Alla fine, anche il Regno Unito diventerà un player mondiale del vino. Specialmente per la produzione di bollicine dal momento che, grazie alla crescita nel sud dell’Inghilterra, lo spumante inglese avuto un aumento di produzione negli ultimi anni per arrivare a 8,3 milioni di bottiglie nel 2023. Lo dice il report annuale dell’associazione dei produttori vinicoli inglesi e gallesi, Wines of Great Britain (WineGB), secondo cui, oltretutto, la vendemmia 2023 è stata da primato: superiore addirittura del 50% rispetto al precedente anno record, il 2018, quando si erano poi prodotte 13,1 milioni di bottiglie. Questa volta è stata stimata una raccolta d’uva di 30mila tonnellate, dalle quali si potrà avere una produzione di 20-22 milioni di bottiglie. In questo caso l’incremento sulla già importante produzione del 2018 sarebbe quasi del 60% circa, mentre rispetto al 2022 l’aumento è del 36%. Negli ultimi cinque anni, la superfice vitata in produzione è stimata in circa 3.400 ettari. E cioè, oltre mille ettari in più di quelli registrati nel 2018 (2138 ha), e ben più di 2000 ettari in più di quelli del 2012 (1297 ha), primo anno di cui il nuovo report riporta i dati. Nel 2022 le vendite di vino nel Regno Unito hanno superato i dieci miliardi di sterline. La percezione della regione di origine da parte die consumatori rappresenta una questione fondamentale per costruire un business di valore sostenibile nel settore vitivinicolo. Lo evidenzia uno studio curato da Nicole Casolani, Andrea Ciccarelli, Maria Angela Perito e Emilio Chiodo dell’Università di Teramo sull’importanza del territorio nei vini spumanti. L’indagine, sui mercati Italia, Usa e Regno Unito, ha riguardato il confronto tra due regioni tradizionalmente non associate alla produzione di spumanti (Abruzzo e Romagna), quella con un marchio affermato (Prosecco Dop) e una con un generico spumante italiano. Dalla ricerca è emerso che la categoria del prodotto è il fattore che influenza maggiormente la percezione dei consumatori in tutti e tre i mercati, con valori più elevati negli Stati Uniti, seguito dal colore nel mercato italiano e dal contenuto di zucchero negli altri due mercati. Lo studio ha anche mostrato che la notorietà del Prosecco Doc non si estende a denominazione emergenti come Abruzzo Dop e Romagna Dop che non sono, al momento, percepite dai mercati come un valore aggiuntivo rispetto all’etichetta di un generico vino spumante senza denominazione.
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