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SCENARI

Il 2023 nei sentiment e nelle previsioni dei protagonisti del mercato dei fine wines

Dal report “Global wine trade predictions for 2023” del Liv-ex la speranza di un riequilibrio dei prezzi in Borgogna e il Barolo in rampa di lancio
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Le previsioni per il 2023 dei protagonisti del mercato dei fine wines

I 625 membri del Liv-ex, divisi in 44 Paesi, tra storici wine merchant e giovani startupper, rappresentano il top del commercio mondiale di fine wine, tanto che il 90% del fatturato del settore passa per le loro mani. Il sentiment e le aspettative di questa cerchia ristretta ed esclusiva - raccolti dall’indice londinese nel report “Global wine trade predictions for 2023” - possono dare indicazioni assai utili a capire come sarà il 2023 dei vini da investimento. Il primo aspetto riguarda le attese per i prossimi mesi, e ne emerge un leggero ottimismo: il 38% si dice “piuttosto ottimista”, contro il 21% di chi si dichiara “piuttosto pessimista”, mentre il 34% dà un parere “neutrale” ed un 5% addirittura “molto ottimista”.

Su un punto converge il 54% degli investitori: la più grande sfida del 2023 riguarda l’economia globale. Tra questi, il 30% prevede una recessione globale accompagnata da difficoltà in diverse regioni, mentre il 20% ha citato la volatilità della valuta come principale motivo di preoccupazione, mentre una quota minoritaria ha indicato inflazione, scarsa propensione agli investimenti e incertezza dei mercati.

La seconda grande sfida da affrontare è invece quella della logistica e, più in generale, della supply chain, indicati dal 16% dei rispondenti, ma c’è anche chi ha indicato la burocrazia che ostacola, dalla Brexit in poi, il commercio verso la Gran Bretagna, e le difficoltà nei rapporti commerciali con la Cina, che figura nel 12% delle risposte, ma per altri motivi, come la politica Covid-zero (nel frattempo abbandonata da Pechino, ndr) e le difficoltà di Hong Kong. Per un altro 12% uno dei problemi maggiori è la scarsità dell’offerta, riferendosi alla 2021 di Borgogna e in generale agli Champagne di annata. Infine, un altro 10% ha indicato i rialzi dei prezzi come la sfida più grande da dover affrontare nel 2023, che potrebbero essere “rifiutati” dagli investitori. Anche la guerra in Ucraina ricorre tra i motivi di preoccupazione, ma solo per il 9% dei membri del Liv-ex.

Il secondo campo di interesse riguarda quindi territori e brand che, nel 2022, sono andati per la maggiore, ed in questo le risposte non fanno che confermare quanto raccontato (e analizzato) dai numeri degli ultimi mesi. La Borgogna è stata indicata come territorio più richiesto dal 41,8% degli intervistati, grazie a rese ridotte, rilasci limitati, domanda elevata ed un certo livello di speculazione, specie per i bianchi. Poco distante, lo Champagne, indicato come territorio più richiesto dal 40% degli investitori, spinto dal boom dei millesimati, a prezzi ancora tutto sommato accessibili, ma anche investimento destinato più alla tavola e alle gioie della gola che ai caveau. Un altro 9% indica ancora Bordeaux, che viene da ottime annate e garantisce una certa tenuta sul fronte dei prezzi, poi Toscana (3,6%), California (3,6%) e whisky (1,8%).

Per i brand, le risposte sono decisamente più atomizzate. In vetta c’è Romanée-Conti (7%), sempre al centro delle speculazioni, a pari merito con Dom Pérignon (7%), che nel 2022 ha goduto di una domanda particolarmente sostenuta, che ha spinto molti wine merchant a rivolgersi al mercato secondario per proporre vecchie annate vendute a prezzi molto alti ma senza alcuna difficoltà. Altri marchi iconici sono stati Armand Rousseau e Domaine Leflaive, entrambi, come gli altri, nella top ten della Liv-ex Power 100 del 2022.

C’è una certa varietà di punti di vista anche rispetto al cambiamento dei modelli di acquisto dei clienti nel 2022. Il 14,5% ha affermato che i modelli di acquisto non sono cambiati o sono rimasti gli stessi, ma un altro 10% dice che gli acquirenti sono diventati più selettivi, mentre il 7% rileva una forte diversificazione dei portafogli. Alcuni hanno notato aumenti negli acquisti di Champagne (9%) e Californiani (5%), ma anche di vini di Rodano e Toscana. C’è anche chi ha rilevato una spesa media superiore, a fronte però di un volume di acquisti inferiore: la premiumisation che corre anche tra i fine wines. C’è poi chi ha segnalato la ripresa degli ordini dall’Asia, ma anche chi lamenta un calo evidente nella seconda metà dell’anno, mentre alcuni rilevano che cresce chi decide di scavalcare i broker affidandosi al trading online.

Non sorprende, quindi, che il 48% dei membri del Liv-ex nel 2022 abbia lavorato con la stessa base clienti dell’anno precedente, mentre il 37% ha registrato un aumento della clientela, al contrario del restante 14%. Chi ha visto un aumento dei nuovi clienti, soprattutto da Asia ed Europa, generalmente, ha anche ampliato il team di venditori dedicati ai clienti privati. Nel complesso, comunque, i numeri sono ancora inferiori a quelli del 2020, quando la pandemia ed i lockdown portarono ad un vero e proprio boom delle vendite, spinte dalla mole di risparmi non utilizzabili per viaggi e cene al ristorante.

La domanda finale riguarda, invece, ciò che accadrà nel 2023 del commercio enoico, da cui emergono una serie di previsioni. Il tema più gettonato riguarda la Borgogna, menzionata dal 14% dei rispondenti, che si aspettano un calo dei prezzi, ormai insostenibili, ma anche la volontà di focalizzarsi su marchi più speculativi, come Arnoux-Lachaux, nella convinzione che i bianchi continueranno comunque a crescere. Il 7% dei membri del Liv-ex si aspetta invece un ritorno di fiamma per i vini di Bordeaux, anche se le opinioni restano contrastanti, con una divisione quasi a metà sul successo, o l’insuccesso, della campagna 2022 en primeur. Dipende tutto dai prezzi, che se ritenuti troppo alti spingeranno gli investimenti sulle annate in commercio.

In rampa di lancio ci sono anche altri territori, a partire dal Piemonte e dal suo Barolo, indicato da molti come il vino del desiderio per il 2023. La domanda dovrebbe crescere anche per i vini della California, così come per gli Champagne dei produttori emergenti. Tra le altre previsioni, il ritorno dell’interesse asiatico per il mercato dei fine wines, specie da Giappone, Taiwan, Singapore e Corea del Sud.

Ci sono poi previsioni meno rosee, che riguardano fallimenti e cessazioni di attività, ma anche fusioni tra grandi wine merchant del Regno Unito e il consolidamento di aziende più piccole. Infine, da segnalare il ruolo crescente della tecnologia, perché se alcuni credono ancora che l’industria del vino non sia pronta per la tecnologia blockchain - e quindi ne prevedano la fine - la maggioranza pensa che la tecnologia continuerà a cambiare il modo in cui viene scambiato il vino nel mondo, garantendo trasparenza e tempi rapidi.

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