La sostenibilità ha assunto ormai, da qualche anno, un valore fondamentale nell’industria del vino, confermato da un grande numero di studi, compresi i “ProWein Business Report” 2019 e 2020, che hanno raccolto l’opinione di wine merchant e produttori di tutto il mondo, da cui emergeva forte la necessità, condivisa dal 70% degli intervistati, di ridurre l’impronta carbonica della filiera. Legata, per quasi il 40%, alla produzione del vetro e al trasporto del vino imbottigliato: per diventare sostenibile, quindi, bisogna puntare con convinzione sugli imballaggi alternativi al vetro, più leggeri, come il bag-in-box e le lattine. È sul potenziale di questi packaging che si è concentrato il “ProWein Business Report” 2022, in un’appendice che ha raccolto le opinioni di 2.500 operatori del settore vino di 16 Paesi diversi, per capire - secondo il punto di vista commercianti e distributori - quanto i consumatori siano realmente pronti ad un cambiamento tanto radicale.
I risultati, in questo senso, sono promettenti, perché il 53% degli intervistati pensa che i consumatori adotteranno senza grandi riserve il bag-in-box, un formato diventato ormai di uso comune in diversi Paesi, specie del Nord Europa. Più indietro le lattine in alluminio, le bottiglie di carta e quelle in PET, tutti intorno ad una percentuale di adozione inferiore al 20%: si tratta, nella stragrande maggioranza dei mercati, di imballaggi raramente adottati dal vino, con cui i consumatori hanno quindi molta poca dimestichezza. Di conseguenza, il 38% degli operatori del trade si dice pronto, nei prossimi due anni, a proporre vini in bag-in-box, il 19% a mettere in listino vino in lattina, l’11% vino in bottiglie di carta e il 12% vino in PET.
Come per ogni innovazione di prodotto, le soluzioni già familiari al grande pubblico sono anche le più semplici da adottare: le bottiglie in PET, ad esempio, sono già piuttosto comuni in aereo e nei festival, mentre quelle di carta, di fatto, non sono ancora disponibili sul mercato. Tra le alternative, che raccolgono appena il 5% dei consensi, anche il vetro leggero e il vuoto a rendere, considerata però una soluzione possibile solo in una logica locale. In termini numerici, la disponibilità ad adottare queste opzioni da parte del trade e dei produttori è nettamente inferiore ai tassi di adozione attesi tra i consumatori: il 60% dei produttori e il 45% dei commercianti non hanno in programma di offrire imballaggi alternativi nei prossimi due anni.
C’è poi da sottolineare che i 16 Paesi presi in esame mostrano risultati decisamente diversi: nel gruppo degli “innovatori”, che comprende i Paesi Scandinavi, la Gran Bretagna e il Canada, tra il 75% ed il 100% dei commercianti è disposto a garantire imballaggi alternativi, percentuale che scende al 55-75% nel gruppo “centrale”, che comprende Francia, Belgio, Spagna, Portogallo e Stati Uniti, e sotto al 55% nel terzo gruppo di Paesi, quello dei “ritardatari”, di cui fanno parte Germania, Austria, Svizzera, Olanda e Italia.
Il gruppo dei Paesi “innovatori” ha diverse cose in comune: si tratta di Paese che hanno perseguito da molti anni schemi nazionali per la riduzione degli imballaggi; tra la popolazione c’è un atteggiamento particolarmente positivo nei confronti della sostenibilità; il vino - ad eccezione della Gran Bretagna - può essere distribuito solo dai Monopoli, che perseguono obiettivi come la protezione dei consumatori e la sostenibilità. I cinque monopoli scandinavi, ad esempio, si sono impegnati in una strategia comune di sostenibilità con l’obiettivo di ridurre le emissioni di CO2 del 50% entro il 2023, e il vino in confezioni che garantiscono una impronta di carbonio inferiore fa parte di questa strategia. È il motivo per cui gli imballaggi alternativi sono già parte importante dell’offerta, con il bag-in-box in testa dappertutto (ad eccezione del Canada, dove guidano le lattine), e il PET in grande crescita.
Per i produttori, questi risultati significano che essere in grado di offrire i propri vini in imballaggi alternativi garantisce maggiori possibilità sui mercati di questi Paesi, godendo quindi di un vantaggio competitivo. Anche nel secondo gruppo - Francia, Spagna, Stati Uniti, Belgio e Portogallo - il bag-in-box è il formato di riferimento, seguito dalle lattine, con il PET che va forte in Portogallo ed i fusti storicamente ben presenti nella ristorazione Usa. Nei Paesi “ritardatari”, invece, i commercianti di Germania, Austria e Svizzera sono storicamente legati alla bottiglia in vetro, e la prima alternativa è comunque il bag-in-box, mentre in Italia e Paesi Bassi cresce l’interesse per la lattina. Tra i produttori, la consapevolezza di una certa resistenza all’innovazione da parte del mercato, frena la svolta verso i formati alternativi alla bottiglia di vetro.
La differenza tra “innovatori” e “ritardatari” sta essenzialmente nella fiducia in questo grande cambiamento: oltre un terzo degli “innovatori” ritiene che la maggior parte dei vini di tutti i giorni non sarà più imbottigliata in vetro nel prossimo futuro, mentre a più della metà dei ritardatari manca proprio questo ottimismo sul futuro degli imballaggi alternativi. Allo stesso tempo, è evidente quanto sia importante l’impegno congiunto dei Monopoli Scandinavi - che si impegnano per un obiettivo futuro condiviso dando ai produttori un segnale importante - per un obiettivo concreto di riduzione delle emissioni di CO2.
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