Cresce la passione degli italiani per la birra. A fotografare lo stato di salute del comparto birrario è l’Annual Report 2022 by AssoBirra, secondo il quale nel 2022 (sul 2021), i consumi interni di birra hanno registrato un aumento del 6%, la produzione nazionale è cresciuta del 3,3% e l’export ha messo a segno risultati in linea. Nel 2022 si registra, inoltre, l’incremento della birra importata in Italia dai Paesi esteri, una crescita che ammonta al 10% (7,8 milioni di ettolitri nel 2022 vs 7,1 milioni di ettolitri nel 2021) ed è, quindi, decisamente più sostenuta rispetto a quella delle produzioni Made in Italy. A tutela della categoria, AssoBirra fa sapere che prosegue “il lavoro al fianco delle istituzioni, insieme alle altre associazioni di categoria, per una riduzione progressiva e strutturale della pressione fiscale che grava ingiustamente sulla birra rispetto ad altri comparti e ne compromette la competitività rispetto a tassazioni estere fino a quattro volte inferiori rispetto a quella italiana. Un intervento più che mai necessario in una congiuntura economica come quella attuale caratterizzata da aumenti di costi di materie prime ormai strutturali, volatilità e alti livelli delle utility, che da tempo ormai intaccano la redditività delle imprese lungo la filiera brassicola” . Ecco, in sintesi, le principali evidenze dell’Annual Report 2022 by AssoBirra ed i punti di discussione emersi nella conferenza, organizzata a Roma dall’Associazione più rappresentativa del comparto birrario italiano, per presentare il volume, alla presenza anche del Ministro dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida.
L’anno scorso la produzione di birra ha raggiunto quota 18,4 milioni di ettolitri, superando il 2021 (17,8 milioni di ettolitri). Anche i consumi crescono, attestandosi a 22,3 milioni di ettolitri, in aumento di oltre 1 milione sull’aggregato 2019. Bene anche la capacità di ripresa del fuori casa che rimbalza del 20,9% rispetto al 2021, ritornando a coprire il 35,8% (vs 32,6% nel 2021) dei consumi nazionali, una quota in linea con le proporzioni pre-Covid. In modo complementare, nel 2022 il peso delle vendite della grande distribuzione decresce del 4,7% (64,2% vs 67,4% nel 2021). Quanto all’export, la quota si attesta a un soffio dal record marcato nel 2021 (3,8 milioni di ettolitri contro i 3,9 dell’anno precedente), con consumi in crescita prevalentemente nel Regno Unito (48,2% dell’export complessivo contro 46,9% del 2021), seguito da Stati Uniti (9,1% vs. 8,6%), Francia e Paesi Bassi (al 4,3% ciascuno), Albania (4,2%). Le importazioni continuano a crescere attestandosi a 7,8 milioni di ettolitri di birra importata, in aumento rispetto ai 7,1 del 2021 e i 6,4 del 2020 e che superano anche il massimo raggiunto nel 2019, ovvero 7,4 milioni di ettolitri.
Un comparto che guarda al futuro e alle sfide da vincere. In virtù del contesto attuale, AssoBirra ritiene urgente prendere decisioni chiare sul versante fiscale, che consentano alle aziende della filiera birraria di tornare a dedicare risorse economiche e generare una crescita sostenibile nel tempo. Le marginalità sono strutturalmente sotto pressione lungo tutta la filiera brassicola: agricoltura, trasformazione, produzione, logistica, trasporti, grande distribuzione e ristorazione hanno bisogno di tornare ad investire sul proprio business, per generare ricchezza per il Paese. Il comparto birrario italiano, infatti, occupa quasi 120.000 operatori in 850 aziende, crea un valore condiviso di 9,4 miliardi di euro (equivalente allo 0,53% del Prodotto Interno Lordo) ma, fa notare Assobirra, “versa all’Erario oltre 700 milioni in accise annue che si sommano alla contribuzione fiscale ordinaria”.
