La storia tende a ripetersi, seguendo solitamente cicli molto lunghi, ma a volte riproponendo gli stessi schemi a distanza di appena qualche decennio. Allo stesso modo, anche i comportamenti e le reazioni delle persone possono risultare simili. Così, dopo due anni di pandemia, e un ritorno alla normalità interrotto proprio sul più bello dall’invasione russa dell’Ucraina, che ha portato alla spirale inflazionistica con cui sta facendo i conti, da mesi, l’economia globale, non sorprende più di tanto che i consumatori, oggi, reagiscono praticamente allo stesso modo dei loro genitori o dei loro nonni negli anni Settanta e Ottanta, quando l’instabilità geopolitica, e quindi economica, erano all’ordine del giorno. È quanto emerge dall’ultimo report di Iri (FMCG Demand Signals) sugli acquisti dei beni di largo consumo in Gdo, negli ultimi 12 mesi (tra luglio 2021 e luglio 2022), in sei grandi Paesi europei: Italia, Francia, Spagna, Germania, Paesi Bassi e Gran Bretagna.
Con l’aumento dei prezzi, cui non fa fronte un uguale aumento dei salari, i consumatori si trovano di fronte a scelte difficili: il reddito disponibile vede una continua erosione, così come i risparmi, e la risposta sempre più spesso assume i contorni dell’austerity. Cambiano i luoghi della spesa, cambia il carrello e, ovviamente, cambiano i consumi. A rimetterci, vista l’imprescindibilità di alcune categorie e la resilienza di altre, sono le vendite di alcolici e prodotti per la cura della casa. Le catene della Gdo puntano a mitigare soprattutto i prezzi dei beni alimentari, mentre gli acquisti migrano sugli scaffali dei discount.
Nel complesso, i consumi di beni di largo consumo, alimentari e non alimentari, ha toccato i 593 miliardi di euro (+1,5%), ma come abbiamo anticipato tra le categorie in calo c’è quella degli alcolici, su cui l’impatto dell’inflazione è particolarmente duro. Nel periodo luglio 2021-luglio 2022, così, la categoria ha perso il 5% a valore, pari a 3,4 miliardi di euro, arrivando a 66 miliardi di euro, e il trend è ancora peggiore se si guarda all’andamento da inizio 2022 a luglio dello stesso anno: -6,7%. A trascinare in basso le vendite in Gdo, in questo periodo, è la Gran Bretagna (-13%), specie sul segmento di birra e sidro, ma anche la Francia (-4,5%) e la Germania (-2,6%) hanno un loro peso.
Il calo, iniziato già prima del boom dei prezzi, è dovuto innanzitutto al ritorno alla normalità dopo due anni di pandemia, ma le cose sono continuate a peggiorare, e i costi della “socializzazione” dei consumatori in Europa crescono. Così, il 39% dei consumatori ha deciso di spendere meno per la birra, ed il 44% ha tagliato la spesa di vino e spirits. Nonostante ciò, qualche motivo di ottimismo persiste, ed arriva proprio dalla Gran Bretagna: le vendite di prodotti a zero e a basso contenuto alcolico in Uk, come si legge nel report Iri, hanno registrato una crescita del 3,7% in volume, a quota cinque milioni di litri nel 2022. Al contempo, le vendite a valore nel 2022 sono cresciute del 5,3%, a 16 milioni di sterline, e Iri prevede che con una offerta più varia, e maggiore spazio all’interno delle grandi catene della Gdo, le vendite possano aumentare, anche sullo slancio di eventi promozionali come il “Dry January”.
Anche il mercato delle bollicine, particolarmente solido in Gran Bretagna da almeno un decennio, lancia segnali positivi, anche grazie alla continua moltiplicazione delle occasioni di consumo di Prosecco e Champagne nella quotidianità dei consumatori britannici. Oltre agli sparkling, anche i ready-to-drink resistono al calo generalizzato degli acquisti di alcolici. Ciò che può cambiare, come racconta Ananda Roy, global SVP, strategic growth insights di Iri, “sono i marchi acquistati ed il canale in cui vengono acquistati, alla ricerca dei prezzi migliori. Non passerà la voglia di regalare una bottiglia o di celebrare, anche se questo significherà acquistare Prosecco e Champagne al discount invece che nei supermercati tradizionali”.
Un altro dato interessante che riguarda la categoria degli alcolici, è la crescita della marca del distributore, che rappresenta il 16,4% del mercato, pari a 11 miliardi di sterline a valore, ma si prevede un’ulteriore exploit nei prossimi anni, legato proprio al segmento low e no alcol ed alla collaborazione con marchi e produttori artigianali, di vino, birra e spirits. “È probabile che i commercianti e la Gdo aumentino i prezzi nel 2023, e questo potrebbe indebolire la domanda, in particolare nel Regno Unito e in Germania, dove i consumatori sono stati colpiti di più dall’inflazione. In questo modo, nonostante l’enorme fedeltà ai propri brand preferiti di vino, birra e spirits, i consumi potrebbero rivolgersi proprio alle private label”, conclude Ananda Roy.
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