostro Governo, attraverso il Ministro degli Esteri Antonio Tajani, sull’Esecutivo irlandese - spiega il presidente Assoenologi, Riccardo Cotarella - per avviare un confronto in cui discutere delle etichettature con gli “alert” per la salute umana da apporre sugli alcolici, come la stessa Irlanda ha chiesto di poter applicare all’Unione europea, ci rende soddisfatti: il tavolo tecnico bilaterale con i rispettivi Ministeri dell’Agricoltura e della Salute è sicuramente un primo atto importante. La riapertura della discussione, Assoenologi l’ha auspicata e sollecitata fin dal primissimo momento, convinti che soltanto attraverso il dialogo costruttivo si possa arrivare a una soluzione ragionevole ed equilibrata. L’interessamento fattivo del nostro Governo, anche attraverso il Ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, è un segnale importante che ci dà forza e sostegno in questa battaglia in difesa del vino italiano”.
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