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IL TREND

L’Italia è alla base della mixology e negli Stati Uniti (dove è leader nei Vermouth) fa tendenza

La settima posizione del Belpaese come esportatore di alcolici negli Usa è confermata anche nel primo trimestre 2024
ALCOLICI, BITTER, COCKTAIL, ESPORTAZIONI, ICE AGENZIA, MIXOLOGY, SPIRITS, VERMOUTH, Non Solo Vino
La base della mixology, nel mondo, è italiana

Gli spirits negli Usa sono, a differenza del vino, hanno un approccio più “young”, ad iniziare dall’avvicinamento a queste bevande, non strettamente legato alla disponibilità economica come avviene invece nel vino, quanto piuttosto alla voglia di sperimentare soprattutto da parte delle nuove generazioni. Inoltre, nel “fuori casa”, hard seltzer e ready to drink cocktail appaiono in crescita a dimostrazione di un mercato in evoluzione anche se di non facile interpretazione. E se il mercato Usa resta fondamentale per il vino italiano, ed i primi tre mesi 2024 hanno registrato un segno positivo per l’export, l’Italia vanta anche una grande tradizione nella mixology, grazie a prodotti iconici che hanno fatto, e continuano, a fare storia: dai bitter ai Vermouth, alla base di numerosi cocktail.
Italia che ovviamente non poteva mancare al “Bar Convent Brooklyn”, a New York, evento che si è chiuso ieri, dedicato ad i professionisti del settore dei bar e delle bevande con oltre 200 espositori, altrettanti marchi premium di liquori artigianali, analcolici, mixer, forniture per bar e altro ancora, dai marchi leader alle etichette emergenti, con un focus sulle ultime tendenze e innovazioni nel mondo degli spiriti. Tra i padiglioni internazionali c’era anche quello del Belpaese che ha partecipato, per la quarta volta, con 17 aziende sotto l’egida di Ice Agenzia, guidata da Matteo Zoppas. Nel 2023, secondo i dati Ice, le importazioni statunitensi di alcolici sono andate in ribasso sia in valore (-11,9%) che in volume (13,6%), ma quelle dall’Italia sono andate in controtendenza crescendo del 6% in valore e restando stabili in volume. Erica di Giovancarlo, direttore Italian Trade Agency New York e coordinatore per la rete Usa, ha detto all’Ansa che “l’Italia è il settimo esportatore di alcolici negli Usa in valore e il nono in volume”, ma “è anche il più grande esportatore di Vermouth negli Stati Uniti sotto qualsiasi parametro, rappresentando più dell’87% del mercato. In un contesto di calo c’è una varietà enorme di prodotti italiani da utilizzare nei cocktail. Prosecco e Aperol sono le basi nella mixology e anche se un cocktail specifico non è una creazione italiana, c’è comunque un elemento italiano”.
L’anno, però, è partito con il “freno tirato”: la settima posizione dell’Italia come fornitore negli Usa si è confermata anche nel primo trimestre 2024, nonostante la riduzione delle vendite italiane di oltre il 12%, a fronte di un mercato che continua a privilegiare produzioni industriali di whisky, tequila e mezcal dai Paesi confinanti. Ma i segnali per guardare il futuro con positività non mancano anche perché lo spirit italiano fa rima con “trendy” e, come ha spiegato il mixologist Michele Alfonso, lo eleva. “C’è tantissima influenza da parte dell’Italia nel mondo della mixology Usa, i nostri prodotti sono premium e danno un tocco in più. Inoltre fino a non molto tempo fa l’americano non aveva idea di cosa fosse il cosiddetto “aspro”, il bitter, poi invece hanno cominciato ad usarlo ed a sperimentarlo nei cocktail più svariati”. Senza dimenticare che “il prodotto italiano è specifico e piace - ha detto Barbara Schwoegler, export manager Distilleria Nardini - i gusti che riusciamo a mettere in bottiglia sono unici. La grappa non è entrata ancora nella mixology, ma ci stiamo lavorando, e ad esempio quella bianca può tranquillamente sostituire il gin o la vodka”.

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