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ENOTURISMO

“Muvin” a Verona, oltre 1 miliardo di euro di ricaduta in 10 anni, con un investimento di 20 milioni

È la portata del progetto del Museo Internazionale del Vino di Verona, che sarà completato a inizio 2025, per passare alla realizzazione

Oltre 1 miliardo di euro di nuove risorse in 10 anni, grazie a un investimento di 20 milioni: è questa la portata del progetto Muvin, il Museo Internazionale del Vino di Verona, “il primo in Italia che ha ambizione di divenire un hub per coniugare cultura, tradizione, economia e innovazione, facendo del vino un protagonista del patrimonio italiano e internazionale”, che sarà completato ad inizio 2025, per poi passare dalla fase progettuale a quella realizzativa (ancora non è stato definito il luogo dove troverà casa, anche se candidate sono due location della città di archeologia industriale di cui si parla da tempo, e anche il nome si riferisce alla Fondazione, mentre quello dell’hub sarà un altro, allo studio di esperti). Quella che solo un paio di anni fa sembrava una suggestione, dunque, si avvia a concretizzarsi, e sembra arrivato il momento decisivo dell’allineamento dei - doverosi - studi che devono precedere un’opera come questa. A promuoverne la realizzazione, è la Fondazione Museo del Vino Muvin, nata nel 2022, e che, oggi, in occasione dell’edizione n. 2 dell’“International Conference on Wine Museums”, di cui è promotrice, ha reso noti il concept plan, il piano industriale e un’analisi sull’impatto del progetto a livello locale e regionale, nel convegno “I Musei del Vino tra Cultura, Innovazione e Promozione Territoriale” all’Auditorium Riccardo Borghero della Camera di Commercio di Verona.
“L’impatto diretto e indiretto sull’economia che il nuovo hub culturale avrà sul territorio della provincia ammonterà a circa 700 milioni di euro in 10 anni - ha spiegato il professor Diego Begalli, presidente Fondazione Muvin e Prorettore Università di Verona, sulla base di un’analisi condotta dall’Economic Living Lab, spin-off dello stesso ateneo - la ricaduta sul sistema regionale e multiregionale raggiunge invece 300-400 milioni di euro con un moltiplicatore di 1 a 30, se consideriamo che l’investimento complessivo sarà nell’ordine di 20 milioni di euro. Si tratta di un impatto ben superiore alla media definita dagli studi più accreditati sull’economia della cultura”. Begalli ha sottolineato come questi due anni siano serviti per fare delle analisi basate su dati scientifici per sviluppare un percorso credibile da tutti i punti di vista, quello della credibilità scientifica e culturale e della sostenibilità economico-finanziaria. “Ho fortemente voluto un team scientifico di caratura internazionale - ha ricordato - costituito da personalità di spicco in diversi ambiti culturali, che dialogherà con il Comitato scientifico della Fondazione composto da esperti italiani (Begalli, ed i professori Maurizio Ugliano, Nicoletta Zerman e Roberta Garibaldi, il Master of Wine Andrea Lonardi ed Emanuela Panke, ndr), e che, nei prossimi anni, andrà ulteriormente arricchendosi. Il Comitato scientifico italiano funzionerà come advisor”. Sei le personalità del team internazionale: Marion Demossier (University of Southampton), Jacqueline Dutton (University of Melbourne), Graham Harding (University of Oxford), Jennifer Smith Maguire (Sheffield Business School, Sheffield Hallam University), Olivier Jacquet (University of Burgundy, e ricercatore Unesco Chair Culture and Traditions of Wine), e il Master of Wine Steve Charters (Burgundy School of Business di Digione). Proprio quest’ultimo - tra l’altro autore del libro “Wine and culture” - coordinerà il team dei curatori scientifici del progetto. “Penso che l’idea di un Museo del Vino qui a Verona - ha commentato Steve Charters - sia molto interessante. Sebbene esistano già percorsi museali dedicati al vino in Europa e nel mondo, questo progetto si contraddistingue per il fatto che il focus, a differenza degli altri casi, non sarà sul prodotto e la sua produzione, bensì sul valore culturale del vino. Ed è molto importante di questi tempi, perché penso che stiamo sottovalutando l’importanza di quest’aspetto fondamentale e delle figure associate, dai produttori ai consumatori. Penso che debba passare questo messaggio e che il progetto Muvin possa essere un’ottima opportunità per farlo”.
