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L'APPELLO

“Maiale gigante” davanti a Montecitorio: la protesta di Greenpeace contro gli allevamenti intensivi

Un anno fa la proposta di legge sulla transizione agro-ecologica del comparto zootecnico, ancora non calendarizzata: “la sfida non è più rinviabile”
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Il maiale gigante in cartapesta “invade” piazza Montecitorio

Un maiale gigante in cartapesta davanti a Montecitorio, a Roma, con su scritto “Onorevoli, non potete più ignorarmi” per protestare contro la mancata calendarizzazione - a più di un anno di distanza - della proposta di legge contro gli allevamenti intensivi presentata alla Camera a febbraio 2024 da Greenpeace, insieme a Wwf Italia, Isde - Medici per l’ambiente, Terra! e Lipu. Il testo, che si focalizza sulla necessità di una transizione agro-ecologica del comparto zootecnico, è a oggi fermo in Commissione Agricoltura, e le cinque associazioni promotrici chiedono a gran voce che ne venga programmata la discussione. “Dobbiamo cambiare radicalmente il nostro sistema zootecnico - spiega Simona Savini della campagna Agricoltura di Greenpeace Italia - con un quadro normativo e un supporto economico adeguati che mettano le aziende nelle condizioni di passare dall’attuale sistema di allevamento di tipo intensivo a un modello agro-ecologico. La sfida è grande, ma non più rinviabile, e chiama in causa tutte le parti: decisori politici, aziende agricole, mondo dell’associazionismo e della scienza. E la nostra proposta di legge crea le condizioni per affrontarla”.
Gli allevamenti intensivi, ricorda Greenpeace, divorano tonnellate di mangimi che per essere prodotti richiedono circa il 70% dei terreni agricoli e oltre due terzi dell’acqua impiegata in agricoltura in Europa: risorse preziose che potrebbero essere destinate al consumo diretto umano o al ripristino degli habitat naturali. L’industria della carne, al contempo, produce rifiuti che l’ambiente non riesce a smaltire: i liquami derivanti dagli allevamenti intensivi inquinano infatti terreni e risorse idriche, soprattutto in aree ad alta intensità zootecnica come la Pianura Padana, dove sono anche maggiori gli impatti sulla salute umana. Basti pensare, dice l’associazione ambientalista, che le emissioni di ammoniaca che sono direttamente proporzionali al numero di animali allevati, in Italia sono la seconda causa di formazione di polveri sottili inquinanti che ogni anno causano circa 50.000 morti premature.
Attualmente, in Italia, sono allevati oltre 700 milioni di animali: Greenpeace denuncia come questa “iperproduzione” avvantaggi i marchi della grande distribuzione e dell’export a discapito delle aziende agricole di piccole dimensioni, e racconta di come, in 15 anni, siano raddoppiate le aziende agricole di grandi dimensioni, mentre si è dimezzato il numero delle piccole e medie imprese, con un perdita complessiva di circa 350.000 posti di lavoro.
“La protesta di oggi vuole dare voce ai numerosi problemi legati agli allevamenti intensivi, ma anche ai consensi bipartisan finora raccolti intorno al testo”, sottolinea Savini. In un anno infatti la proposta di legge avanzata dalle cinque associazioni è stata sottoscritta da 23 esponenti di cinque diverse forze politiche, mentre Greenpeace ha raccolto in pochi mesi oltre mezzo milione di firme a sostegno dell’iniziativa.
“Va tenuto conto anche dell’impatto negativo che questo sistema intensivo ha sul nostro mondo agricolo - conclude l’attivista - il testo di legge mette al centro un modello zootecnico sostenibile che garantisce margini equi per i produttori e accesso a un cibo di qualità per tutta la popolazione. Servono però scelte politiche coraggiose che dirottino l’enorme quantità di denaro che sostiene l’attuale sistema produttivo verso un piano di riconversione del settore zootecnico. La proposta è sul tavolo, sostenuta da centinaia di migliaia di persone e decine di associazioni e comitati. I politici italiani sono pronti a raccoglierla?”.

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