“Gli health warnings su vino e bevande alcoliche decisi dall’Irlanda adottano un approccio sbagliato: non distinguono tra uso ed abuso, rinunciano ad educare, criminalizzano le sostanze e non aiutano ad assumere dei comportamenti efficaci”. A dirlo, a WineNews, non è un voce che “difende” gli interessi della filiera del vino, ma Michele Contel, segretario generale dell’Osservatorio Permanente sui Giovani e l’Alcool.
Partendo dalla piaga dell’abuso giovanile di alcolici, Contel riconosce la gravità del problema e ribadisce l’importanza dell’educazione: “dal punto di vista generale i consumatori italiani rispetto alla maggioranza degli europei, ma anche di altri Paesi del mondo, consumano con moderazione, prevalentemente a pasto e in maniera occasionale. Sui giovani l’allarme è essenzialmente sugli under 18, su modalità di consumo che sono totalmente svincolate da competenza, piacere e conoscenza del prodotto. Da questo punto di vista l’allarme è reale, soprattutto su alcune fasce giovanili che si stanno avvicinando ad un consumo di tipo nord-europeo. La nostra cultura vede un primo tipo di assaggio che è associato quasi sempre al consumo di vino, progressivamente c’è una differenziazione e diversificazione da parte dei giovani. L’approccio irlandese riguarda tutte le bevande alcoliche, e oltre ad evidenti controindicazioni sotto il profilo economico presenta anche delle controindicazioni sotto il profilo sociale: nega la distinzione tra uso ed abuso, rinuncia ad educare per avere invece un approccio di tipo coercitivo, criminalizza le sostanze e non aiuta ad assumere dei comportamenti efficaci. Il discorso - continua Contel - rischia di essere controproducente per l’Europa stessa, e non solo per i Paesi mediterranei dove la centralità del vino è evidente, ma soprattutto per un modello di consumo, quello mediterraneo, in cui la presenza del vino, ma anche di altre bevande alcoliche, è sempre stata associata ad una dimensione di moderazione reale, ovvero la capacità e la competenza di saper gestire la bevanda. L’Italia è il primo Paese dell’Ue che ha ridotto di più del 25% i suoi consumi, raggiungendo questo risultato senza politiche coercitive ma con l’auto-regolazione, oltre che con un approccio di attenzione alla persona, allo stile di vita, all’integrazione del vino e di altre bevande in un comportamento alimentare complesso, che spiega perché gli italiani sanno bere meglio e vivono più a lungo.
“Anche se l’Unione Europea e l’Organizzazione Mondiale della Sanità - prosegue Contel - preferiscono approcci che chiamano basati sull’evidenza scientifica, ispirati alla proibizione, e nonostante il tema dell’educazione sia più complesso e richieda un investimento più lungo nel tempo, perchè è più difficile educare che stampare etichette in bottiglia o in lattina, noi abbiamo il grande vantaggio strategico di avere un comportamento di consumo, un esempio e una connessione tra le generazioni che aiuta il consumatore a rapportarsi in maniera corretta rispetto alle bevande alcoliche” conclude Contel, segretario generale dell’Osservatorio Permanente sui Giovani e l’Alcool.
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