Neanche il tempo di gioire per l’accordo trovato in Unione Europea sul nuovo regolamento su Dop e Igp che eviterà nuovi casi “Prosek”, che dall’Australia arriva una brutta notizia, per il mondo Prosecco. Nel quadro più ampio che ha visto arrivare un brusco stop sull’accordo di libero scambio tra Unione Europea ed Australia, come riporta, tra le altre, l’agenzia Reuters, arrivato nei colloqui dei giorni scorsi a Osaka, in Giappone, che riguardava anche carne, formaggi e non solo, è saltata, almeno per ora, la tutela del nome Prosecco in Australia. Per gli australiani, infatti, Prosecco è “solo” il nome di un vitigno, e, quindi, un varietale da poter mettere in etichetta, come tutti gli altri. Una battaglia annosa, quella sul Prosecco (il riconoscimento di Dop e Igp all’esterno dell’Ue, lo ricordiamo, non è automatico, ma servono accordi internazionali perchè sia effettivo, ndr), che, in Australia, si è concretizzata anche in una campagna dal nome #SaveAussieProsecco. Ed ora, dunque, almeno fino alla ripresa delle discussioni e nella speranza di un nuovo accordo, gli australiani continueranno a produrre il loro Prosecco, e, a commercializzarlo come tale, laddove il nome “italiano” non sia tutelato da altri accordi su specifici mercati. Ovviamente, l’accordo complessivo non è saltato a causa del Prosecco, che, semmai, può essere considerato una vittima collaterale dello stop alle trattative, dovute, a quanto riportano i media, a ulteriore richieste di accesso al mercato Ue da parte dell’Australia, soprattutto, ma non solo, sulle carni, come riporta Euronews con richieste ritenute irricevibili sul fronte europeo.
“Per quello che ci riguarda - commenta a caldo il presidente del Consorzio del Prosecco Doc, Stefano Zanette - ritengo incomprensibile l’atteggiamento dei produttori australiani che si ostinano ad opporre il riconoscimento della nostra Ig, nonostante gran parte dei Paesi importatori abbiano già protetto la nostra denominazione, non ultimi Nuova Zelanda e Cina, due dei più importanti mercati per il vino australiano”.
Ma, intanto, mentre in Italia si cerca di capire come potersi muovere, gli australiani esultano, come riporta il magazine del Paese dei canguri, “Drinks Trade”, che riporta, in particolare, il commento di Katherine Brown, produttrice con la cantina Brown Brothers, e figura di spicco nella campagna #SaveAussieProsecco, secondo cui il giro d’affari del “Prosecco” made in Australia vale oltre 205 milioni di dollari. “Lo sforzo per preservare il nome Prosecco ha riunito produttori provenienti da tutta l’Australia, dimostrando lo spirito collaborativo della nostra industria vinicola. Ha un grande significato per i produttori e, persistendo nella nostra missione di salvaguardare l’uso del nome Prosecco in Australia, le future generazioni di viticoltori avranno la libertà di lavorare con vari vitigni e continuare a innovare”. Insomma, quello che sembrava dover essere il round finale dei negoziati per migliorar li scambi commerciali tra Ue a Australia, che già valgono oltre 50 miliardi di euro all’anno, è diventato un boomerang, per il Prosecco e non solo. “Mi rammarico che non siamo riusciti a concludere con successo i nostri negoziati. Per andare avanti, abbiamo bisogno di aspettative più realistiche e di un approccio equilibrato che rispetti pienamente la vitalità dei nostri agricoltori e la sostenibilità del nostro sistema alimentare” ha dichiarato, via social, il commissario Ue all’Agricoltura, Janus Wojciechowski. Ma le cose, evidentemente, saranno più complicate e lunghe del previsto.
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