Alfredo Pratolongo, presidente AssoBirra, dichiara che “l’attuale Governo ha iniziato la sua attività con delle sfide importanti per il nostro settore: dalla proposta di etichettatura degli alcolici del Governo irlandese al rischio di innalzamento delle accise sulla birra. Su questi temi, abbiamo avuto modo di apprezzare sempre l’atteggiamento costruttivo e pragmatico del Governo e della maggioranza. Come già anticipato negli scorsi mesi confermiamo, tuttavia, la preoccupazione per la produzione di birra in Italia, spesso in crescente svantaggio rispetto a quella estera, che gode in alcuni casi di un fattore competitivo importante: accise anche quattro volte inferiori, come nel caso della Germania, rispetto a quelle pagate in Italia. La birra, infatti, è l’unica bevanda da pasto che ne è gravata, un’anomalia che ha un impatto su tutti: produttori, distributori e consumatori. L’intervento dovrebbe essere prioritario, tanto più in un contesto di mercato in cui la filiera si trova già a fare i conti con il peso dei rincari di materie prime e dei costi energetici. Inoltre, se non verranno stabilizzate le riduzioni per i piccoli birrifici sotto i 60.000 ettolitri, molte aziende entreranno in difficoltà. A nostro avviso, è quanto mai urgente continuare a promuovere il comparto brassicolo italiano utilizzando la leva fiscale come impulso agli investimenti, per stimolare e consentire alle aziende di innescare crescita e generare valore per il Paese”. Per l’applicazione di “warning label”, le cosiddette etichette allarmistiche, AssoBirra sostiene che, oltre che ingiustamente penalizzante, rappresenterebbe un provvedimento incoerente rispetto ad uno stile di vita e una cultura alimentare improntate alla moderazione, che negli ultimi decenni si sono tradotti in una fortissima riduzione dei consumi di alcol, posizionando l’Italia come il Paese con il minor consumo pro capite in Europa.
“La leggerezza e il basso contenuto alcolico della birra - commenta Alfredo Pratolongo -sono coerenti e favoriscono la tendenza alla moderazione, che è storicamente una peculiarità degli italiani a tavola. I produttori di birra da decenni hanno promosso il consumo responsabile, agevolando di fatto i trend della moderazione con prodotti a basso tenore alcolico, di alta qualità manifatturiera, con elevate proprietà nutrizionali e legami profondi con stili e tradizioni territoriali. . La birra, negli ultimi 15 anni, è diventata bevanda da pasto nonché vero e proprio simbolo di socialità. Non può mancare nelle occasioni di condivisione, gioia e relax. È amata dagli italiani, senza distinzioni di genere, che l’hanno fatta propria, apprezzandone la grandissima varietà di sapori e la versatilità che la rendono ideale in abbinamento al cibo non invasivo, intercettando i principali macro-trend della cultura gastronomica italiana: localismo, varietà e naturalità”.
Altro percorso prioritario per AssoBirra si conferma quello verso una transizione ecologica sostenibile, le cui sfide da fronteggiare sono comuni non solo all’ambito brassicolo ma all’intero scenario alimentare e al Paese. Per l’associazione più rappresentativa del comparto birrario italiano i temi sul tavolo sono tutti in confortante progresso . “Per le azioni che imprese e addetti possono attuare nelle proprie strutture - sottolinea Federico Sannella, vicepresidente AssoBirra, con delega a Transizione Ecologica e Sostenibilità - lo sforzo è verso la neutralità carbonica: non solo programmi per la riduzione di CO2 operate dalle realtà ma un vero e proprio cambio sistemico dell’intero comparto industriale. Per la catena del valore, invece, continuiamo a far crescere il rapporto di partnership con i produttori di materie prime e, in ambito logistico, lavoriamo con Horeca e Gdo in ottica di ottimizzazione e di miglioramento della route to market. Quanto al packaging, è importante seguire con attenzione gli aggiornamenti europei e individuare una soluzione sostenibile e in linea con la natura del nostro segmento”. Per AssoBirra la sostenibilità non è solo economica e ambientale, ma anche sociale. La categoria è, infatti, impegnata a promuovere comportamenti in linea con uno stile di consumo responsabile delle bevande alcoliche, ad esempio con investimenti in prodotti no-alcool, o ancora in materia di diversità, equità e inclusione. “Su tutti i piani e a tutti i livelli - conclude Sannella - occorre un cambio radicale di prospettiva sui temi della sostenibilità: da verticale e verticistico a orizzontale e condiviso, da filiera a ecosistema. Non è più e non può più essere un impegno delle singole aziende o dell’associazione di categoria, ma deve diventare un’assunzione di responsabilità di tutto l’associazionismo, dell’intero ambito dell’innovazione, della ricerca, della politica, del sistema Paese”.
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