Verona si configura come luogo naturale dell’hub culturale del vino, “capitale” di importanti territori vitivinicoli, ed essa stessa custode di vigneti nel suo Comune, che detiene il primato del vigneto urbano più grande d’Italia, in Veneto, regione italiana leader della produzione di vini a denominazione, e, ultimo, ma non ultimo, città di Vinitaly, l’evento di riferimento italiano e mondiale del vino italiano. Un contesto questo dove fare rete diventa più semplice, come ha dimostrato la pronta risposta del Consiglio Regionale che, come ha ricordato Enrico Corsi, consigliere e vice presidente Fondazione Muvin, nel 2020 ha approvato all’unanimità la legge sugli ecomusei del Veneto, aggiungendo che “l’Italia, unico grande produttore d’Europa a non avere un museo internazionale del vino, ha oggi l’opportunità di costruire un hub culturale di ultima generazione e allineato ai linguaggi più moderni della multimedialità e del nuovo turismo culturale”. Diversamente dagli altri importanti hub europei del vino, orientati a privilegiare l’aspetto multimediale o esperenziale, Verona vuole, infatti, puntare su un sapiente mix, ipotizzato visivamente dallo studio Fornasa e Ardielli con Mirko Scaratti, e illustrato da suggestivi rendering, ad oggi teorici non essendo stata ancora definita la sede dove il Muvin troverà casa. Candidate sono due location cittadine di archeologia industriale di cui si parla da tempo.
Circa la convenienza economica, Diego Begalli ha tenuto a precisare che il Muvin - nome che si riferisce alla Fondazione (un ente senza scopo di lucro, i cui soci fondatori sono le associazioni
economiche del territorio, degli agricoltori come Coldiretti, Confagricoltura e Cia-Agricoltori Italia, l’associazione Avive, che riunisce tutti i Consorzi delle Doc e Docg della provincia di Verona, le associazioni dei commercianti con Confcommercio e Confesercenti, della piccola industria con Api e del mondo cooperativo con Confcooperative, ndr), mentre il nome dell’hub sarà un altro, allo studio di esperti - è prima di tutto un bene pubblico di valenza culturale il cui impatto deve essere valutato in termini di ricaduta territoriale in cerchi concentrici, che investono in primis dalla città di Verona, al Veneto all’Italia tutta. Tuttavia, come ha rimarcato gli altri pilastri della sostenibilità saranno altrettanto importanti. “Il Muvin - ha illustrato Enrico Ghinato, consigliere della Fondazione e già alla guida di parchi tematici del livello di Gardaland e Aquardens, esponendo il Business Plan 2024 - impiegherà a regime circa 200 persone. Una vera e propria impresa culturale che, già nella fase di start up, raggiungerà l’equilibrio tra ricavi e costi di gestione e arriverà in cinque anni al traguardo di 350.000 visitatori e 7 milioni di fatturato. Ma l’aspetto ancora più importante - ha tenuto a precisare il manager - riguarda il ricavo medio per visitatore, che si attesterà a 14 euro, grazie a un modello di business basato su un mix di esperienze e offerte, incluse degustazioni e merchandising, intese anche come esperienze di degustazione. Un risultato che ci allinea ai più virtuosi standard internazionali di gestione museale”. Dal punto di vista finanziario la gestione del Muvin sarà sostenuta nei primi tre/quattro anni di attività con apposite linee di credito perché solo dal quarto anno la gestione raggiungerà il pareggio per poi diventare autonoma sia da un punto di vista economico-reddituale, sia da un punto di vista della produzione di cassa. La Fondazione ipotizza di coprire l’investimento iniziale, pari a 15 milioni, per un terzo con finanziamenti a fondo perduto coinvolgendo il Ministero della Cultura - l’incontro sarà entro la fine dell’anno - e per i restanti due terzi con un finanziamento bancario ed equity in parti eguali.
Il Convegno - con un panel di ospiti come la Citè du Vin di Bordeaux, i siti Unesco delle Cantine della Moldavia e delle Colline del Prosecco Docg di Conegliano e Valdobbiadene, il Tempio del Brunello di Montalcino e il Museo e Archivio Storico della Birra Peroni, coordinati da Charters e dalla professoressa Roberta Garibaldi dell’Università di Bergamo - si è tenuto a chiusura di dell’evento annuale di “Great Wine Capitals”, che consolida il ruolo Verona tra le “capitali” del vino nel mondo.

Clementina Palese

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